Sentenza n. 172 del 2004

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SENTENZA N. 172

 

ANNO 2004

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Gustavo ZAGREBELSKY     Presidente

 

- Valerio   ONIDA                        Giudice

 

- Carlo      MEZZANOTTE                "

 

- Fernanda CONTRI                           "

 

- Guido    NEPPI MODONA            "

 

- Piero Alberto CAPOTOSTI             "

 

- Annibale MARINI                           "

 

- Franco   BILE                                "

 

- Giovanni Maria FLICK                    "

 

- Francesco AMIRANTE                 "

 

- Ugo       DE SIERVO                     "

 

- Romano VACCARELLA              "

 

- Paolo     MADDALENA                "

 

- Alfio      FINOCCHIARO              "

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 4, comma 1, 5 e 11, comma 2, della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 15 (Razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 7 ottobre 2002, depositato in cancelleria il 15 successivo ed iscritto al n. 73 del registro ricorsi 2002.

 

  Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;

 

  udito nell’udienza pubblica dell’11 novembre 2003 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

 

  uditi l’Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’Avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche.

 

Ritenuto in fatto

 

  1. – Con ricorso notificato il 7 ottobre 2002 e depositato il successivo 15 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli articoli 4, comma 1, 5 e 11, comma 2, della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 15 (Razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione).

 

  2. – Il ricorrente, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, osserva preliminarmente che gli impianti di distribuzione dei carburanti liquidi e gassosi per autotrazione sono oggetto di numerose discipline (tributarie, di sicurezza, ambientali, commerciali, civilistiche, amministrative, in tema di «scorte petrolifere»), attinenti a diversi parametri costituzionali, come quelli dell’art. 117, secondo comma, lettere e) («sistema tributario»), h) («sicurezza»), l) («ordinamento civile») e s) («tutela dell’ambiente, dell’ecosistema»); in questo quadro, il ricorrente richiama altresì la disposizione dell’art. 18, comma 1, lettere d) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59); in particolare, la normativa regionale contro la quale il ricorso è promosso attiene alla disciplina amministrativa, e si ricollega alla delega di funzioni amministrative, nel settore dei distributori di carburante in questione, disposta a favore delle Regioni con l’art. 52, primo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382).

 

  Questa materia, prosegue il ricorrente, è rimasta affidata alla legislazione concorrente dello Stato e delle Regioni, nel nuovo testo dell’art. 117 della Costituzione, rientrando essa nella disciplina dell’«energia» nonché, «marginalmente», in quella della «tutela della salute».

 

  Di conseguenza, secondo il ricorrente, la legislazione regionale in questo settore deve attenersi ai principi fondamentali posti dalla legislazione statale, e specificamente dal decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, recante «Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59», e dal decreto legislativo 8 settembre 1999, n. 346 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 13 febbraio 1998, n. 32, concernente la razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), oltre che «in testi normativi anteriori».

 

  Poste le suddette premesse, il ricorrente formula specifiche censure riguardanti le tre indicate disposizioni della legge regionale n. 15 del 2002.

 

  2.1. – Quanto all’art. 4, comma 1, della legge regionale, che dispone la realizzazione degli impianti di distribuzione dei carburanti «nel rispetto delle prescrizioni della presente legge e del regolamento di cui all’art. 2 [della legge medesima]», il ricorrente lamenta l’omessa considerazione, da parte della disposizione regionale, delle «non poche e non trascurabili» norme statali che riguardano la localizzazione e la costruzione degli impianti in parola; norme che, del resto, il richiamato art. 2 della legge regionale non menziona né potrebbe menzionare, in quanto non attinenti all’attuazione della legge regionale medesima.

 

  Un «accenno» agli interessi pubblici coinvolti, conclude sul punto il ricorso, si rintraccerebbe solo nell’art. 5, secondo periodo, e nell’art. 11, comma 3, ma soltanto in connessione, rispettivamente, con gli aspetti della «autorizzazione provvisoria» e dei «controlli».

