Ordinanza n. 344 del 2006

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ORDINANZA N. 344

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Franco                    BILE                                                   Presidente

-    Giovanni Maria      FLICK                                                  Giudice

-    Francesco               AMIRANTE                                              ”

-    Ugo                        DE SIERVO                                              ”

-    Romano                 VACCARELLA                                        ”

-    Paolo                      MADDALENA                                         ”

-    Alfio                      FINOCCHIARO                                       ”

-    Alfonso                  QUARANTA                                             ”

-    Franco                    GALLO                                                      ”

-    Luigi                      MAZZELLA                                              ”

-    Gaetano                 SILVESTRI                                               ”

-    Sabino                    CASSESE                                                  ”

-    Maria Rita              SAULLE                                                    ”

-    Giuseppe                TESAURO                                                 ”

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                         ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge della Regione Piemonte 4 marzo 2003, n. 2 (Legge finanziaria per l’anno 2003), nella parte in cui sostituisce l’art. 16, comma 3, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 2 maggio 2003, depositato in cancelleria il successivo 16 maggio ed iscritto al n. 47 del registro ricorsi 2003.

Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;

udito nell’udienza pubblica del 26 settembre 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Anita Ciavarra per la Regione Piemonte.

Ritenuto che, con ricorso notificato il 2 maggio 2003 e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 16 maggio, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 22 della legge della Regione Piemonte 4 marzo 2003, n. 2 (Legge finanziaria per l’anno 2003), nella parte in cui sostituisce l’art. 16, comma 3, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti), deducendone il contrasto con i principi contenuti negli articoli 2 e 4 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), che promuovono ed incentivano il recupero dei rifiuti, nonché con gli articoli 3, 117, secondo comma, lettere e) e s), e 120 della Costituzione;

che la norma, nella parte in cui prevede che i soggetti che gestiscono impianti di recupero dei rifiuti devono corrispondere ai Comuni un contributo, è sospettata di illegittimità costituzionale sotto vari profili;

che, innanzitutto, il ricorrente ritiene che la disposizione regionale sia in contrasto con le finalità e con i principi contenuti negli articoli 2 e 4 del d.lgs. n. 22 del 1997;

che deduce, inoltre, che la norma impugnata sarebbe in contrasto con il sopra richiamato decreto legislativo n. 22 del 1997, in quanto quest’ultimo riserva allo Stato l’indicazione delle misure economiche finalizzate al riciclaggio dei rifiuti, nonché tutte le altre iniziative economiche in materia, come confermato dall’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione;

che altro profilo di censura dedotto dal Presidente del Consiglio dei ministri attiene all’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della lesione del principio di ragionevolezza;

che la difesa dello Stato osserva, in proposito, che la disciplina statale in materia di rifiuti, in ragione delle indicazioni dell’Unione europea, tende ad incentivare il recupero degli stessi attraverso l’assoggettamento ad un percorso produttivo che li assimili alle materie prime;

che, pertanto, prevedere una discriminazione economica tra processi produttivi, a livello regionale, implica una reviviscenza di un impianto normativo del tutto superato dalla legislazione sia comunitaria che nazionale, secondo le quali la manipolazione dei rifiuti deve costituire sempre un costo collettivo;

che la disposizione impugnata sarebbe, altresì, incongrua là dove individua tale costo in una misura determinata solo nel minimo, senza indicare parametri razionali cui ancorare l’effettiva quantificazione dell’onere posto a carico dell’impresa che recupera i rifiuti;

che, infine, la disposizione regionale in esame, nell’introdurre una tassa per le sole imprese che operano nel territorio regionale, altererebbe le regole poste a tutela della concorrenza;

che, sulla base delle censure sopra richiamate, l’Avvocatura generale dello Stato ha concluso chiedendo che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma de qua;

che si è costituita la Regione resistente e ha dedotto, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso sotto il profilo del difetto di interesse alla impugnazione, in quanto il contributo in questione è stato introdotto dalla legge regionale n. 24 del 2002, che non ha costituito oggetto di doglianza sul punto;

che, nel merito, ha concluso per l’infondatezza delle questione di costituzionalità proposta;

che, in particolare, la Regione ha svolto le seguenti argomentazioni: a) le attività di recupero dei rifiuti rientrano nella competenza pianificatoria e gestionale del sistema organizzativo regionale; b) non è evocabile il parametro costituzionale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, a sostegno di una ritenuta competenza esclusiva dello Stato, in quanto quest’ultima non è riscontrabile nelle disposizioni del d.lgs. n. 22 del 1997, e non viene in rilievo, nella fattispecie in esame, la tutela dell’ambiente; c) la norma impugnata non costituisce, altresì, una sorta di tassa generalizzata, come ritenuto dal ricorrente, ma integra una misura economica compensativa per la realizzazione di determinati impianti che procurano disagio al territorio sul quale insistono e che, per tale motivo, incontrano ostacolo e difficoltà nella localizzazione; d) il contributo è fissato nell’entità minima, ma l’aumento può essere stabilito solo sulla base di un volontario accordo con i soggetti gestori; e) la prospettata lesione dell’art. 120 della Costituzione non è sorretta da alcuna motivazione, e non assume, altresì, rilievo la dedotta violazione delle regole poste a tutela della concorrenza, in quanto la disposizione in esame non introduce alcuna tassa;

che, in prossimità dell’udienza pubblica, la Regione Piemonte ha depositato memoria con la quale ha ribadito le difese svolte e, ancor prima, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in ragione del tardivo deposito dello stesso, oltre il termine di dieci giorni dalla notificazione stabilito dall’art. 31, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Considerato che con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 22 della legge della Regione Piemonte 4 marzo 2003, n. 2 (Legge finanziaria per l’anno 2003), nella parte in cui sostituisce l’art. 16, comma 3, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti), deducendone il contrasto con i principi contenuti negli articoli 2 e 4 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), che promuovono ed incentivano il recupero dei rifiuti, nonché con gli articoli 3, 117, secondo comma, lettere e) e s), e 120 della Costituzione;

che si è costituita la Regione Piemonte ed ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;

che, in particolare, la resistente ha rilevato il tardivo deposito del ricorso, oltre il termine di dieci giorni dalla notificazione stabilito dall’art. 31, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87;

che detta eccezione, in quanto attiene alla corretta instaurazione del giudizio di costituzionalità, deve essere esaminata in via preliminare rispetto alle ulteriori argomentazioni difensive delle parti;

che l’eccezione deve essere accolta in quanto il ricorso dello Stato, notificato il 2 maggio 2003, risulta depositato presso la cancelleria della Corte costituzionale in data 16 maggio 2003, e cioè oltre il termine di dieci giorni dalla notifica stabilito dal sopra richiamato art. 31, quarto comma, della legge n. 87 del 1953; termine che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, è perentorio (ordinanze n. 218 del 2006, n. 20 del 2005 e n. 126 del 1997);

che, conseguentemente, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per tardività del suo deposito.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara improcedibile il ricorso proposto avverso l’art. 22 della legge della Regione Piemonte 4 marzo 2003, n. 2 (Legge finanziaria per l’anno 2003), nella parte in cui sostituisce l’art. 16, comma 3, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 117, secondo comma, lettere e) e s), e 120 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 ottobre 2006.