Sentenza n. 224 del 2004

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SENTENZA N. 224

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Gustavo            ZAGREBELSKY      Presidente

- Valerio              ONIDA                      Giudice

- Carlo                 MEZZANOTTE        "

- Fernanda           CONTRI                    "

- Guido                NEPPI MODONA    "

- Piero Alberto    CAPOTOSTI             "

- Annibale           MARINI                    "

- Franco               BILE                          "

- Giovanni Maria FLICK                       "

- Francesco          AMIRANTE              "

- Ugo                   DE SIERVO              "         

- Romano            VACCARELLA        "

- Paolo                 MADDALENA         "

- Alfio                 FINOCCHIARO       "

- Alfonso             QUARANTA            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 144, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza del 29 agosto 2003 dalla Corte di appello di Genova nel procedimento di appello proposto da Albo Antonio, iscritta al n. 1005 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Udito nella camera di consiglio del 26 maggio 2004 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto in fatto

La Corte di appello di Genova, con ordinanza del 29 agosto 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 144, secondo comma (recte: art. 144, quarto comma), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui prevede che il termine di quindici giorni per proporre il reclamo alla corte di appello avverso la sentenza del tribunale che provvede sulla istanza di riabilitazione decorre dalla data dell’affissione della sentenza anziché da quella della sua comunicazione.

Premesso di doversi pronunciare sulla ammissibilità di un reclamo, proposto oltre il quindicesimo giorno dalla affissione, avverso una sentenza mai comunicata all’interessato, il rimettente ricorda che altre norme della legge fallimentare, che – come quella impugnata – ricollegavano il decorso di termini decadenziali alla affissione del provvedimento, sono state dichiarate illegittime in quanto lesive del principio di eguaglianza e del diritto di difesa. Ritiene perciò non "razionalmente giustificata" la sopravvivenza della norma censurata, evidentemente contrastante con i medesimi parametri.

Considerato in diritto

1.– La Corte di appello di Genova dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 144, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui prevede che il termine per la proposizione del reclamo avverso la sentenza che provvede sull’istanza di riabilitazione decorre dalla data di affissione della sentenza anziché da quella della sua comunicazione.

2.– La giurisprudenza costituzionale ha costantemente escluso che l’erronea indicazione della norma censurata ridondi in vizio dell’ordinanza quando dal contesto della motivazione sia agevolmente individuabile la norma effettivamente impugnata dal rimettente (ex multis: ordinanze n. 415 e n. 60 del 2002).

E nella specie non è dubbio, anche per i puntuali e numerosi precedenti giurisprudenziali richiamati nel testo dell’ordinanza a conforto della tesi dell’incostituzionalità della disciplina censurata, che il riferimento al secondo comma anziché al quarto comma dell’art. 144 del regio decreto n. 267 del 16 marzo 1942 costituisca un mero lapsus calami.

3.– Nel merito la questione è fondata.

Questa Corte, scrutinando altre norme della legge fallimentare, ha affermato che la scelta dell’affissione, quale forma di pubblicità idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione di un atto, può essere giustificata solo dalla difficoltà di individuare coloro che possono avere interesse a proporre l’impugnazione stessa (sentenze n. 273 del 1987 e n. 153 del 1980), risultando priva, invece, di razionale giustificazione se riferita a soggetti preventivamente individuati dal legislatore (sentenze n. 211 del 2001, n. 152 e n. 151 del 1980, n. 255 del 1974). Ciò in quanto l’affissione determina una mera presunzione legale, peraltro insuperabile, di conoscenza dell’atto ed è quindi compatibile con il diritto di difesa del destinatario nei soli casi in cui l’individuazione di questi, ed il conseguente ricorso a mezzi di comunicazione diretta dell’atto stesso, risultino impossibili o estremamente difficoltosi.

Condizioni, queste ultime, che di certo non ricorrono nella fattispecie disciplinata dalla norma impugnata, atteso che la legittimazione a proporre il reclamo spetta solamente a soggetti individuati, per avere partecipato al giudizio dinanzi al tribunale, ed ai quali la sentenza va comunicata, ai sensi dell’art. 133, secondo comma, del codice di procedura civile.

La norma stessa risulta perciò lesiva del diritto di difesa del reclamante, nella parte in cui prevede che il termine per la proposizione del reclamo decorre dall’affissione invece che dalla comunicazione della sentenza ed in tali termini va dichiarata costituzionalmente illegittima.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 144, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui prevede che il termine per la proposizione del reclamo avverso la sentenza che provvede sull’istanza di riabilitazione decorre dalla affissione della sentenza stessa anziché dalla sua comunicazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2004.