 

  2.2. – Con riferimento all’art. 5, relativo alla già accennata autorizzazione – rilasciata, sulla base di una domanda dell’interessato, in caso di ristrutturazione totale o parziale dell’impianto – all’esercizio provvisorio dell’impianto di distribuzione dei carburanti, il ricorrente censura l’affidamento, che in esso sarebbe previsto, a un soggetto privato (il «tecnico abilitato») di compiti che attengono ad «aspetti» non riconducibili alle competenze legislative regionali.

 

  2.3. – Per ciò che concerne, infine, l’art. 11, comma 2, della legge regionale, nel ricorso si premette una ricostruzione del vigente testo costituzionale secondo la quale la disciplina del potere di sostituirsi a organi degli enti locali, con la definizione delle correlative procedure, e nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, non potrebbe essere stabilita altrimenti che con legge dello Stato: a questa conclusione condurrebbero (a) la «continuità testuale» dei due periodi dell’unitario secondo comma dell’art. 120 della Costituzione, che concerne il potere sostitutivo del Governo e i relativi casi di esercizio, (b) le «solenni disposizioni» contenute nell’art. 114, commi primo e secondo, della Costituzione (con la garanzia dell’autonomia degli enti territoriali), (c) l’assegnazione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato della materia relativa agli «organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane» [art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione], (d) la «cogente esigenza» di una disciplina unitaria – o perlomeno fortemente coordinata – delle modalità di esercizio dei poteri sostitutivi, a iniziare dall’individuazione dell’organo chiamato a disporre l’intervento sostitutivo.

 

  Pertanto, l’espressione contenuta nell’art. 120, secondo comma, della Costituzione, secondo cui la «legge» definisce le citate procedure di esercizio dei poteri sostitutivi, dovrebbe intendersi alla stregua di una riserva alla fonte legislativa statale; in questo stesso senso, il ricorrente richiama le norme attuative della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione.

 

  A questo schema non si conformerebbe l’impugnata disposizione regionale dell’art. 11, comma 2, là dove essa attribuisce al Presidente della Giunta regionale il potere di «adottare, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza di cui al comma 1 e previa diffida, i provvedimenti, anche di carattere sostitutivo, idonei ad assicurare il rispetto dei termini e delle norme violate»; donde la lesione dei parametri sopra enucleati.

 

  Infine, nel ricorso si critica una certa «oscurità» che sarebbe propria della disposizione, in quanto, da un lato, essa collegherebbe l’eventuale intervento sostitutivo alle funzioni di vigilanza «sull’applicazione della presente legge» (così nel comma 1 richiamato), mentre, dall’altro, accennerebbe alla violazione delle «prescrizioni vincolanti» previste «dalle leggi», al plurale, senza adeguatamente considerare, dunque, che tali prescrizioni possono essere contenute in disposizioni legislative statali.

 

  3. – Nel giudizio così promosso si è costituita la Regione Marche, che, previa sintesi della complessiva disciplina posta con la legge regionale n. 15 del 2002, diretta alla «razionalizzazione e all’ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione, al fine di migliorare l’efficienza complessiva del sistema distributivo, favorire il contenimento dei prezzi e incrementare, anche qualitativamente, i servizi resi all’utenza», secondo le finalità della legge definite nel suo art. 1, ha concluso per l’infondatezza di tutte le censure sollevate con il ricorso statale.

 

  3.1. – Quanto all’art. 4, comma 1, l’infondatezza della questione sollevata deriverebbe dal fatto che il mancato richiamo delle disposizioni statali di principio, in particolare dei decreti legislativi n. 32 del 1998 e n. 346 del 1999, non potrebbe assumere il significato di escludere o di ridurre l’ambito della loro applicabilità.

