Sentenza n. 149 del 2005

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SENTENZA  N. 149

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Fernanda   CONTRI                                                     Presidente

-  Guido        NEPPI MODONA                                        Giudice

-  Piero Alberto CAPOTOSTI                                                 ”

-  Annibale    MARINI                                                            ”

-  Franco       BILE                                                                  ”

-  Giovanni Maria   FLICK                                                      ”

-  Francesco  AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo           DE SIERVO                                                      ”

-  Romano     VACCARELLA                                                ”

-  Paolo         MADDALENA                                                 ”

-  Alfio          FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso     QUARANTA                                                     ”

-  Franco       GALLO                                                              ”

ha pronunciato la seguente                                                

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146 (Adeguamento delle strutture e degli organici dell'Amministrazione penitenziaria e dell'Ufficio centrale per la giustizia minorile, nonché istituzione dei ruoli direttivi ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'articolo 12 della legge 28 luglio 1999, n. 266), promosso con ordinanza del 21 gennaio 2004 dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria sul ricorso proposto da Mario Piu contro il Ministero della giustizia, iscritta al n. 408 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto in fatto

1.— Con ordinanza emessa il 21 gennaio 2004 il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria – nel corso di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento di collocamento a riposo per raggiunti limiti di età (sessanta anni), adottato dall’amministrazione penitenziaria – ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 4, 35 e 76 della Costituzione, del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146 (Adeguamento delle strutture e degli organici dell’Amministrazione penitenziaria e dell’Ufficio centrale per la giustizia minorile, nonché istituzione dei ruoli direttivi ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’articolo 12 della legge 28 luglio 1999, n. 266), nella parte in cui non prevede modalità di progressione nel ruolo e di permanenza nelle qualifiche, anche con innalzamento dei limiti di età, per il personale in servizio nel ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria.

2.— Il rimettente premette che il provvedimento di collocamento a riposo del ricorrente nel giudizio a quo – già ispettore superiore, promosso alla qualifica di commissario del ruolo direttivo speciale del Corpo di polizia penitenziaria in quanto vincitore di concorso bandito per laureati e diplomati, transitato, quindi, dal ruolo di concetto a quello direttivo – è stato adottato dall’amministrazione in base alle disposizioni di cui all’art. 4 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) e all’art. 71 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395), atteso che il d.lgs n. 146 del 2000 nulla prevede in merito.

3.— In particolare, il rimettente osserva in punto di rilevanza che «l’esito sia del gravame che dell’incidente cautelare dipende dalla possibilità di considerare applicabile o meno la disposizione denunciata».

Il giudice a quo osserva, quindi, che la legge 28 luglio 1999, n. 266 (Delega al Governo per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonché disposizioni per il restante personale del Ministero degli affari esteri, per il personale militare del Ministero della difesa, per il personale dell’Amministrazione penitenziaria e per il personale del Consiglio superiore della magistratura), ha previsto all’art. 12, comma 1, lettera b), il conferimento al Governo della delega per la «istituzione di un ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria con carriera analoga a quella del personale di pari qualifica del corrispondente ruolo della Polizia di Stato», e, al comma 2, la istituzione di un ruolo direttivo speciale – al quale accede il personale appartenente al ruolo degli ispettori – disponendo alla lettera c) del medesimo comma, il conferimento al Governo della delega a «prevedere modalità di progressione nel ruolo e di permanenza nelle qualifiche, anche con innalzamento dei limiti di età solo per esigenze di servizio (…)».

3.1.¾ Rileva, altresì, come l’art. 5 della legge 31 marzo 2000, n. 78 (Delega al Governo in materia di riordino dell’Arma dei carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza e della Polizia di Stato. Norme in materia di coordinamento delle Forze di polizia) abbia conferito al Governo delega per la revisione dell’ordinamento del personale dei ruoli della Polizia di Stato. In attuazione di detta delega è stato adottato il decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 (Riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, a norma dell’articolo 5, comma 1, della legge 31 marzo 2000, n. 78), che nel Capo III, la cui rubrica reca Disposizioni transitorie, prevede all’art. 27, secondo la prospettazione del giudice a quo, «un innalzamento progressivo dei limiti di età per il collocamento a riposo dei commissari sulla base di una apposita tabella».

