Ordinanza n. 333 del 2005

 CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N. 333

 

ANNO 2005

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Piero Alberto  CAPOTOSTI             Presidente

 

- Fernanda         CONTRI                      Giudice

 

- Guido             NEPPI MODONA                "

 

- Annibale         MARINI                                "

 

- Franco             BILE                                      "

 

- Giovanni Maria FLICK                                 "

 

- Francesco        AMIRANTE                          "

 

- Ugo                 DE SIERVO                          "

 

- Romano          VACCARELLA                   "

 

- Paolo               MADDALENA                     "

 

- Alfio               FINOCCHIARO                   "

 

- Alfonso           QUARANTA                        "

 

- Franco             GALLO                                 "

 

- Luigi               MAZZELLA                         "

 

- Gaetano          SILVESTRI                           "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 20 e 35 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, dal Giudice di pace di Tropea con due ordinanze del 20 ottobre 2004 e dal Giudice di pace di Patti con ordinanza del 3 gennaio 2005, rispettivamente iscritte ai numeri 88, 89 e 165 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 10 e 13, prima serie speciale, dell'anno 2005.

 

    Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

    udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

 

    Ritenuto che, nell'ambito di un procedimento penale per ingiuria e minaccia, con ordinanza del 20 ottobre 2004 (r.o. n. 88 del 2005), il Giudice di pace di Tropea dà atto che il difensore dell'imputato ha eccepito, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, e in relazione agli artt. 552 del codice di procedura penale e 159 delle relative norme di attuazione, l'illegittimità costituzionale dell'art. 35 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), in quanto nell'atto di citazione a giudizio non prevede l'avvertimento all'imputato «della possibilità di estinzione del reato a seguito di riparazione del danno cagionato»;

 

    che il giudice rimettente, «ritenuta rilevante ed assorbente la sollevata questione di legittimità costituzionale», ha sospeso il giudizio ed ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale «per la decisione sulla stessa»;

 

    che con altra ordinanza in pari data (r.o. n. 89 del 2005) il medesimo giudice, nell'ambito di un diverso procedimento per lesioni personali e minaccia, dà atto che il difensore dell'imputato ha prospettato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. e in relazione agli artt. 552 cod. proc. pen. e 159 delle relative norme attuazione, analoga questione di legittimità costituzionale degli artt. 35 e 20 del decreto legislativo n. 274 del 2000, in quanto non prevedono l'avvertimento nell'atto di citazione a giudizio all'imputato «della possibilità di estinzione del reato a seguito di riparazione del danno cagionato»;

 

    che il rimettente, «ritenuta rilevante ed assorbente la sollevata questione di legittimità costituzionale», ha sospeso il giudizio ed ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale «per la decisione sulla stessa»;

 

    che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile;

 

    che il Giudice di pace di Patti con ordinanza del 3 gennaio 2005 (r.o. n. 165 del 2005), nell'ambito di un procedimento per il reato di cui all'art. 731 del codice penale (Inosservanza dell'obbligo dell'istruzione elementare dei minori), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, terzo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 del decreto legislativo n. 274 del 2000, «nella parte in cui non prevede che il decreto di citazione a giudizio avanti al giudice di pace debba, a pena di nullità, contenere l'avviso che l'imputato, qualora ne ricorrono i presupposti, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (ex art. 29, comma 6, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274) ha la possibilità di estinguere il reato a mezzo di condotte riparatorie ai sensi dell'art. 35» del medesimo decreto legislativo;

 

    che il rimettente osserva che l'istituto dell'estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie, disciplinato dall'art. 35 del decreto legislativo n. 274 del 2000, «riveste chiare finalità deflative e rientra tra quelli utili alla più celere definizione dei procedimenti penali davanti al giudice di pace»;

 

    che di conseguenza l'art. 20 del richiamato decreto, che disciplina il contenuto della citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria omettendo qualsiasi riferimento alla possibilità, offerta all'imputato dal successivo art. 29, di accedere, qualora ne ricorrono i presupposti, a forme alternative di definizione del procedimento, violerebbe gli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, terzo comma, Cost.;