 

  3.2. – Circa la censura mossa all’art. 5, l’indicazione comprensiva di tutti gli aspetti (fiscali, sanitari, ambientali, di sicurezza, etc.) coinvolti nel rilascio dell’autorizzazione all’esercizio provvisorio non si trasformerebbe in una disciplina ricadente nei rispettivi ambiti materiali, ma varrebbe solo come definizione del contenuto della domanda di autorizzazione da presentare al Comune competente; senza considerare che, comunque, le materie in discorso non sarebbero estranee alle competenze – quantomeno di natura concorrente – della Regione.

 

  3.3. – Quanto, infine, all’art. 11, comma 2, la norma regionale atterrebbe all’esercizio del potere sostitutivo da parte della Regione, mentre le disposizioni costituzionali fatte valere dal ricorrente riguarderebbero la disciplina e l’esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato: l’estraneità reciproca degli ambiti priverebbe, dunque, di fondamento l’asserita violazione della sfera di competenza statale.

 

  4. – Nell’imminenza dell’udienza di trattazione, l’Avvocatura generale dello Stato, per il ricorrente, ha depositato una memoria in cui si sviluppano ulteriormente alcuni degli argomenti già dedotti nel ricorso.

 

  In particolare, quanto alla previsione di un potere sostitutivo regionale, la tesi della possibile «compresenza» di poteri sostitutivi dello Stato e delle Regioni, addotta dalla resistente, a parte i rilevanti inconvenienti che potrebbe far insorgere in caso di esercizio concorrente di tali poteri, sarebbe contraddetta dall’assenza di una qualsiasi previsione costituzionale che, al pari di quanto per lo Stato fa l’art. 120, secondo comma, della Costituzione, attribuisca un potere sostitutivo alle Regioni: se, nel procedere alla revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione, si è ritenuto necessario porre una espressa disposizione costituzionale, indicando l’organo competente e dettando limiti e modalità dell’esercizio del potere, sarebbe «irrazionale e a-sistematico», ad avviso del ricorrente, ritenere che per l’intervento sostitutivo da parte delle Regioni non occorra alcuna «copertura» costituzionale, con l’effetto di rendere il legislatore regionale, al contrario di quello statale, sostanzialmente libero di attribuire poteri sostitutivi a organi e soggetti indeterminati.

 

  «Sia dicendo (nell’art. 120 Cost.) sia tacendo», la Costituzione stabilirebbe dunque una sorta di riserva in capo allo Stato del potere in questione; e ciò sarebbe confermato dalla legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che, all’art. 8, farebbe salve soltanto le competenze delle Regioni ad autonomia differenziata (comma 3), assegnando a Regioni ed enti locali una mera facoltà di «iniziativa» (commi 1 e 4).

 

  D’altra parte, a bilanciare l’accennata riserva statale, varrebbe il principio di sussidiarietà, in virtù del quale non ogni sostituzione si tradurrebbe in avocazione allo Stato: proprio secondo l’art. 120, l’intervento sostitutivo si collocherebbe nel quadro del principio di leale collaborazione, giacché esso non si porrebbe alla stregua di un intervento di natura sanzionatoria, ma sarebbe espressione di sostegno e ausilio, in vista del perseguimento di finalità comuni a tutti gli enti menzionati nell’art. 114 della Costituzione.

 

  La disciplina dell’art. 120, nella quale la sostituzione concernerebbe non l’ente ma l’organo (e in cui l’atto adottato in via sostitutiva resterebbe un atto imputabile all’ente, per il tramite dell’«organo straordinario» di esso che sarebbe il soggetto che si sostituisce), ammetterebbe la sostituzione del Governo non solo nei casi di inerzia dell’organo ordinariamente competente, ma anche quando quest’ultimo agisse – ma non «nel rispetto» delle esigenze costituzionali – ovvero perfino quando lo richiedesse semplicemente la tutela dei valori indicati nella norma. Si tratterebbe, in definitiva, di una nozione di intervento sostitutivo assai più ampia di quella che è utilizzata nel campo dell’azione amministrativa.

