Ordinanza n. 130 del 2005

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ORDINANZA N. 130

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Fernanda                    CONTRI                                             Presidente

-  Guido                        NEPPI MODONA                               Giudice

-  Piero Alberto             CAPOTOSTI                                             “

-  Annibale                    MARINI                                                    “

-  Franco                       BILE                                                          “

-  Giovanni Maria         FLICK                                                      “

-  Francesco                  AMIRANTE                                             “

-  Romano                     VACCARELLA                                       “

-  Paolo                          MADDALENA                                         “

-  Alfio                          FINOCCHIARO                                      “

-  Alfonso                      QUARANTA                                           “

-  Franco                       GALLO                                                     “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma undicesimo, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza del 3 marzo 2004 dal Giudice di pace di Milano nel procedimento civile vertente tra Clotilde Maria De Stasio e il Comune di Milano, iscritta al n. 520 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2004.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2005 il Giudice relatore Romano Vaccarella.

  Ritenuto che nel corso di un procedimento civile – promosso davanti al Giudice di pace di Milano da Clotilde Maria De Stasio nei confronti del Comune di Milano, ai sensi dell’art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per opporsi a un processo verbale di accertamento della violazione di una disposizione del medesimo codice della strada – il giudice adito, con ordinanza del 3 marzo 2004, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 111, comma secondo, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma undicesimo, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non consente al giudice di condannare al pagamento delle spese processuali la pubblica amministrazione, convenuta nel giudizio di opposizione avverso l’atto di irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria;

  che il giudice rimettente riferisce che il Comune di Milano, costituitosi in giudizio, ha fatto presente di avere provveduto, in sede di autotutela, al ritiro dell’atto impugnato e ha chiesto che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere, mentre la ricorrente ha insistito per l’accoglimento dell’opposizione e ha chiesto la condanna della controparte alle spese processuali;

  che, secondo il giudice a quo, l’art. 23, comma undicesimo, della legge n. 689 del 1981, richiamato dall’art. 204-bis, comma 2, del codice della strada, nel prevedere che «con la sentenza il giudice può rigettare l’opposizione, ponendo a carico dell’opponente le spese del procedimento, o accoglierla», non consente che, in caso di accoglimento dell’opposizione, il giudice possa condannare la pubblica amministrazione convenuta al pagamento delle spese processuali;

  che, a suo avviso, a tale norma non può essere data una diversa interpretazione e richiama al riguardo la disposizione dell’art. 46 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), la quale, per il processo tributario, in fattispecie analoga, prevede che «le spese del giudizio estinto a norma del comma 1» – ossia in caso di cessazione della materia del contendere – «restano a carico della parte che le ha anticipate»;

  che la questione è rilevante nel giudizio a quo, in quanto, a seguito dell’annullamento dell’atto impugnato in sede di autotutela, dovrebbe dichiararsi la cessazione della materia del contendere, ma non potrebbe condannarsi il Comune convenuto al rimborso delle spese processuali a favore della ricorrente, se non previa dichiarazione di illegittimità costituzionale della citata norma di legge;

  che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, la norma denunciata «potrebbe essere costituzionalmente illegittima per violazione di alcuni principi costituzionali e, in particolare, del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e del principio della condizione di parità delle parti in ogni processo (art. 111, secondo comma, Cost.)»;

  che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità ovvero di non fondatezza della questione, in quanto il giudizio di opposizione all’atto che irroga una sanzione amministrativa rientra interamente nello schema del processo civile, alla cui disciplina generale è soggetto, salvo le speciali disposizioni della legge n. 689 del 1981, delle quali nessuna deroga alla disciplina delle spese dettata dal codice di rito.

  Considerato che il Giudice di pace di Milano dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 111, comma secondo, della Costituzione, dell’art. 23, comma undicesimo, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) – richiamato dall’art. 204-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) –, nella parte in cui non consente al giudice di condannare al pagamento delle spese processuali la pubblica amministrazione, convenuta nel giudizio di opposizione ad atto irrogativo di sanzione amministrativa pecuniaria;

  che la questione è manifestamente inammissibile per non avere il rimettente in alcun modo esaminato la possibilità di dare della norma censurata un’interpretazione conforme ai principî costituzionali che egli assume violati, omettendo in particolare di prendere in considerazione la tesi della giurisprudenza assolutamente dominante secondo la quale la natura di ordinario giudizio di cognizione comporta l’applicabilità, a quello di opposizione alle sanzioni amministrative, della disciplina di cui agli artt. 91 e seguenti del codice di procedura civile e, pertanto, la possibilità che la pubblica amministrazione, che assuma la veste di parte convenuta, sia destinataria in caso di soccombenza (anche virtuale) di condanna alle spese del giudizio.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 23, comma undicesimo, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) – richiamato dall’art. 204-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) –, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 111, comma secondo, della Costituzione, dal Giudice di pace di Milano con l’ordinanza in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2005.