Sentenza n. 303 del 2005

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SENTENZA N. 303

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Piero Alberto                                    CAPOTOSTI             Presidente

-  Guido                                                NEPPI MODONA    Giudice

-  Annibale                                           MARINI                            “

-  Franco                                               BILE                                  “

-  Giovanni Maria                                 FLICK                               “

-  Francesco                                          AMIRANTE                      “

-  Ugo                                                   DE SIERVO                      “

-  Romano                                            VACCARELLA                “

-  Paolo                                                 MADDALENA                 “

-  Alfio                                                 FINOCCHIARO               “

-  Alfonso                                             QUARANTA                    “

-  Franco                                               GALLO                             “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 78, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), promosso con ordinanza del 29 settembre 2003 dalla Commissione tributaria provinciale di Chieti nella controversia vertente tra la s.n.c. Agenzia Ippica Sirio di Maria Cipolla & C., e l’Agenzia delle entrate ed altro, iscritta al n. 590 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2004.

  Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 25 maggio 2005 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto in fatto

1. – Nel corso di un giudizio promosso da un’agenzia ippica nei confronti dell’Agenzia delle entrate – con l’intervento del competente Ispettorato compartimentale dei monopoli di Stato – avverso il silenzio-rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso dell’imposta unica sulle scommesse ippiche e sportive versata nel periodo compreso tra il 16 giugno 1998 ed il 19 febbraio 1999, la Commissione tributaria provinciale di Chieti, con ordinanza del 29 settembre 2003, ha sollevato – in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 della Costituzione – due questioni di legittimità costituzionale: la prima concernente l’art. 3, comma 78, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica); la seconda concernente l’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri).

1.1. – Quanto alla prima questione, il giudice rimettente ritiene che la denunciata disposizione conferisca al Governo il potere di individuare con regolamento i soggetti passivi dell’imposta unica sulle scommesse relative alle corse dei cavalli e che pertanto si ponga in contrasto con gli evocati parametri costituzionali, lasciando all’arbitrio dell’autorità governativa la definizione degli elementi necessari per attuare concretamente la legge fiscale.

1.2. – Quanto alla seconda questione, il rimettente ritiene che l’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 (in forza del quale è stato emanato il regolamento governativo previsto dal citato art. 3, comma 78, della legge n. 662 del 1996) violi gli stessi parametri costituzionali sopra citati, nella parte in cui stabilisce che le leggi ordinarie, nell’autorizzare l’esercizio della potestà regolamentare governativa in materie non coperte da riserva assoluta di legge, possono limitarsi ad indicare le «norme generali regolatrici della materia», anziché più restrittivi «princípi e criteri direttivi», analoghi a quelli prescritti dall’art. 76 Cost. per la delega al Governo dell’esercizio della funzione legislativa.

1.3. – In ordine alla rilevanza di entrambe le questioni, il giudice a quo osserva che, in caso di loro accoglimento, non potrebbe applicarsi nel giudizio principale il regolamento governativo emanato in attuazione del menzionato art. 3, comma 78, della legge n. 662 del 1996, cioè il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi, ai sensi dell’art. 3, comma 78, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), ed in particolare il disposto dell’art. 15 di questo, secondo cui sono soggetti all’imposta unica sulle scommesse relative alle corse dei cavalli anche «i titolari delle agenzie ippiche, per le scommesse dalle stesse accettate». Da ciò deriverebbe l’indebito pagamento dell’imposta, da parte dell’agenzia ippica ricorrente, nel periodo corrispondente alla vigenza di detto regolamento, ossia dal 16 giugno 1998 (data dell’entrata in vigore del d.P.R.) al 19 febbraio 1999 (data di entrata in vigore del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, recante «Riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288», che ha provveduto alla “rilegificazione” della materia, in attuazione della delega prevista dalla legge 3 agosto 1998, n. 288, recante «Delega al Governo per la revisione della disciplina concernente l’imposta sugli spettacoli e l’imposta unica di cui alla legge 22 dicembre 1951, n. 1379»), con correlativa fondatezza della richiesta di rimborso della medesima imposta.