 

  Si aggiunge che la disciplina costituzionale potrebbe anche condurre a una delimitazione della stessa nozione di intervento sostitutivo, dalla quale potrebbero essere esclusi i casi di competenze amministrative attribuite in via ordinaria (ed eventualmente anche da leggi regionali) a più enti, in una sequenza procedimentale articolata in più momenti tra loro collegati, e ciò indipendentemente dalla tipologia dei casi che valgono quali presupposti per l’attivazione del collegamento procedimentale.

 

  In questa prospettiva, l’impugnato art. 11 della legge regionale considererebbe due casi: (a) il mancato rispetto di termini per l’esercizio di funzioni amministrative, cioè una inerzia perdurante anche dopo la diffida, e (b) l’adozione di atti in violazione di «prescrizioni vincolanti», cioè il mancato annullamento, dopo la diffida, di atti illegittimi. Mentre il primo caso rientrerebbe nella nozione tradizionale di intervento sostitutivo, il secondo sembrerebbe piuttosto configurare una sorta di potere di riesame da parte di un altro ente (in tal modo implicitamente «sovraordinato»).

 

  Le considerazioni svolte sarebbero tali da corrispondere all’esigenza «di evitare sia una eccessiva estensione sia una banalizzazione della categoria giuridica dell’intervento sostitutivo».

 

  5. – Nel depositare anch’essa una memoria, la Regione Marche ha ribadito la contestazione dei singoli profili di censura prospettati nel ricorso statale.

 

  5.1. – Quanto all’art. 4, comma 1, della legge regionale n. 15 del 2002, si rileva che la sua legittimità potrebbe essere colta alla luce del complessivo percorso normativo nel settore della distribuzione di carburante, da (a) l’iniziale assetto – nel quale la disciplina non costituiva materia di legislazione concorrente ex art. 117 della Costituzione, cosicché le normative regionali si giustificavano in base all’art. 118, secondo comma, della Costituzione, nel quadro di una legislazione statale che qualificava la materia come servizio pubblico, da esercitare in regime di concessione (art. 16 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 103) –, passando attraverso (b) la delega di funzioni amministrative a norma del d.P.R. n. 616 del 1977 – nel quadro di indirizzi posti dal Governo, in particolare con il d.P.C.m. dell’11 settembre 1989, e in regime di autorizzazione, ora affidato alla potestà dei Comuni, secondo una ripartizione di competenze tra quella di programmazione (Regioni) e quella di concreta gestione (Comuni) che la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 159 del 2001) avrebbe riconosciuto conforme al disegno costituzionale –, fino a (c) il più recente quadro improntato alla liberalizzazione, quale delineato dal decreto legislativo n. 32 del 1998, emanato secondo le direttive di razionalizzazione e di efficienza commerciale poste dalla legge di delega (art. 4 della legge n. 59 del 1997), e nel quale rimane ferma la potestà di «indirizzo programmatico» affidata alle Regioni (art. 1 del decreto legislativo n. 32), che conseguentemente sono titolari di poteri sostitutivi nei confronti dei Comuni inadempienti rispetto agli obblighi di localizzazione loro assegnati (art. 2 del decreto legislativo citato).

 

  Su quest’ultimo contesto normativo, poi, sono intervenuti dapprima il decreto legislativo n. 112 del 1998, che con l’art. 41 ha «trasferito» alle Regioni le competenze già «delegate» in base al d.P.R. n. 616 del 1977, e poi la legge 5 marzo 2001, n. 57, il cui art. 19, in particolare, ha previsto l’adozione con decreto ministeriale di un Piano nazionale recante le linee-guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti. In coerenza con questo piano – adottato con decreto ministeriale del 31 ottobre 2001 – è previsto che le Regioni, svolgendo i poteri di programmazione di cui dispongono, redigano piani regionali, nel rispetto di criteri prestabiliti dalla legge.

 

  Prosegue la difesa della Regione Marche osservando che, con la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, la «distribuzione locale dei carburanti», non riservata allo Stato né compresa nell’elenco delle materie di legislazione concorrente, rientrerebbe nella competenza c.d. «residuale» delle Regioni, pur presentando interferenze e connessioni con quella della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», prevista, quale competenza concorrente, nel terzo comma del nuovo art. 117 della Costituzione.