 

    che, in particolare, la disciplina censurata istituirebbe una irragionevole disparità di trattamento dell'imputato citato a giudizio dinanzi al giudice di pace rispetto a quello tratto al giudizio del tribunale in composizione monocratica con citazione diretta, per il quale l'art. 552, comma 1, lettera  f), e comma 2, cod. proc. pen. prevede a pena di nullità che il decreto di citazione contenga l'avvertimento che, qualora ne ricorrono i presupposti, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l'imputato ha facoltà di accedere ai riti «premiali», che altro non sarebbero che forme alternative di definizione del procedimento;

 

    che la disposizione censurata lederebbe inoltre il diritto di difesa, precludendo all'imputato la conoscenza e quindi la possibilità di ricorrere ad una delle due «vie alternative al processo percorribili» nel procedimento davanti al giudice di pace;

 

    che la norma censurata violerebbe infine l'art. 111, terzo comma, Cost., che, nell'enunciare il principio che la persona accusata deve essere tempestivamente informata dell'accusa a suo carico, postulerebbe altresì «che, con congruo preavviso, l'imputato sia informato delle possibili alternative difensive offertegli dall'ordinamento, sì da poter decidere con piena consapevolezza se affrontare il procedimento penale o attivarsi, preventivamente, per la riparazione del danno in ragione della futura declaratoria di estinzione del reato»;

 

    che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;

 

    che nell'ordinanza di rimessione mancherebbe infatti ogni descrizione della vicenda che ha dato origine al procedimento e della fattispecie oggetto del giudizio a quo;

 

    che, nel merito, la questione sarebbe infondata sulla base delle considerazioni già svolte dalla Corte nelle ordinanze numeri 10, 11, 55, 56, 57 e 191 del 2004.

 

    Considerato che tutte le ordinanze di rimessione prospettano questioni di legittimità costituzionale dell'art. 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, nella parte in cui non prevede che il decreto di citazione a giudizio davanti al giudice di pace debba contenere l'avvertimento che l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, ha la possibilità di estinguere il reato a mezzo di condotte riparatorie ai sensi dell'art. 35 del medesimo decreto legislativo;

 

    che di conseguenza deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;

 

    che le ordinanze del Giudice di pace di Tropea (iscritte ai numeri 88 e 89 del r.o. del 2004) sono prive di qualsivoglia motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza e devono pertanto essere dichiarate manifestamente inammissibili;

 

    che questioni in tutto simili a quella prospettata dal Giudice di pace di Patti in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, terzo comma, Cost. sono già state dichiarate manifestamente infondate da questa Corte con le ordinanze numeri 56 e 11 del 2004;

 

    che, in particolare, nelle citate ordinanze si è rilevato, richiamando l'ordinanza n. 231 del 2003, che nell'udienza di comparizione l'imputato è obbligatoriamente assistito «da un difensore, di fiducia o d'ufficio, sì che risultano pienamente garantite la difesa tecnica e l'informazione circa le varie forme di definizione del procedimento, anche alternative al giudizio di merito (conciliazione tra le parti, oblazione, risarcimento del danno, condotte riparatorie)», e che «l'udienza di comparizione, ove avviene il primo contatto tra le parti e il giudice, risulta sede idonea per sollecitare e verificare la praticabilità di possibili soluzioni alternative»;

 

    che inoltre è stato ricordato che il comma 3 dell'art. 35 stabilisce che il giudice di pace può disporre la sospensione del processo per un periodo non superiore a tre mesi ove l'imputato chieda nell'udienza di comparizione di poter provvedere alle condotte riparatorie e dimostri di non avere potuto farlo in precedenza, ovviamente anche per non essere stato informato di tale possibilità;

 

    che la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata, non risultando profili diversi o aspetti ulteriori rispetto a quelli già valutati con le pronunce richiamate.

 

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

    riuniti i giudizi,

 

    dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 20 e 35 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Tropea con le ordinanze in epigrafe;

 

    dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 del medesimo decreto legislativo n. 274 del 2000, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Patti con l'ordinanza in epigrafe.

 

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2005.

 

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

 

Guido NEPPI MODONA, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2005.