Sentenza n. 58 del 2006

SENTENZA N. 58

ANNO 2006

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-    Annibale                                      MARINI                                      Presidente

-    Franco                                         BILE                                              Giudice

-    Giovanni Maria                           FLICK                                                 "

-   Francesco                                     AMIRANTE                                       "

-   Ugo                                              DE SIERVO                                       "

-   Romano                                       VACCARELLA                                 "

-   Paolo                                            MADDALENA                                  "

-   Alfio                                            FINOCCHIARO                                "

-    Alfonso                                       Quaranta                                      "

-    Franco                                         GALLO                                               "

-    Luigi                                            MAZZELLA                                       "

-    Gaetano                                       SILVESTRI                                        "

-    Sabino                                         CASSESE                                           "

-    Maria Rita                                   SAULLE                                             "

-    Giuseppe                                     TESAURO                                          "

 

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001), promosso con ordinanza del 30 novembre 2004 dal Tribunale di Torino, nel procedimento civile vertente tra Linda Altovino e Olsa S.p.A. ed altra, iscritta al n. 243 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Udito nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2006 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto in fatto

Nel giudizio promosso da una prestatrice di lavoro temporaneo – assunta nel gennaio 2001 da un’impresa fornitrice, con un contratto che (in violazione dell’art. 3, comma 3, lettera g, della legge 24 giugno 1997, n. 196, recante «Norme in materia di promozione dell’occupazione») non indicava il termine dello svolgimento dell’attività lavorativa presso l’impresa utilizzatrice – allo scopo di ottenere dal giudice l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei confronti della società utilizzatrice o, in subordine, della società fornitrice, il Tribunale di Torino ha sollevato, con ordinanza del 30 novembre 2004, questione di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001), nella parte in cui, nel secondo periodo dell’art. 10, comma 2, della citata legge n. 196 del 1997, sostituisce le parole «a tempo indeterminato» con le parole «a tempo determinato».

Il giudice rimettente rileva che il citato art. 10, novellato dalla norma censurata, stabilisce le sanzioni per la violazione delle prescrizioni della legge n. 196 del 1997, e in particolare dispone che il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, in caso di mancanza della forma scritta ovvero degli elementi di cui al citato art. 3, comma 3, lettera g), si trasforma in contratto “a tempo determinato” alle dipendenze dell’impresa fornitrice.

Il Tribunale ritiene che – siccome la formulazione letterale della norma impugnata esclude ogni dubbio sull’intento del legislatore di modificare proprio il secondo periodo, e non il primo, del secondo comma del citato art. 10 – al giudice non resta che proporre la questione di costituzionalità di tale norma nella parte prima indicata, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione (per illogicità e irragionevolezza), nonché con l’art. 35 Cost. (per insufficiente tutela del lavoro) e con  l’art. 101 Cost. (perché l'assoggettamento del giudice alla legge implica che la norma da applicare non sia irragionevole, come accadrebbe se egli fosse tenuto a costituire con sentenza un rapporto di lavoro a tempo determinato fra lavoratore e impresa fornitrice senza sapere quale termine apporre, per essere il contratto di lavoro privo di alcuna indicazione al riguardo).

Nessuna delle parti del giudizio a quo si è costituita.

Non è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. – La questione di costituzionalità, sollevata dal Tribunale di Torino, concerne l’art. 117, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001), che sostituisce le parole «a tempo indeterminato» con le parole «a tempo determinato» nel secondo periodo del comma 2 dell’art. 10 della legge 24 giugno 1997, n. 196 (Norme in materia di promozione dell’occupazione), concernente il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo.

Il rimettente ritiene che la norma violi gli artt. 3, 35 e 101 della Costituzione, sotto il profilo – rispettivamente – dell’irrazionalità intrinseca, del difetto di tutela del lavoratore e dell’assoggettamento del giudice ad una legge irragionevole.

2. – La questione di costituzionalità è rilevante. L’art. 10 della legge n. 196 del 1997, modificato dalla norma impugnata – benché poi abrogato dall’art. 85, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n.30) – deve infatti essere applicato ratione temporis alla fattispecie sottoposta all’esame del rimettente, relativa ad un contratto per prestazione di lavoro temporaneo stipulato quando quella norma era in vigore.

3. – La disciplina del «lavoro temporaneo», introdotto dalla legge n. 196 del 1997, distingue il contratto di fornitura e il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo.

Con il primo (art. 1) un’impresa di fornitura di tale tipo di lavoro (“impresa fornitrice”) pone uno o più lavoratori (“prestatori di lavoro temporaneo”) a disposizione di un’altra impresa che ne utilizzi la prestazione lavorativa (“impresa utilizzatrice”), per il soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo. Il contratto deve essere stipulato in forma scritta (comma 5) e contenere, fra l’altro, la data di inizio e il termine del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo (lettera h).

