Ordinanza n. 352 del 2004

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ORDINANZA N. 352

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Valerio                                  ONIDA                      Presidente

-  Carlo                                     MEZZANOTTE          Giudice

-  Fernanda                               CONTRI                            “

-  Piero Alberto                         CAPOTOSTI                     “

-  Annibale                                MARINI                            “

-  Franco                                   BILE                                  “

-  Giovanni Maria                     FLICK                               “

-  Francesco                              AMIRANTE                      “

-  Ugo                                       DE SIERVO                      “

-  Romano                                 VACCARELLA               “

-  Paolo                                     MADDALENA                 “

-  Alfio                                      FINOCCHIARO               “

-  Alfonso                                 QUARANTA                    “

-  Franco                                   GALLO                             “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 17, 24 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promossi con numero due ordinanze del 10 febbraio 2003 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano sui ricorsi proposti da Compagnia Finanziaria e Leasing s.p.a. e da Gavazzi Laura contro l’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Milano 3, iscritte ai numeri 1123 e 1159 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 2 e 3, prima serie speciale, dell’anno 2004.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 2004 il Giudice relatore Romano Vaccarella.

  Ritenuto che, nel corso di un processo tributario intrapreso dalla contribuente “Compagnia Finanziaria & Leasing” S.p.A., con sede in Milano, per l’annullamento di una cartella esattoriale, notificatale il 25 maggio 2001, relativa a somme dovute a titolo di interessi e sanzioni pecuniarie per tardivo versamento degli acconti Irpeg (imposta sul reddito delle persone giuridiche) ed  Ilor (imposta locale sui redditi), liquidate in sede di controllo formale, ex art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), della dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 1994, la Commissione tributaria provinciale di Milano, con ordinanza del 10 febbraio 2003 (r.o. n. 1123 del 2003), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 17 (nel testo anteriore alla modifica operata dall’art. 6 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46), 24 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) per asserito contrasto con gli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione;

  che il giudice a quo riferisce che la società ricorrente ha motivato la richiesta di annullamento con l’avvenuta decadenza, a tutti gli effetti, della cartella di pagamento in quanto notificata oltre il termine quinquennale previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 (e cioè entro il 31 dicembre 2000), e aggiungendo, nel merito, che i dati contenuti nella cartella non le consentivano di risalire ai conteggi effettuati dall’Ufficio;

  che, nel costituirsi in giudizio, l’Agenzia delle entrate - Ufficio di Milano 3 ha dedotto che il termine finale per il controllo formale delle dichiarazioni presentate dal 1994 al 1998, fissato dall’art. 9 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, al 31 dicembre 2000, risultava nella specie rispettato;

  che, con riferimento alla rilevanza della questione, la Commissione tributaria rimettente preliminarmente considera che, ove il richiamo operato dall’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973 al termine decadenziale di cui all’art. 43, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 (entrambi nel testo ratione temporis applicabile al caso di specie) potesse essere inteso nel senso per cui «entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione» la pretesa del Fisco deve non solo essere iscritta nel ruolo reso esecutivo, ma anche portata a conoscenza del contribuente, il ricorso dovrebbe essere accolto;

  che, tuttavia, la Corte di cassazione, con le sentenze del 19 luglio 1999, n. 7662 e dell’8 marzo 2001, n. 3413, ha interpretato le norme in questione nel senso per cui l’art. 17 cit. fa riferimento al termine disciplinato dall’art. 43 cit. esclusivamente per l’iscrizione nei ruoli delle imposte dovute e la consegna all’intendente dei ruoli stessi, di modo che le ulteriori fasi del procedimento di riscossione, quali la consegna dei ruoli al concessionario e la notifica della cartella di pagamento, possono avvenire anche dopo, senza che si verifichi la decadenza della pretesa tributaria;

  che, non ravvisando motivi per non condividere questa interpretazione, il rimettente osserva come, nel caso di specie, l’operato dell’amministrazione finanziaria risulterebbe tempestivo, visto che il ruolo è stato iscritto e reso esecutivo nell’anno 2000, e cioè nel termine per il controllo formale delle dichiarazioni (prorogato, dall’art. 9 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 recante «Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo», fino al 31 dicembre 2000);

  che, in punto di non manifesta infondatezza, il Collegio rimettente osserva che la (da lui condivisa) soluzione interpretativa del giudice di legittimità espone alcune delle norme che regolano il procedimento di riscossione dei tributi a censure di illegittimità costituzionale e, segnatamente:

a) il combinato disposto degli articoli 17 e 43 citati – nella parte in cui non si prevede che incomba a carico dell’amministrazione l’obbligo di dare formale comunicazione degli incombenti di cui all’art. 17 cit. al contribuente al fine di consentirgli di controllare il rispetto del termine di decadenza previsto da quella norma – per violazione del diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost. e del precetto costituzionale di cui all’art. 23 Cost., «in quanto la legge che impone l’obbligo di una prestazione patrimoniale, quale è quella tributaria, non può non indicare un termine di scadenza entro il quale essa deve essere resa»;

