Ordinanza n. 464 del 2005

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ORDINANZA N. 464

 

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Annibale                     MARINI                                       Presidente

 

- Franco                         BILE                                                 Giudice

 

- Francesco                    AMIRANTE                                         "

 

- Ugo                             DE SIERVO                                         "

 

- Romano                      VACCARELLA                                   "

 

- Paolo                           MADDALENA                                    "

 

- Alfio                           FINOCCHIARO                                  "

 

-  Alfonso                      QUARANTA                                        "

 

- Franco                         GALLO                                                 "

 

- Luigi                           MAZZELLA                                         "

 

- Gaetano                      SILVESTRI                                          "

 

- Sabino                         CASSESE                                             "

 

- Maria Rita                   SAULLE                                               "

 

- Giuseppe                     TESAURO                                            "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), lettera modificata dall’art. 23, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), promossi con due ordinanze del 9 marzo 2005 dal Tribunale di Genova sui ricorsi proposti da Samran Smail contro il Consolato generale d’Italia a Casablanca e da Cerron Flores Delina Julia contro l’Ambasciata d’Italia a Lima, iscritte ai nn. 288 e 289 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2005.

 

   Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

   udito nella camera di consiglio del 30 novembre 2005 il Giudice relatore Luigi Mazzella.

 

Ritenuto che, nel decidere sul ricorso contro il provvedimento con il quale il Consolato generale d’Italia a Casablanca aveva respinto l’istanza presentata da una cittadina marocchina per ottenere il visto al ricongiungimento familiare della madre  e sul ricorso contro il provvedimento con il quale l’Ambasciata d’Italia a Lima aveva respinto l’istanza presentata da una cittadina peruviana per ottenere il visto al ricongiungimento familiare del padre, il Tribunale di Genova, in composizione monocratica, con ordinanze depositate in data 9 marzo 2005 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), per violazione degli artt. 3 e 29 della Costituzione, letti alla luce dell’art. 6 (rectius: art. 8) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952) e degli artt. II-85 e II-93 della Costituzione per l’Europa, resa esecutiva con la legge 7 aprile 2005, n. 57 (Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004);

 

che secondo il giudice rimettente la decisione sui predetti ricorsi postula necessariamente l’applicazione della disposizione sopra richiamata, che richiede l’accertamento della situazione di impossibilità dei fratelli e sorelle delle ricorrenti di fornire adeguato sostegno ai genitori ultrasessantacinquenni dal Paese estero in cui essi risiedono;

 

che nella prima ordinanza il rimettente riferisce che, con istanza presentata il 22 giugno 2004, la cittadina marocchina Samran Smail aveva chiesto il rilascio del visto al ricongiungimento familiare della madre El Quaddiou Idrissi Rkia di anni 66, residente in Marocco ed asseritamente a suo carico; che, sebbene il Questore di Genova avesse, in data 5 marzo 2004, rilasciato il nulla osta richiesto per tale ricongiungimento, l’istanza era stata respinta dal Consolato d'Italia a Casablanca in data 17 agosto 2004, sul presupposto che la madre non potesse  considerarsi “a carico” della figlia residente in Italia, vivendo la stessa in Marocco “con altri figli che sono atti al lavoro”; che nella specie, tuttavia, la difesa della ricorrente denunciava che l’unica altra figlia residente in Marocco fosse priva di proprietà, di un qualsiasi lavoro e di ogni reddito;

 

 che nella seconda ordinanza, malgrado il nulla osta rilasciato dal Questore di Genova, l’Ambasciata d’Italia a Lima aveva respinto l’istanza presentata dalla cittadina peruviana Cerron Flores Delina Julia per ottenere il ricongiungimento familiare con il suo genitore, residente in Perù ed asseritamente a suo carico; che, in particolare, l’istanza era fondata sulla circostanza che le due sorelle della ricorrente, residenti in Perù, erano affette da cardiopatia e bronchite asmatica, ossia da patologie che, pur rilevanti, non determinavano quell’impossibilità di provvedere al sostentamento del genitore richiesta dalla legge;

 

che secondo il rimettente in base al disposto dell'art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, il provvedimento di rigetto del Console italiano a Casablanca e dell’Ambasciatore italiano a Lima, innanzi a lui impugnati, erano corretti, essendo ammesso normativamente il ricongiungimento dei genitori ultrasessantacinquenni solo «qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute»;

 

che per il rimettente la norma indicata è illegittima nella parte in cui non consente che tale ricongiungimento avvenga in tutte le situazioni nelle quali i figli residenti all’estero, per ragioni oggettive diverse dall’impossibilità determinata da gravi motivi di salute, non possano adeguatamente provvedere al sostegno, anche personale, dei genitori, come nei casi, analoghi a quelli da lui esaminati, in cui siano documentati motivi di salute non gravi e comunque inidonei a determinare un’impossibilità di sostentamento, o altri motivi non connessi allo stato di salute dei figli residenti all’estero, quali i motivi di indigenza dedotti;

 

che il rimettente ritiene che la disposizione del citato art. 29, comma 1, lettera c), contrasti con la nozione giuridica di famiglia delineata dalla nostra Costituzione all’art. 29, dall’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali U.E. e dall’art. 93 della Costituzione per l’Europa: nozione che a suo giudizio comprende vincoli che salvaguarderebbero non soltanto gli affetti, ma anche il sostegno di fronte alle difficoltà economiche, o anche soltanto relazionali; che il dovere di assicurare gli alimenti corrisponderebbe, secondo il comune sentire, ad un elementare debito di riconoscenza dei figli nei confronti di chi li ha allevati; che per gli anziani ultrasessantacinquenni l’art. II-85 della Costituzione per l’Europa riconoscerebbe il diritto degli anziani ad una vita dignitosa e indipendente, ragioni tutte per le quali avrebbero rilevanza costituzionale non soltanto la pura efficienza economica dei mezzi di sostentamento fornito dai figli ai genitori, ma anche i modi nei quali il sostegno dei figli si esprimerebbe;