 

  Tutto ciò posto, la resistente ribadisce che l’impugnato art. 4, comma 1, della legge regionale n. 15 del 2002 non si presterebbe alle censure governative, e ciò sia considerando la materia di competenza residuale della Regione, sia considerandola di competenza concorrente: in ogni caso, infatti, il mancato richiamo delle norme statali di cui ai decreti legislativi n. 32 del 1998 e n. 346 del 1999 non avrebbe affatto il significato di escludere o limitare l’applicabilità della disciplina posta dallo Stato; al contrario, l’art. 4 censurato stabilirebbe il rispetto delle prescrizioni della «presente legge» e tra esse sarebbe da far rientrare anche quella posta nel comma 3 dell’art. 3 della legge regionale, che stabilisce appunto il «rispetto delle norme di cui al d.lgs. n. 32 del 1998».

 

  5.2. – Circa l’impugnato art. 5 della legge regionale, nella memoria si riprendono le argomentazioni già dedotte, operandosi anche il richiamo a una serie di atti normativi di altre Regioni, che presenterebbero contenuti analoghi a quelli della norma impugnata.

 

  5.3. – Sulla censura concernente l’art. 11, comma 2, infine, la Regione, nel ribadire le osservazioni già formulate nell’atto di costituzione, rileva che, da ultimo, l’art. 8 della legge n. 131 del 2003, attuando l’art. 120 della Costituzione, avrebbe posto regole di esercizio del potere sostitutivo che confermerebbero come la norma della Costituzione riguardi soltanto la sostituzione del Governo in rapporto a provvedimenti regionali (così nel comma 1, che prescrive la partecipazione del Presidente della Regione alle riunioni del Consiglio dei ministri), senza disporre alcunché sui poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali. La generica prescrizione del comma 3 del citato art. 8, che impone di tenere conto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione nell’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali, costituirebbe d’altra parte un principio fondamentale che le Regioni sarebbero tenute a rispettare nel disciplinare l’esercizio dei poteri sostitutivi nelle materie di loro competenza.

 

  La resistente conclude osservando che la normativa impugnata sarebbe conforme agli enunciati della più recente giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 313 del 2003), quanto a presupposti e moduli procedimentali della sostituzione.

 

Considerato in diritto

 

  1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri solleva questione di legittimità costituzionale degli articoli 4, comma 1, 5 e 11, comma 2, della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 15 (Razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione).

 

  La legge regionale, ad avviso del ricorrente, interverrebbe su una materia, quella degli impianti di distribuzione dei carburanti liquidi e gassosi per autotrazione, che sarebbe oggetto di numerose discipline, connesse a settori di competenza esclusiva statale [art. 117, secondo comma, lettere e) («sistema tributario»), h) («sicurezza»), l) («ordinamento civile») e s) («tutela dell’ambiente, dell’ecosistema»), della Costituzione], e che sarebbe comunque rimasta affidata, nel nuovo testo dell’art. 117 della Costituzione, alla legislazione concorrente dello Stato e delle Regioni, rientrando essa nella disciplina dell’«energia» nonché, «marginalmente», in quella della «tutela della salute».

 

  1.1. – Con riferimento all’art. 4, comma 1, della legge regionale, che dispone la realizzazione degli impianti di distribuzione dei carburanti «nel rispetto delle prescrizioni della presente legge e del regolamento di cui all’art. 2 [della legge medesima]», il ricorrente lamenta l’omessa considerazione, da parte della disposizione regionale, delle «non poche e non trascurabili» norme statali che riguardano la localizzazione e la costruzione degli impianti in parola.

 

  1.2. – Circa l’art. 5 della legge, relativo alla autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’impianto di distribuzione dei carburanti, si censura l’affidamento, in esso previsto, a un soggetto privato (il «tecnico abilitato») di compiti che attengono ad «aspetti» non riconducibili alle competenze legislative regionali.