In ragione del suddetto quadro normativo, pertanto, il rimettente  dubita della legittimità costituzionale del d.lgs. n. 146 del 2000, per violazione degli artt. 3, 4, 35 e 76 della Costituzione.

3.2.¾ Il Tar ritiene che si sia in presenza di un eccesso di delega «in minus», in quanto il decreto legislativo avrebbe omesso di disciplinare un aspetto essenziale della materia oggetto di delega, violando lo specifico principio e criterio direttivo dettato dall’art. 12, comma 2, lettera c), della legge n. 266 del 1999.

Viene, inoltre, dedotta la violazione dell’art. 3 della Costituzione, in quanto il decreto delegato in questione, in contrasto con quanto previsto dall’art. 12, comma 1, lettera b), della legge delega, non assicura, in via transitoria, al personale già in servizio del ruolo direttivo del Corpo di Polizia penitenziaria, la medesima possibilità di innalzamento del limite di età per il collocamento a riposo, come previsto, invece, per il personale di pari qualifica del corrispondente ruolo della polizia di Stato, ai sensi del d.lgs. n. 334 del 2000.

Infine, il giudice a quo ritiene violati gli articoli 4 e 35 della Costituzione, «nella misura in cui la carente disciplina del decreto delegato non consente ai lavoratori interessati l’espletamento dell’attività professionale per il congruo arco temporale previsto dalla norma di delega».

4.— è  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, ed ha chiesto che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria sia dichiarata non fondata.

La difesa dello Stato ha dedotto, in particolare, che per il Corpo di polizia penitenziaria (diversamente da quanto avvenuto per la Polizia di Stato) non vi è stata l’esigenza di introdurre una disciplina transitoria, in quanto i ruoli direttivi sono stati creati ex novo dal d.lgs. n. 146 del 2000 ed il limite di età per il collocamento a riposo è stato fissato a sessanta anni per tutti i suoi appartenenti sin dal 1992 (d.lgs. n. 443 del 1992), in armonia con quanto già previsto per la Polizia di Stato.

Considerato in diritto

1.— Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria dubita della legittimità costituzionale del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146 (Adeguamento delle strutture e degli organici dell’Amministrazione penitenziaria e dell’Ufficio centrale per la giustizia minorile, nonché istituzione dei ruoli direttivi ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’articolo 12 della legge 28 luglio 1999, n. 266), in riferimento agli articoli  3, 4, 35 e 76 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, nel quadro della disciplina delle modalità di progressione nel ruolo e di permanenza nelle qualifiche, anche l’innalzamento dei limiti di età per il personale in servizio nel ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria.

1.1.— Il rimettente ritiene che il d.lgs. n. 146 del 2000 contenga una lacuna normativa rispetto ai principî e ai criteri direttivi previsti per l’istituzione di un ruolo direttivo speciale nel Corpo della Polizia penitenziaria dall’art. 12, comma 2, lettera c), della legge 28 luglio 1999, n. 266 (Delega al Governo per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonché disposizioni per il restante personale del Ministero degli affari esteri, per il personale militare del Ministero della difesa, per il personale dell’Amministrazione penitenziaria e per il personale del Consiglio superiore della magistratura) e consistenti nel «prevedere modalità di progressione nel ruolo e di permanenza nelle qualifiche, anche con innalzamento dei limiti di età solo per esigenze di servizio (…)».

Il mancato esercizio della delega, ad avviso del giudice rimettente, oltre a violare l’art. 76, sarebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto non prevederebbe, in via transitoria, per il personale (già in servizio) del ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria, la medesima possibilità di innalzamento del limite di età per il collocamento a riposo, assicurata per il personale di pari qualifica del corrispondente ruolo della Polizia di Stato dal decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 (Riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, a norma dell’articolo 5, comma 1, della legge 31 marzo 2000, n. 78). Infine, secondo il giudice a quo, risulterebbero anche violati gli articoli 4 e 5 della Costituzione, «nella misura in cui la carente disciplina del decreto delegato non consente ai lavoratori interessati l’espletamento dell’attività professionale per il congruo arco temporale previsto dalla norma di delega».

2.— La difesa dello Stato ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata, in quanto per il Corpo di polizia penitenziaria (a differenza di quanto previsto per la Polizia di Stato) non si è dovuta introdurre una disciplina transitoria, dal momento che i ruoli direttivi sono stati istituiti dal d.lgs. n. 146 del 2000 e il limite di età per il collocamento a riposo era stato fissato a sessanta anni per tutti gli appartenenti al predetto Corpo sin dal 1992 (decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 recante «Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395»), in armonia con quanto già previsto per la Polizia di Stato.