 

che, dunque, per il rimettente rendere possibile il ricongiungimento di un genitore ultrasessantacinquenne al figlio o alla figlia regolarmente residente in Italia solo quando altri figli o figlie residenti all’estero siano ammalati così gravemente da essere “impossibilitati” ad offrire un sostegno al genitore e non invece quando gli stessi si trovino, per ragioni oggettive ma non tipizzate in modo pregiudiziale, nella difficoltà concreta di fornire al genitore il sostegno personale necessario, non costituisce scelta legislativa rispettosa del principio di uguaglianza, del diritto all’unità familiare e del diritto fondamentale degli anziani ad una vita dignitosa ed indipendente;

 

che la discriminazione tra “documentati gravi motivi di salute” che determinino una “impossibilità” di assistenza dei genitori ed altre ragioni ugualmente concrete ed obiettive (come difficoltà di relazione tra il genitore ed i figli rimasti nello Stato estero, a qualsiasi ragione esse siano dovute) che possano impedire ad un figlio o ad una figlia vivente sul territorio di altro Stato di fornire al proprio genitore il necessario sostegno personale sarebbe irragionevole e priva di giustificazione;

 

che l’aiuto dei figli ai genitori anziani in simili casi non dovrebbe essere circoscritto al sostegno economico dall’Italia all’estero attraverso le rimesse, ma dovrebbe concretarsi, per la piena esplicazione dell’unità della famiglia dei cittadini extracomunitari residenti in Italia, anche nell’accoglimento e nell’ospitalità.

 

Considerato che questa Corte, con la sentenza n. 224 del 2005, ha già dichiarato infondata la medesima questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 10 della Costituzione;

 

che in tale decisione la Corte ha affermato che «l'inviolabilità del diritto all'unità familiare è certamente invocabile e deve ricevere la più ampia tutela con riferimento alla famiglia nucleare, eventualmente in formazione e, quindi, in relazione al ricongiungimento dello straniero con il coniuge e con i figli minori», sottolineando che il principio contenuto nell'art. 29 Cost. non ha una estensione così ampia da ricomprendere anche le ipotesi di ricongiungimento di figli maggiorenni e genitori, in quanto «nel rapporto tra figli maggiorenni, ormai allontanatisi dal nucleo di origine, e genitori l'unità familiare perde la caratteristica di diritto inviolabile costituzionalmente garantito, e contestualmente si aprono margini che consentono al legislatore di bilanciare “l'interesse all'affetto” con altri interessi di rilievo»;

 

che nella citata sentenza la Corte ha anche affermato che «il legislatore può legittimamente porre dei limiti all'accesso degli stranieri nel territorio nazionale, effettuando un “corretto bilanciamento dei valori in gioco”, poiché sussiste in materia un'ampia discrezionalità legislativa limitata solo dal vincolo che le scelte non risultino manifestamente irragionevoli», il che non è dato ravvisare nella «scelta del legislatore del 2002 di limitare il ricongiungimento alle ipotesi in cui vi sia una effettiva e grave situazione di bisogno di quei familiari che non possono in alcun modo soddisfare autonomamente le proprie esigenze primarie di vita, non avendo nemmeno altri figli nel paese di origine in grado di sostentarli»;

 

che il predetto principio è stato ritenuto da questa Corte applicabile anche in materia di diritto al ricongiungimento familiare essendo anzi in tal caso «ancora più ampia la discrezionalità del legislatore, in quanto il concetto di solidarietà non implica necessariamente quello di convivenza, essendo ben possibile adempiere il relativo obbligo mediante modalità diverse dalla convivenza»;

 

che pertanto, conclusivamente, «il diritto al godimento della vita familiare va garantito senza condizioni a favore dei coniugi e dei nuclei familiari con figli minori, mentre negli altri casi esso può anche subire restrizioni, purché nei limiti della ragionevolezza»;

 

che l’applicazione di tali princìpi comporta che la scelta del legislatore non può ritenersi lesiva né dell’art. 29, né dell’art. 3 della Costituzione, dato che tale ultimo parametro può ritenersi riferito agli stranieri soltanto laddove si deduca che la violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza involga diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo (sentenza n. 120 del 1967), ciò che è da escludere con riguardo al rapporto con i figli maggiorenni;

 

che in tema di ingresso in Italia di cittadini stranieri il principio del bilanciamento tra il diritto dello Stato a regolamentare l’ingresso in Italia e il diritto degli stranieri all’unità familiare, che rispetto al primo è di pari dignità e rango, è stato affermato anche in altra pronuncia di questa Corte (sentenza n. 232 del 2001);

 

che, quanto alle norme internazionali citate dal rimettente quale ulteriore parametro, in relazione all’art. 29 della Costituzione, occorre considerare che l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo non assume il valore di norma parametro (cfr. in tal senso la sentenza n. 15 del 1982) e che le seconde, tratte dalla Costituzione europea, non sono ad oggi ancora entrate in vigore;

 

che, non risultando evocati profili diversi o aspetti ulteriori rispetto a quelli già valutati da questa Corte con la pronuncia richiamata, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

la corte costituzionale

 

riuniti i giudizi,

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, letti alla luce dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 e degli artt. II-85 e II-93 della Costituzione per l’Europa, resa esecutiva con la legge 7 aprile 2005 n. 57, dal Tribunale di Genova, in composizione monocratica, con le due ordinanze in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2005.

 

Annibale MARINI, Presidente

 

Luigi MAZZELLA, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2005.