Con il secondo (art. 3) l’impresa fornitrice assume il lavoratore, a tempo determinato, corrispondente alla durata della prestazione lavorativa presso l’impresa utilizzatrice (comma 1, lettera a), o a tempo indeterminato (comma 1, lettera b). Il contratto deve essere stipulato in forma scritta (comma 3) e contenere, tra l’altro, la data di inizio ed il termine dello svolgimento dell’attività lavorativa presso l’impresa utilizzatrice (lettera g).

In sostanza il prestatore di lavoro temporaneo, dipendente dell’impresa fornitrice, svolge, per la durata della prestazione lavorativa presso l’impresa utilizzatrice, la propria attività nell’interesse e sotto la direzione ed il controllo di questa; e, nell’ipotesi di contratto a tempo indeterminato, rimane a disposizione dell’impresa fornitrice per i periodi in cui non svolge la prestazione lavorativa presso un’impresa utilizzatrice.

Il secondo periodo del secondo comma dell’art. 10 della legge in esame, nella sua formulazione originaria, prevedeva – ove il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo fosse privo della forma scritta o dell’indicazione della data di inizio e termine dello svolgimento dell’attività lavorativa presso l’impresa utilizzatrice – la sua trasformazione in contratto «a tempo indeterminato» alle dipendenze dell’impresa fornitrice.

Tale norma sanzionatoria esprimeva un’esigenza di tutela del lavoratore, analoga a quella sottesa alla conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato prevista per i casi in cui l’apposizione di un termine al contratto di lavoro non risulti da atto scritto (art. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 230; art. 1 del d. lgs. 6 settembre 2001, n. 368); pari esigenza di tutela del lavoratore si ritrova nella disciplina del “tempo parziale”, ove la clausola di riduzione dell’orario di lavoro non sia stipulata per iscritto (sentenza n. 283 del 2005).

Parallelamente, il primo periodo del medesimo secondo comma dell’art. 10 della legge n. 196 del 1997 sanzionava la mancanza della forma scritta nel contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, stabilendo che in tal caso il lavoratore si considera assunto dall’impresa utilizzatrice con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

4. – Il secondo periodo del secondo comma del citato art. 10 è stato modificato dall’impugnato art. 117, comma 1, lettera c), della legge n. 388 del 2000 che – in riferimento alla trasformazione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, come sanzione per la violazione di una delle ricordate prescrizioni – ha sostituito l’originaria espressione «a tempo indeterminato» con quella «a tempo determinato».

La violazione del principio di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.) e di quello di tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35, primo comma, Cost.) è di tutta evidenza. In caso di contratto per prestazioni di lavoro temporaneo stipulato a tempo indeterminato, ma senza il rispetto delle prescrizioni di cui al terzo comma dell’art. 3 della legge n. 196 del 1997, la finalità sanzionatoria per il datore di lavoro è contraddittoriamente perseguita attraverso la trasformazione del rapporto in un tipo contrattuale (a tempo determinato) che comporta, per il lavoratore, parte debole del rapporto, una tutela inferiore rispetto al tipo contrattuale voluto dalle parti (a tempo indeterminato).

L’intrinseca irragionevolezza della norma modificatrice è poi ulteriormente confermata dalla mancanza di alcuna indicazione per la determinazione della durata del rapporto in conseguenza della trasformazione del contratto, nonché dalla sua sostanziale inoperatività in caso di contratto di prestazioni di lavoro temporaneo stipulato sin dall’origine a tempo determinato (e però privo della forma scritta o dell’indicazione della data di inizio e termine dello svolgimento dell'attività lavorativa presso l'impresa utilizzatrice).

5. – I lavori parlamentari mostrano che la disposizione censurata trae origine da un precedente emendamento (n. 108.1001, Senato, 18 dicembre 2000) formulato per chiarire come la trasformazione prevista a titolo di sanzione riguardasse soltanto la durata a tempo indeterminato del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, ma non incidesse sulla sua natura facendolo divenire rapporto di lavoro ordinario. Infatti l’emendamento proponeva di aggiungere nel secondo periodo del secondo comma dell’art. 10 della legge n. 196 del 1997 le parole «di lavoro temporaneo» dopo le parole «si trasforma in contratto». Peraltro esso è stato poi diversamente riscritto e la nuova riformulazione è stata trasfusa nella disposizione censurata, con l’effetto che la finalità chiarificatrice si è smarrita, con l’approvazione di un testo intrinsecamente irragionevole e contraddittoriamente pregiudizievole per il lavoratore.

6. – La norma censurata deve essere quindi dichiarata costituzionalmente illegittima, sotto il profilo della violazione degli artt. 3 e 35 della Costituzione, con assorbimento dell’ulteriore parametro evocato dal giudice rimettente.

Poiché la norma dichiarata incostituzionale aveva come unico contenuto la sostituzione testuale di alcune parole nel secondo periodo del secondo comma del citato art. 10, il precetto in tale disposizione espresso rimane in vigore nel testo originario fino alla sua abrogazione ad opera del ricordato art. 85, comma 1, lettera f), del d. lgs. n. 276 del 2003.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 117, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2006.