2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’infondatezza di entrambe le questioni.

Per la difesa erariale, la prima questione sarebbe infondata perché i soggetti passivi dell’imposta sono comunque desumibili dal contesto della disciplina relativa alla materia delegificata, ed in particolare: a) dal presupposto dell’imposta unica sulle scommesse relative alle corse dei cavalli, costituito dall’accettazione delle scommesse (art. 14 del d.P.R. n. 169 del 1998); b) dai soggetti abilitati a tale accettazione, individuati negli aggiudicatari delle concessioni ministeriali per l’esercizio delle scommesse (artt. 2 e 15 dello stesso decreto presidenziale; c) dai luoghi in cui possono essere effettuate le indicate scommesse, circoscritti a quelli gestiti dagli esercenti autorizzati ad accettarle (art. 6 del citato decreto presidenziale). A sostegno di tale impostazione, l’Avvocatura erariale richiama la giurisprudenza costituzionale secondo cui, in caso di delegificazione, la delimitazione della “potestà amministrativa” non deve necessariamente risultare dalla formula della norma di rango primario istitutiva della pretesa tributaria, ben potendo risultare da tutto il contesto della disciplina della materia di cui essa fa parte e, segnatamente, dalla destinazione della prestazione, dalla composizione e dal funzionamento degli organi competenti a determinarne la misura, oltreché dalla stessa esistenza di un modulo procedimentale per l’emanazione dei provvedimenti amministrativi concernenti le prestazioni, con il quale si realizzi la collaborazione di più organi, al fine di evitare eventuali arbítri dell’Amministrazione.

Anche la seconda questione, per l’Avvocatura generale dello Stato, sarebbe infondata, perché, a parte la genericità ed astrattezza della sua prospettazione da parte del giudice a quo, la legge di delegificazione «ben potrebbe essere censurata di illegittimità costituzionale qualora ponga princípi contrari alla Costituzione od ometta di fissare preventivamente princípi nelle materie che, in base alla Costituzione, li richiedano».

Considerato in diritto

1. – La Commissione tributaria provinciale di Chieti dubita – in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 Cost. – della legittimità costituzionale: a) dell’art. 3, comma 78, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica); b) dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri).

In ordine alla questione sub a), il rimettente deduce che la norma denunciata – nel consentire il riordino, mediante regolamento governativo di delegificazione, della materia dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, per quanto attiene agli aspetti organizzativi, funzionali, fiscali e sanzionatori, nonché al riparto dei relativi proventi – avrebbe conferito al Governo, in violazione del principio della riserva relativa di legge in materia fiscale e degli altri parametri costituzionali evocati, il potere di individuare i soggetti passivi dell’imposta concernente le suddette scommesse ed avrebbe perciò omesso di fissare limiti all’arbitrio dell’autorità governativa.

In ordine alla questione sub b), la medesima Commissione tributaria provinciale deduce l’illegittimità dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 – in forza del quale è stato emanato il regolamento governativo previsto dal sopra citato art. 3, comma 78, della legge n. 662 del 1996 – nella parte in cui stabilisce che le leggi ordinarie, nell’autorizzare l’esercizio della potestà regolamentare governativa in materie non coperte da riserva assoluta di legge, possono limitarsi ad indicare le «norme generali regolatrici della materia», anziché più restrittivi «princípi e criteri direttivi», analoghi a quelli prescritti dall’art. 76 Cost. per la delega al Governo dell’esercizio della funzione legislativa.