b) l’art. 24 del d.P.R. n. 602 del 1973 per violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. e del principio della certezza del diritto, «implicitamente insito nel precetto contenuto nell'art. 23 Cost.», laddove, nel non prevedere termini decadenziali per la consegna dei ruoli all’esattore (ora concessionario), consentirebbe legittimamente all’intendente di finanza (ora l’ufficio) l’espletamento di tale incombente anche anni dopo aver reso esecutivi i ruoli, autorizzandolo altresì a calcolare gli interessi ex art. 20 del d.P.R. n. 602 del 1973 dalla data di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione fino a quella di consegna al concessionario dei ruoli, con grave nocumento per il contribuente;

c) l’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, nella parte in cui stabilisce un termine ordinatorio, decorrente dal giorno in cui il ruolo è stato consegnato al concessionario, per la notifica al contribuente della cartella di pagamento formata in esito ad accertamento eseguito ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, così generando una ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente soggetto all’accertamento ordinario ex art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 – al quale entro il termine quinquennale deve tassativamente essere notificata la cartella esattoriale – e quello soggetto all’accertamento formale di cui dell’art. 36-bis cit. – al quale la cartella può essere notificata nel termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2946 cod civ.;

  che, per conseguenza, la disparità di trattamento sussiste anche con riguardo all’obbligo che il contribuente, ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 600 del 1973, ha di conservare la documentazione fino allo scadere del periodo entro il quale l’Erario può notificare l’accertamento;

  che, in definitiva, risultano così violati «il diritto alla difesa (art. 24 Cost.), il principio dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 3 Cost.), il principio della certezza nell’adempimento degli obblighi tributari ricavabile dall’art. 23 Cost., il principio dell’imparzialità dell’amministrazione pubblica (art. 97 Cost.) ed infine il principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.), dato che non può presumersi che tale capacità possa mantenersi costante a tempo indeterminato»;

  che è intervenuto nel  giudizio, a mezzo  dell’Avvocatura  generale dello  Stato, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  il quale, nel  concludere  per  la  declaratoria  di manifesta  infondatezza della questione, ha replicato alle argomentazioni del giudice rimettente: a)  con riguardo alla  violazione dell’art. 3 Cost., deducendo che  non sussiste alcuna  irragionevolezza nella  scelta discrezionalmente operata dal legislatore, attesa  l’eterogeneità  delle  fattispecie regolate  dagli  articoli  17  e  43  cit.,  essendo  il termine di notifica dell’avviso di accertamento  «momento di esternazione dei risultati di una complessa e pregnante attività di accertamento»,  temporalmente collocato a monte sia dell’iscrizione a ruolo, di  cui si  occupa invece l’art. 17 cit., che della  emissione della cartella per  la quale, in caso di  accertamento formale, non è posto  alcun termine; b)  con riguardo all’art. 24 Cost., deducendo l’incongruenza della censura  relativa  all’obbligo  di conservazione  della documentazione ed osservando che il termine  per  impugnare  non decorre  dalla data  di  esecutività dei  ruoli, ma dalla  notificazione  della  cartella  di pagamento  avverso  la  quale al  contribuente  è garantita  la  piena  esplicazione  del  diritto  di  difesa;  c)  in  riferimento  all’art.  53 Cost.,  considerando  che  «non  è  il  momento  in  cui  la  pretesa  tributaria  viene  fatta valere quello che assume rilievo ai fini della capacità contributiva, bensì quello in cui matura l’obbligazione  tributaria»;  d) con riguardo agli articoli 97  e  23  Cost.,  deducendo, per un verso, che il principio di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione non impone di regolare l’attività amministrativa secondo termini necessariamente perentori e, per altro verso, che, nella specie, il procedimento in esame non è affatto privo di termini come mostrato proprio dall’art. 17, comma 1, cit. che ne disciplina uno a pena di decadenza, con conseguente assorbimento delle censure che richiamano il principio della certezza nell’adempimento degli obblighi tributari;

  che,  nel  corso  di  un  processo  tributario  intrapreso  dalla  contribuente  Gavazzi  Laura  per  l’annullamento  di una  cartella  esattoriale  notificatale il 14 giugno  2001,  relativa  all’anno  di  imposta  1993  per  somme  dovute  a  titolo  di Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche) e relativi interessi, liquidate in sede di controllo formale ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, la Commissione tributaria provinciale di Milano, con ordinanza del 10 febbraio 2003 (r.o. n. 1159 del 2003), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 17 (nel testo anteriore alla modifica operata dall'art. 6 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46), 24 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per asserito contrasto con gli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione;

  che il giudice rimettente riferisce sia in punto di fatto, con riguardo ai motivi di ricorso ed alle difese spiegate nel giudizio a quo dall’Ufficio in riferimento al ruolo reso esecutivo nell’anno 2000, sia in punto di diritto, per quanto attiene ai profili di illegittimità costituzionale delle norme denunciate, in modo identico a quanto già esposto riguardo alla ordinanza iscritta al n. 1123 del 2003 del relativo registro;

  che è intervenuto, a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, spiegando difese analoghe a quelle già riferite con riferimento alla ordinanza n. 1123 del 2003.

  Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Milano dubita, in riferimento agli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli articoli 17 (nel testo vigente per le dichiarazioni presentate prima del 1° gennaio 1999), 24 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui non fissano un termine decadenziale per la notifica al contribuente della cartella recante il ruolo derivante dalla liquidazione, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi;

  che, ponendo entrambe le ordinanze la medesima questione, i relativi giudizi debbono essere riuniti;

  che questa Corte, con ordinanza n. 107 del 2003, ha, da un lato, ribadito che il carattere perentorio di un termine non deve risultare in modo esplicito dalla norma, ben potendo esso desumersi dalla funzione che al termine chiaramente assegna la legge, e, dall’altro lato, statuito che è conforme a Costituzione, e va dall’interprete ricercata, soltanto una ricostruzione del sistema che non lasci il contribuente esposto, senza limiti temporali, all’azione esecutiva del fisco;

  che il giudice rimettente correttamente esclude che entro il termine previsto dal combinato disposto degli articoli 17 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 – per la consegna del ruolo ai fini del visto di esecutorietà (e, quindi, per un’attività interna all’ufficio) – possa ritenersi che debba altresì provvedersi alle successive attività di consegna del ruolo al concessionario e di notifica della cartella di pagamento al contribuente (previste dagli articoli 24 e 25 del d.P.R. n. 602 del 1973);

  che tale corretta conclusione – imposta dall’impossibilità logica di includere, in un termine previsto esplicitamente per un’attività preliminare, anche ulteriori attività ad essa successive – non può essere superata (come recentissimamente si è tentato di fare) neanche per soddisfare l’esigenza, costituzionalmente inderogabile – di prevedere termini perentori entro i quali la pretesa del fisco deve essere portata a conoscenza del contribuente;

  che, tuttavia, il rimettente – a fronte dell’evoluzione normativa che ha interessato gli articoli 24 e 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 – non chiarisce adeguatamente quali dei vari testi normativi ritiene disciplinino le fattispecie sottoposte al suo esame;

  che, in effetti, quanto alla prima ordinanza di rimessione (reg. ord. n. 1123 del 2003), premesso e ribadito che non può essere condiviso quanto il rimettente osserva circa il carattere ordinatorio del termine previsto dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 (ordinanza n. 107 del 2003), non è desumibile dall’ordinanza di rimessione se, lamentando la «inesistenza di termini decadenziali» per la consegna dei ruoli al concessionario, la Commissione provinciale rimettente intenda riferirsi alla natura del termine previsto dall’art. 24 (nel testo anteriore alla modifica operata dall’art. 10, comma 1, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46) ovvero alla soppressione di tale termine da parte della norma da ultimo citata;

  che è evidente che, nel primo caso, troverebbe integrale applicazione quanto statuito con l’ordinanza n. 107 del 2003 da questa Corte, laddove, nel secondo caso, oggetto di censura dovrebbe essere esclusivamente la nuova formulazione dell’art. 24 nella parte in cui, sopprimendo il termine dal quale decorre quello previsto dall’art. 25, vanifica anche quest’ultimo con il rendere indeterminato il dies a quo;

  che, quanto alla seconda ordinanza di rimessione (reg. ord. n. 1159 del 2003), risulta dall’esposizione del fatto operata dal rimettente che, nel caso di specie, la notifica della cartella di pagamento (14 giugno 2001) è avvenuta quando era in vigore (dal 9 giugno 2001) l’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 1 del d.lgs. 27 febbraio 2001, n. 193, norma nella quale nessun termine è previsto per la notifica della cartella di pagamento al contribuente da parte del concessionario;

  che, conseguentemente, non sono affatto pertinenti le considerazioni – del tutto identiche a quelle svolte nell’ordinanza iscritta al numero 1123 del registro ordinanze 2003 – del rimettente circa la natura ordinatoria del termine previsto dal (previgente) testo dell’art. 25;

  che i rilievi appena svolti comportano una palese insufficienza della motivazione di entrambe le ordinanze sia quanto alla rilevanza sia quanto alla individuazione delle questioni sottoposte a questa Corte, e pertanto la manifesta inammissibilità delle questioni stesse.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 17 (nel testo vigente per le dichiarazioni presentate prima del 1° gennaio 1999), 24 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) sollevate, in riferimento agli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano con le ordinanze in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 novembre 2004.