 

  1.3. – Quanto, infine, all’art. 11, comma 2, l’attribuzione al Presidente della Giunta regionale del potere di «adottare, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza di cui al comma 1 e previa diffida, i provvedimenti, anche di carattere sostitutivo, idonei ad assicurare il rispetto dei termini e delle norme violate», si porrebbe in contrasto con gli articoli 114, commi primo e secondo, 117, comma secondo, lettera p), e 120, comma secondo, della Costituzione, giacché la disciplina degli interventi sostitutivi sarebbe riservata alla legge dello Stato.

 

  A suffragio di tale conclusione si adducono (a) la «continuità testuale» dei due periodi dell’unitario secondo comma dell’art. 120 della Costituzione, che concerne il potere sostitutivo del Governo e i relativi casi di esercizio, (b) le «solenni disposizioni» contenute nell’art. 114, commi primo e secondo, della Costituzione (con la garanzia dell’autonomia degli enti territoriali), (c) l’assegnazione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato della materia relativa agli «organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane» [art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione], (d) la «cogente esigenza» di una disciplina unitaria – o perlomeno fortemente coordinata – delle modalità di esercizio dei poteri sostitutivi, a iniziare dall’individuazione dell’organo chiamato a disporre l’intervento sostitutivo.

 

  Dello stesso art. 11, comma 2, il ricorrente lamenta, altresì, una certa «oscurità», in quanto da un lato esso collegherebbe l’eventuale intervento sostitutivo alle funzioni di vigilanza «sull’applicazione della presente legge» (così nel comma 1 dell’articolo, che viene richiamato), mentre, dall’altro, accennerebbe alla violazione delle «prescrizioni vincolanti» previste «dalle leggi», al plurale, senza adeguatamente considerare, dunque, che tali prescrizioni possono essere contenute in disposizioni legislative statali.

 

  2. – La questione relativa all’art. 4, comma 1, della legge della Regione Marche n. 15 del 2002, nella parte in cui omette di considerare la normativa statale in materia tra le disposizioni il cui rispetto si impone nella realizzazione degli impianti di distribuzione dei carburanti, non è fondata.

 

  La disposizione impugnata, nell’operare un rinvio alle prescrizioni contenute nella «presente legge» (oltre che nel suo regolamento di attuazione), non può condurre a circoscrivere il novero delle fonti normative cui la realizzazione degli impianti deve conformarsi. L’assenza di un espresso riferimento alla legislazione statale vigente in materia, quindi, non può in alcun modo escludere la necessità di conformarsi a tutte le previsioni legislative che incidono sulla realizzazione degli impianti di distribuzione dei carburanti.

 

  D’altra parte, se anche, in ipotesi, si volesse accedere a una lettura restrittiva, il rinvio operato dall’art. 4, comma 1, alle disposizioni della legge regionale non potrebbe non leggersi nel senso che esso richiami tutte le prescrizioni contenute nella legge, e, tra queste, evidentemente anche l’art. 13, comma 6, il quale stabilisce espressamente che, per quanto dalla legge non previsto, trovano applicazione le norme di cui al decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, recante «Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59», e successive modificazioni.

 

  3. – Manifestamente infondata è la censura mossa nei confronti dell’art. 5 della legge della Regione Marche n. 15 del 2002, secondo cui la domanda di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio provvisorio di un impianto temporaneo deve essere presentata al Comune dall’interessato unitamente a una perizia giurata, redatta da un ingegnere o tecnico abilitato, attestante il rispetto della normativa vigente, «in particolare in ordine agli aspetti fiscali, sanitari, ambientali, di sicurezza antincendio, urbanistici, di tutela dei beni storici o artistici».

 

  Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, con l’indicazione dei profili che nella perizia giurata debbono essere presi in considerazione, la disposizione impugnata non incide sulla disciplina di materie (asseritamente) non di competenza legislativa regionale, ma si limita a precisare i presupposti per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di una attività ricadente in un settore di competenza regionale.