3.— Il quadro normativo in cui si inserisce il provvedimento che ha dato origine alla controversia è rappresentato dalla disciplina del collocamento a riposo del personale, rispettivamente, del Corpo di polizia penitenziaria e della Polizia di Stato.

La legge n. 266 del 1999 ha previsto all’art. 12, comma 1, lettera b), la delega per la «istituzione di un ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria con carriera analoga a quella del personale di pari qualifica del corrispondente ruolo della Polizia di Stato» e, al comma 2, la delega per «l’istituzione di un ruolo direttivo speciale del Corpo di polizia penitenziaria, al quale accede il personale appartenente al ruolo degli ispettori del medesimo Corpo in possesso dei requisiti stabiliti con decreto del Ministro di grazia e giustizia».

In ordine a tale ultimo ruolo la norma di delega ha indicato, tra gli altri, quali principî e criteri direttivi, «modalità di progressione nel ruolo e di permanenza nelle qualifiche, anche con innalzamento dei limiti di età solo per esigenze di servizio».

A sua volta, l’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 146 del 2000 ha istituito il ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria (Corpo istituito con la legge 15 dicembre 1990, n. 395 recante «Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria»), tra le cui qualifiche rientra quella di commissario penitenziario.

L’art. 20 del medesimo d.lgs. n. 146 del 2000 ha, inoltre, istituito il ruolo direttivo speciale del medesimo Corpo di polizia, articolato in qualifiche corrispondenti per livello ed ordine gerarchico a quelle analoghe del ruolo direttivo ordinario.

Orbene, il citato decreto legislativo nulla ha innovato in ordine al limite di età per il collocamento a riposo del personale, per cui continuano a trovare applicazione le disposizioni contenute nell’art. 71, comma 1, del d.lgs. n. 443 del 1992, secondo il quale «il personale in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto è collocato a riposo d’ufficio al compimento del sessantesimo anno di età».

L’art. 1 del d.lgs. n. 334 del 2000 prevede l’articolazione della  carriera dei funzionari di Polizia nei ruoli dei commissari e dei dirigenti, ruoli già previsti e disciplinati dai decreti legislativi emanati in attuazione della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza) e, in particolare, dal d.P.R 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia). L’art. 27 del d.lgs. n. 334 del 2000, con disposizione transitoria richiamata dal giudice a quo, stabilisce un’applicazione progressiva del limite d’età per il collocamento a riposo previsto dall’art. 13 (sessantesimo anno di età) per gli appartenenti al ruolo dei commissari e al ruolo dei dirigenti della Polizia di Stato con qualifica inferiore a dirigente generale.

4.— Tanto premesso, si può passare all’esame delle singole censure sollevate dal rimettente.

Deve essere, innanzitutto, dichiarata la inammissibilità della censura sollevata con riferimento agli articoli 4 e 35 della Costituzione, in quanto l’indicazione dei parametri è enunciata senza alcuna motivazione specifica (ex multis, ordinanze n. 318 e n. 156 del 2004).

5.— Infondata è, invece, la censura di violazione dell’art. 76 della Costituzione.

Secondo il giudice a quo il d.lgs. n. 146 del 2000 contrasterebbe con la citata disposizione, per eccesso di delega «in minus», in quanto, benché la legge n. 266 del 1999 abbia disposto all’art. 12, comma 2, il conferimento al Governo della delega per la istituzione di un ruolo direttivo speciale del Corpo di polizia penitenziaria e alla lettera c) del medesimo comma la delega a «prevedere modalità di progressione nel ruolo e di permanenza nelle qualifiche, anche con innalzamento dei limiti di età solo per esigenze di servizio (…)», nel suddetto decreto legislativo nessuna disciplina è stata invece dettata in ordine al limite di età per il collocamento a riposo.

Orbene, questa Corte ha già avuto modo di affermare che l’esercizio incompleto della delega non comporta di per sé violazione degli articoli 76 e 77 della Costituzione (sentenze n. 218 del 1987 e n. 41 del 1975), salvo che ciò non determini uno stravolgimento della legge di delegazione, circostanza che deve essere esclusa in ordine alle disposizioni in esame.

