Sentenza n. 393 del 2005

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SENTENZA N. 393

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

- Ugo DE SIERVO

- Romano VACCARELLA

- Paolo MADDALENA

- Alfio FINOCCHIARO

- Alfonso QUARANTA

- Franco GALLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Umbria 29 luglio 2003, n. 17 (Ulteriore modificazione della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14 - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 10 ottobre 2003, depositato in Cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2003.

Visto l'atto di costituzione della Regione Umbria;

udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2005 il Giudice relatore Fernanda Contri;

udito l'avvocato della Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato in data 10 ottobre 2003 e depositato il successivo 17 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Umbria 29 luglio 2003, n. 17 (Ulteriore modificazione della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14 - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), in riferimento all'art. 117, primo comma, e secondo comma, lettera s), della Costituzione.

Il ricorrente sostiene che la legge impugnata, modificando la precedente normativa regionale, amplia la possibilità di prelievo faunistico venatorio, anticipando la possibilità di cacciare talune specie a partire dal 1° settembre di ciascun anno.

La legge regionale sarebbe derogatoria del disposto della legge dello Stato 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), la quale all'art. 18 prevede degli archi temporali massimi per la cacciabilità delle diverse specie. La Regione Umbria avrebbe provveduto ad abrogare il riferimento a tali archi temporali massimi ed invalicabili, precedentemente contenuto nella legge regionale 17 maggio 1994, n. 14 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), semplicemente specificando che "Il calendario venatorio, ove ricorrano le condizioni di cui all'art. 18, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, può consentire il prelievo venatorio di determinate specie dal primo giorno utile di settembre, stabilendone le modalità" (art.3).

Sempre secondo il ricorrente l'art. 18, comma 2, della legge n. 157 del 1992 autorizza le Regioni ad apportare specifiche modifiche ai termini iniziale e finale ai fini della cacciabilità delle specie, nell'ambito peraltro dei seguenti limiti: a) presenza di una motivazione in relazione a specifiche situazioni e necessità locali (delle quali invece non è fatta parola nella legge regionale, che non dà qualificazione alle eventuali deroghe); b) redazione di un piano faunistico adeguato, che deve accompagnare le eventuali deroghe conferendovi carattere di razionalità e pianificazione (nel nuovo testo della legge regionale invece si disciplina solo la procedura di deroga, mentre non si configura la necessità di azione in forma pianificata); c) rispetto in ogni caso degli archi temporali massimi, previsti dal comma 1 dell'art. 18 della legge n. 157 del 1992.

1.1. - La normativa regionale, derogatoria di quella nazionale nel senso di una minor tutela della fauna, si porrebbe dunque in contrasto con la ripartizione delle competenze costituzionalmente previste e, in particolare, con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, il quale affida la materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema alla potestà esclusiva dello Stato. Sul punto il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte relativa all'esistenza di un nucleo normativo minimo di tutela della fauna e dell'ambiente su base nazionale (sentenze n. 226 e n. 227 del 2003, n. 536 del 2002).

1.2. - La normativa censurata violerebbe anche l'art. 117, primo comma, della Costituzione, che impone sia alle leggi statali sia a quelle regionali il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, la cui difesa compete allo Stato in sede di giudizio su interventi legislativi regionali, al fine di evitare che l'Italia debba rispondere dei danni arrecati da dette violazioni. Sul punto il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte, nella quale è detto che la normativa comunitaria, ancorché evidentemente non fissi date precise per i calendari venatori (come ovvio, applicandosi dette norme in Paesi geograficamente e naturalisticamente assai differenti tra loro), vuole garantire uno standard minimo di tutela ai fini della sopravvivenza e riproduzione delle specie (direttiva 79/409/CEE). Estensioni ad oltranza del calendario venatorio andrebbero in senso peggiorativo di detto standard cui la comunità vuole dare garanzia e che lo Stato italiano ha più precisamente definito con la legge n. 157 del 1992.

2. - La Regione Umbria si è costituita con una memoria depositata il 5 gennaio 2004 e perciò oltre il termine previsto dall'art. 23, ultimo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Considerato in diritto

1. - Con ricorso notificato in data 10 ottobre 2003 e depositato il successivo 17 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Umbria 29 luglio 2003, n. 17 (Ulteriore modificazione della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14 - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), in riferimento all'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione.

2. - Preliminarmente, deve essere dichiarata inammissibile la costituzione della Regione Umbria, perché avvenuta con atto depositato oltre il termine ? di carattere perentorio (per tutte, da ultimo, sentenza n. 307 del 2003) di venti giorni dal deposito del ricorso stabilito dall'art. 23, terzo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

3. – Va inoltre osservato che le censure, diversamente da quanto indicato nel ricorso, non riguardano l'intera legge regionale, ma il solo articolo 3, come emerge chiaramente dalla relazione ministeriale allegata al verbale della riunione del Consiglio dei ministri, nella quale si è deciso di sollevare la presente questione di legittimità costituzionale.

4. - La questione non è fondata.

L'articolo 3 della legge della Regione Umbria 29 luglio 2003, n. 17, modificando l'articolo 32 della legge regionale n. 14 del 1994, prevede che "La Giunta regionale, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e previo parere della competente commissione consiliare permanente, approva il calendario venatorio, recante disposizioni relative ai tempi, ai luoghi e ai modi della caccia, disponendone la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione entro il 15 giugno di ogni anno. Il calendario venatorio, ove ricorrano le condizioni di cui all'articolo 18, comma 2 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, può consentire il prelievo venatorio di determinate specie dal primo giorno utile di settembre, stabilendone le modalità".

Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, tale nuova formulazione dell'articolo 32 della legge regionale n. 14 del 1994 non esclude, in realtà, il rinvio alle procedure, alle condizioni ed ai limiti previsti dall'art. 18, comma 2, della legge n. 157 del 1992, limitandosi a disporre che il calendario venatorio può prevedere una diversa data di inizio per il periodo venatorio relativamente ad alcune specie solo "ove ricorrano le condizioni di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157".

Pertanto, la norma regionale non si discosta da quanto previsto dalla norma statale la quale, come questa Corte ha in più occasioni ribadito, fissa uno standard minimo di tutela della fauna ? il cui soddisfacimento è riservato dall'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato ? perché l'autorizzazione all'esercizio dell'attività venatoria in periodi diversi da quelli previsti dall'articolo 18, comma 1, della legge n. 157 del 1992, deve comunque ritenersi subordinata, anche nella Regione Umbria, alla integrale applicazione della disciplina dettata dal secondo comma del medesimo articolo.

Così intesa la disposizione regionale impugnata, anche infondata deve ritenersi la censura relativa al mancato rispetto degli obblighi comunitari, ed in particolare della direttiva 79/409/CEE (cd. direttiva uccelli), perché la disposizione regionale, mediante il richiamo espresso all'articolo 18, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, si pone in conformità con la disciplina statale che di tale direttiva costituisce attuazione.

per questi motivi

lA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge della Regione Umbria 29 luglio 2003, n. 17 (Ulteriore modificazione della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14 - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), sollevata, in riferimento all'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 2005.

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2005.