 

  4. – La questione avente a oggetto l’art. 11, comma 2, della legge della Regione Marche n. 15 del 2002, che attribuisce al Presidente della Giunta regionale il potere di adottare provvedimenti, «anche di carattere sostitutivo», idonei ad assicurare il rispetto delle prescrizioni legislative e regolamentari e dei termini previsti per l’esercizio delle funzioni amministrative disciplinate dalla legge, non è fondata.

 

  4.1. – Come questa Corte ha già più ampiamente argomentato (cfr. sentenze numeri 43, 69, 70, 71, 72, 73 e 112 del 2004), con l’avvenuta riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, i mutati criteri di riparto delle funzioni amministrative si sono articolati, per un verso, nell’attribuzione generale delle stesse all’ente comunale e, per l’altro, nella flessibilità assicurata al sistema dalla clausola in base alla quale si prevede, al fine di «assicurarne l’esercizio unitario», il conferimento di funzioni amministrative a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, «sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza» (art. 118, primo comma, della Costituzione).

 

  Sulla scorta della compenetrazione tra questi due criteri, la concreta allocazione delle funzioni amministrative ai vari livelli di governo non può prescindere da un intervento legislativo (statale o regionale, a seconda della ripartizione della competenza legislativa in materia), che deve, di volta in volta, manifestare la prevalenza del criterio generale di allocazione al livello comunale ovvero la necessaria preminente considerazione di esigenze unitarie che impongono una allocazione diversa: in questo contesto, il nuovo art. 118, secondo comma, della Costituzione, stabilisce che i Comuni (oltre che le Province e le Città metropolitane) sono titolari sia di «funzioni amministrative proprie» sia di funzioni «conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze».

 

  In tale quadro, la previsione della sostituzione di un livello di governo a un altro per il compimento di specifici atti o attività, considerati dalla legge necessari per il perseguimento degli interessi unitari coinvolti, pregiudicati dall’inerzia dell’ente ordinariamente competente, vale a inserire un elemento di flessibilità tale da preservare la normale distribuzione delle competenze che il principio di sussidiarietà implica. In assenza, infatti, si renderebbe necessario collocare la competenza, in via normale, al livello di governo più comprensivo, con evidente sproporzione del fine rispetto ai mezzi e con altrettanto evidente lesione del principio di sussidiarietà.

 

  Alla luce delle finalità espressamente indicate nella norma costituzionale, il potere attribuito dall’art. 120, secondo comma, della Costituzione non può non configurarsi alla stregua di un potere sostitutivo straordinario, esercitabile cioè soltanto in presenza di emergenze istituzionali di particolare gravità, allorché si ravvisino rischi di compromissione di interessi essenziali di portata più generale. D’altro canto, nulla, nella disposizione citata, lascia pensare che si sia inteso con essa smentire la consolidata tradizione legislativa che ha ammesso pacificamente interventi sostitutivi operati da enti diversi dallo Stato e da organi diversi dal Governo.

 

  L’art. 120, secondo comma, della Costituzione non preclude, dunque, in linea di principio, la possibilità che la legge regionale, intervenendo in materie di propria competenza, e nel disciplinare l’esercizio di funzioni amministrative di competenza degli enti locali, preveda anche poteri sostitutivi in capo a organi regionali nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell’ente ordinariamente competente.

 

  Nel prevedere ipotesi di interventi sostitutivi, da configurarsi come eccezionali rispetto al normale esercizio delle funzioni, la legge regionale non può però prescindere dal rispetto di condizioni e limiti.