  Il rimettente afferma, poi, la rilevanza di entrambe le questioni, perché, in caso di loro accoglimento, non potrebbe applicarsi in giudizio il regolamento governativo emanato in attuazione del menzionato art. 3, comma 78, della legge n. 662 del 1996, cioè il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi, ai sensi dell’art. 3, comma 78, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), ed in particolare il disposto dell’art. 15 di questo, secondo cui sono soggetti all’imposta unica sulle scommesse relative alle corse dei cavalli, tra gli altri, «i titolari delle agenzie ippiche, per le scommesse dalle stesse accettate». Tale disapplicazione comporterebbe, per il giudice a quo, l’indebito versamento dell’imposta, da parte dell’Agenzia ippica ricorrente, nel periodo corrispondente alla vigenza del citato regolamento – ossia dal 16 giugno 1998 (data dell’entrata in vigore del decreto presidenziale) al 19 febbraio 1999 (data di entrata in vigore del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, recante «Riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288», che ha provveduto alla “rilegificazione” della materia, in attuazione della delega prevista dalla legge 3 agosto 1998, n. 288, recante «Delega al Governo per la revisione della disciplina concernente l’imposta sugli spettacoli e l’imposta unica di cui alla legge 22 dicembre 1951, n. 1379») – e la conseguente fondatezza della richiesta di rimborso avanzata dalla suddetta Agenzia.

2. – La prima questione, concernente l’art. 3, comma 78, della legge n. 662 del 1996, non è fondata.

La Commissione tributaria rimettente basa i propri dubbi di illegittimità costituzionale sull’erronea premessa interpretativa che la denunciata norma di delegificazione, prevedendo il «riordino» degli aspetti fiscali della materia, consentirebbe al regolamento governativo anche l’individuazione dei soggetti passivi dell’imposta sulle scommesse relative alle corse dei cavalli, così violando l’art. 23 Cost.

Occorre al riguardo preliminarmente rilevare che questa Corte, a proposito dell’ipotesi analoga (sotto tale aspetto) di delega legislativa volta al «riordino» di una materia, ha più volte affermato che, «in mancanza di princípi e criteri direttivi che giustifichino la riforma» della normativa preesistente, la delega «deve essere intesa in un senso minimale, tale da non consentire, di per sé, l’adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo» (v. la sentenza n. 354 del 1998, richiamata dalle sentenze n. 66 del 2005 e n. 239 del 2003).

Nella specie, la norma censurata si limita a consentire all’autorità governativa di provvedere – con regolamento da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 – «al riordino della materia dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, per quanto attiene agli aspetti organizzativi, funzionali, fiscali e sanzionatori, nonché al riparto dei proventi», secondo i princípi elencati nella stessa disposizione. Contrariamente a quanto sostenuto dal rimettente, tale norma, non prevedendo alcuna specifica direttiva in ordine ai soggetti passivi di imposta, lascia immutata la disciplina legislativa concernente gli elementi strutturali del suddetto tributo e, quindi, impone al regolamento di delegificazione di mantenere gli stessi soggetti passivi indicati dalla legislazione preesistente. Resta di conseguenza esclusa la denunciata violazione del principio della riserva relativa di legge in tema di prestazioni patrimoniali imposte, sancito dall’art. 23 Cost., e degli altri evocati parametri costituzionali. Il giudice a quo aveva dunque l’obbligo di individuare i soggetti passivi dell’imposta in base alle leggi vigenti in materia.

3. – La seconda questione sollevata dalla stessa Commissione tributaria, concernente l’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, è inammissibile.

La censura del rimettente si articola in diversi assunti, tra loro strettamente connessi, nessuno dei quali è motivato. Il giudice a quo omette, infatti, sia di esplicitare le ragioni per le quali ritiene di porsi in contrasto con l’unanime opinione dottrinale secondo cui (data anche l’evidente differenza semantica tra i termini “norma” e “principio”) le «norme generali regolatrici della materia» hanno, tendenzialmente, una funzione delimitativa più stringente rispetto ai «princípi e criteri direttivi»; sia di precisare le “norme generali regolatrici della materia” delegificata affette dal dedotto vizio di genericità e delle quali dovrebbe fare applicazione nel giudizio principale. Tali carenze rendono la questione inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 78, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Chieti con l’ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), sollevata, in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 della Costituzione, dalla stessa Commissione tributaria provinciale con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2005.