6.— E’ altresì infondata la censura di violazione dell’art. 3 della Costituzione.

Va preliminarmente osservato che il rimettente invoca, come tertium comparationis, l’art. 27 del d.lgs. n. 334 del 2000, il quale detta una disciplina transitoria, di carattere derogatorio, che, in quanto tale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non può costituire un parametro utile ai fini del giudizio di illegittimità costituzionale per ingiustificata disparità di trattamento della disciplina generale che regola la fattispecie sottoposta all’esame del giudice a quo. E ciò senza considerare, sotto altro aspetto, che la norma stessa fissa una disciplina diversa da quella che il rimettente ha ritenuto esistente, sicché le situazioni poste a raffronto non sono neppure caratterizzate dalla eadem ratio derogandi.

A tale riguardo – a prescindere dalla sostanziale differenza esistente tra gli ordinamenti della Polizia di Stato e della Polizia penitenziaria, anche per quanto concerne le fonti delle relative discipline, e dalle diversità esistenti sotto il profilo strutturale e funzionale tra il rispettivo personale (cfr. ordinanza n. 342 del 2000, sentenza n. 65 del 1997 ) – va ricordato che la legge n. 121 del 1981 (art. 36) aveva disposto una delega al Governo per una nuova disciplina dell’ordinamento del personale appartenente all’amministrazione della pubblica sicurezza, da esercitarsi, tra l’altro, sulla base del criterio di prevedere la cessazione del rapporto di impiego «in modo differenziato per gli appartenenti ai vari ruoli», e comunque sulla base del principio secondo il quale il servizio doveva cessare «non oltre il compimento del sessantesimo anno di età». Il relativo decreto legislativo n. 335 del 1982, in attuazione del suindicato criterio, mentre ha fissato al cinquantottesimo anno di età il limite massimo per il collocamento a riposo degli agenti, degli assistenti e dei sovrintendenti, ha fissato al sessantesimo anno lo stesso limite per tutto il restante personale della Polizia di Stato svolgente funzioni di polizia. Il successivo decreto legislativo 24 aprile 1982, n. 336 (Inquadramento nei ruoli della Polizia di Stato del personale che espleta funzioni di polizia), all’art. 45, comma 1, ha dettato una disciplina transitoria per la quale il personale in servizio alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, inquadrato nei ruoli dei dirigenti o dei commissari della Polizia di Stato, era collocato a riposo d’ufficio al compimento del sessantacinquesimo anno di età. Peraltro, il citato art. 45, comma 1,  è stato espressamente abrogato dall’art. 69, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 334 del 2000, il quale ha nuovamente fissato al sessantesimo anno di età il limite massimo per il collocamento a riposo dei funzionari della Polizia di Stato appartenenti ai ruoli dei commissari e dei dirigenti. In tale contesto normativo si colloca l’art. 27 del medesimo decreto legislativo n. 334 del 2000, il quale, con norma dichiaratamente transitoria, ha previsto il progressivo riassorbimento dello scaglionamento dei pensionamenti in modo da consentire che, per i dipendenti per i quali era stato previsto, il maggior limite di età dei sessantacinque anni fosse ricondotto alla disciplina a regime del limite di età per il collocamento a riposo a sessanta anni.

Orbene, per il personale appartenente ai ruoli del Corpo della polizia penitenziaria non si è mai determinata una analoga situazione, giacché per esso, come si è prima precisato, il limite massimo di età per il collocamento a riposo è sempre stato di anni sessanta. Non sussisteva, dunque, lo stesso presupposto perché fosse introdotta nel decreto legislativo n. 146 del 2000 una disposizione transitoria analoga a quella prevista per il personale della Polizia di Stato dall’art. 27 più volte citato.

Non versandosi, dunque, nella ipotesi di situazioni sostanzialmente identiche che siano state disciplinate dalla legge in modo ingiustificatamente diverso, non può ritenersi sussistente la denunciata violazione dell’art. 3 della Costituzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146 (Adeguamento delle strutture e degli organici dell’Amministrazione penitenziaria e dell’Ufficio centrale per la giustizia minorile, nonché istituzione dei ruoli direttivi ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’articolo 12 della legge 28 luglio 1999, n. 266), sollevata, in riferimento agli artt. 4 e 35 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del medesimo decreto legislativo n. 146 del 2000, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2005.