 

  Al riguardo, è stato chiarito (cfr., in particolare, sentenze numeri 313 del 2003;   43, 69, 70, 71, 72, 73 e 112 del 2004) che (a) le ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi debbono essere previste e disciplinate dalla legge (cfr. sentenza n. 338 del 1989), la quale deve definirne i presupposti sostanziali e procedurali; (b) la sostituzione può essere prevista esclusivamente per il compimento di atti o attività «prive di discrezionalità nell’an (anche se non necessariamente nel quid o nel quomodo)» (sentenza n. 177 del 1988), la cui obbligatorietà sia il riflesso degli interessi unitari alla cui salvaguardia provvede l’intervento sostitutivo; (c) l’esercizio del potere sostitutivo deve essere affidato a un organo di governo della Regione o deve comunque svolgersi sulla base di una decisione di questo (cfr. sentenze n. 313 del 2003, n. 342 del 1994, n. 460 del 1989), stante l’attitudine dell’intervento a incidere sull’autonomia costituzionale dell’ente sostituito; infine, (d) la legge deve predisporre, in conformità al principio di leale cooperazione, congrue garanzie procedurali per l’esercizio del potere sostitutivo, prevedendo, in particolare, un procedimento in cui l’ente sostituito sia messo in grado di interloquire con gli organi deputati alla sostituzione e di evitare la sostituzione stessa attraverso un autonomo adempimento (cfr. sentenze n. 419 del 1995 e n. 153 del 1986; ordinanza n. 53 del 2003).

 

  4.2. – L’art. 11, comma 2, della legge della Regione Marche n. 15 del 2002 non contrasta con alcuno dei limiti e delle condizioni sopra enunciati.

 

  Oggetto della legge, in cui la previsione di interventi sostitutivi si inserisce, è la razionalizzazione e l’ammodernamento della rete di carburanti per uso di autotrazione, materia che, per quanto asseritamente connessa ad altre di competenza esclusiva statale, come riconosciuto dallo stesso ricorrente appartiene al novero di quelle di competenza concorrente. La previsione, nella specie, di un potere sostitutivo da parte di organi regionali nei confronti degli enti comunali si conforma, pertanto, a «l’ordine delle competenze rispettivamente […]  fissato dalla Costituzione» (sentenza n. 313 del 2003).

 

  Inoltre, la disposizione impugnata contiene una compiuta definizione dei presupposti sostanziali e procedurali che legittimano l’esercizio del potere sostitutivo, offrendo a esso una sicura base legislativa.

 

  Circa la natura dei presupposti sostanziali, la disposizione prevede che all’intervento sostitutivo si faccia luogo «in caso di mancato rispetto dei termini previsti per l’esercizio delle funzioni amministrative di cui alla […] legge o in caso di adozione di atti in violazione delle prescrizioni vincolanti previste dalle leggi o dal regolamento» di attuazione di cui all’art. 2. Tale riferimento, peraltro, è di per sé univoco nell’individuare – attraverso un sintetico richiamo alle fonti legislative e regolamentari regionali e alle fonti legislative statali – le fattispecie suscettibili di sostituzione regionale, e da ciò discende l’infondatezza della doglianza circa una asserita «oscurità» della disposizione.

 

  Conforme ai requisiti prescritti è altresì l’attribuzione del potere sostitutivo a un organo di governo, quale sicuramente è il Presidente della Giunta regionale.

 

  Le modalità di esercizio del potere sostitutivo, attivabile soltanto «previa diffida», soddisfano, infine, il necessario rispetto del principio di leale cooperazione, dovendo intendersi la formulazione legislativa nel senso che sarà cura dell’organo regionale anteporre, all’intervento sostitutivo, un congruo lasso di tempo a far data dalla diffida, onde consentire il coinvolgimento del Comune inadempiente e, eventualmente, l’autonomo adempimento.

 

per questi motivi

 

la Corte costituzionale

 

  a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 15 (Razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione), sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e), h), l) e s), e terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

 

  b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della predetta legge della Regione Marche n. 15 del 2002, sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e), h), l) e s), e terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

 

  c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 2, della predetta legge della Regione Marche n. 15 del 2002, sollevata, in riferimento agli articoli 114, primo e secondo comma, 117, secondo comma, lettera  p), e 120, secondo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

 

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2004.

 

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente e Redattore

 

Depositata in Cancelleria l'11  giugno 2004.