Sentenza n. 34 del 2004

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SENTENZA N.34

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Riccardo                CHIEPPA                       Presidente 

- Gustavo                 ZAGREBELSKY            Giudice

- Valerio                   ONIDA                                  "

- Carlo                      MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                CONTRI                                "

- Guido                    NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto         CAPOTOSTI                         "

- Annibale                MARINI                                "

- Franco                    BILE                                      "

- Giovanni Mari       FLICK                                   "

- Francesco               AMIRANTE                          "

- Ugo                        DE SIERVO                          "

- Romano                 VACCARELLA                   "

- Paolo                      MADDALENA                     "

- Alfio                      FINOCCHIARO                   "

ha pronunciato la seguente             

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Calabria 8 gennaio 2002, n. 4, recante <>, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato l’8 marzo 2002, depositato in Cancelleria il 18 successivo ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 2002.

Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;

udito nell’udienza pubblica del 25 novembre 2003 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

uditi l’avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Attilio Zimatore per la Regione Calabria.

Ritenuto in fatto

 

1. Con ricorso notificato in data 8 marzo 2002, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento agli artt. 51, primo comma, 97, primo e terzo comma, e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Calabria 8 gennaio 2002, n. 4, avente per oggetto <>.

L’art. 1 della citata legge regionale n. 4 del 2002, al fine "di consolidare l’attività scientifica di ricerca applicata avviata fino dal 1992 presso il presidio ospedaliero di Girifalco nell’ambito dei progetti di ricerca inerenti l’oncologia e la farmaco-tossicologia e presso il centro microcitemia dell’Azienda ospedaliera di Catanzaro nell’ambito dei progetti di ricerca afferenti la thalassemia" ed al fine di acquisire permanentemente le "specifiche professionalità in materia", autorizza l’Azienda ospedaliera "Ciaccio Pugliese" di Catanzaro "ad aumentare di n. 5 posti di biologo e n. 2 posti di medico la dotazione organica esistente presso il proprio Centro di microcitemia".

Il successivo art. 2 autorizza poi l’Azienda ospedaliera "Ciaccio Pugliese" a coprire tale aumento di organico mediante un concorso riservato cui è ammesso a partecipare solo "il personale che già ha operato con l’assegnazione di borse di studio nell’ambito di progetti di ricerca nei Centri di cui al precedente art. 1 e che abbia ottenuto almeno due proroghe al contratto nell’ambito di attività di ricerca".

Il ricorrente censura quest’ultima disposizione prospettandone il contrasto:

a.             "con il principio costituzionale di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, sancito dall’art. 97, comma primo, della Costituzione", in quanto il legislatore regionale avrebbe limitato l’accesso al concorso in base a criteri che non assicurerebbero "la selezione tecnica e naturale dei soggetti effettivamente più qualificati e capaci per la copertura dei posti in organico";

b.             con l’art. 97, terzo comma, della Costituzione, in quanto la disciplina censurata non integrerebbe un caso legittimo "di deroga alla regola dell’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso";

c.             con l’art. 51, primo comma, della Costituzione, "in quanto, limitando la cerchia dei soggetti che possono concorrere alla copertura dei posti, disattende il diritto di tutti i cittadini ad accedere agli uffici pubblici";

d.            con l’art. 117 della Costituzione, "laddove prevede che la potestà legislativa regionale debba essere esercitata nel rispetto della Costituzione".

2. ¾ La Regione Calabria si è costituita prospettando, preliminarmente, la inammissibilità per genericità della censura proposta in riferimento all’art. 97, terzo comma, della Costituzione e, nel merito, la infondatezza del ricorso.

In ordine alle censure proposte in relazione all’art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione, la Regione richiama la giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di accesso al pubblico impiego, secondo la quale la regola del pubblico concorso, sebbene rappresenti il mezzo più idoneo ed imparziale per garantire la scelta dei soggetti più capaci e per assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione (sentenza n. 453 del 1990), può essere derogata "in presenza di peculiari situazioni giustificatrici", adottando criteri diversi, nell’esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (sentenza n. 313 del 1994). La Regione medesima sostiene, inoltre, che, nel caso di specie, la previsione di un concorso "riservato" in luogo di un concorso "aperto" sia una deroga non arbitraria o irragionevole al principio dettato dall’art. 97 della Costituzione, in quanto la riserva assoluta a favore dei soggetti titolari di borse di studio, che abbiano ottenuto almeno due proroghe, sarebbe coerente con gli obiettivi della legge ed in particolare attuerebbe il "principio finalistico" del buon andamento, consolidando l’attività scientifica di ricerca applicata attraverso la formazione di un ruolo permanente composto "di specifiche professionalità".

La resistente nega, poi, che le norme censurate si risolvano in un inquadramento ope legis, rilevando che l’assegnazione delle borse di studio postula una precedente selezione di carattere scientifico e che in ogni caso l’assunzione segue una procedura concorsuale, seppure riservata.

In ordine alle censure proposte in relazione agli artt. 51, primo comma, e 117 della Costituzione, la Regione ritiene, infine, che le stesse non abbiano contenuto autonomo e che siano strettamente dipendenti da quelle sollevate in riferimento al citato art. 97, restando pertanto assorbite e superate dall’infondatezza di queste.

Nell’imminenza dell’udienza, la Regione ha presentato altra memoria nella quale ribadisce e sottolinea le argomentazioni già svolte in precedenza.

Considerato in diritto

 

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri promuove giudizio di costituzionalità dell’art. 2 della legge della Regione Calabria 8 gennaio 2002, n. 4, avente per oggetto <>, in riferimento agli artt. 51, primo comma, 97, primo e terzo comma, e 117 della Costituzione.

Il ricorrente censura l’art. 2 della citata legge regionale là dove autorizza l’Azienda ospedaliera "Ciaccio Pugliese" a coprire l’aumento di organico di cinque posti di biologo e due posti di medico mediante un concorso riservato al solo personale che ha già operato con l’assegnazione di borse di studio nell’ambito di taluni progetti di ricerca attivati presso il presidio ospedaliero di Girifalco e presso il Centro di microcitemia della predetta Azienda ospedaliera e che abbia ottenuto almeno due proroghe del contratto di ricerca.

Il ricorrente prospetta la sostanziale deroga al principio del pubblico concorso attuata dal legislatore regionale limitando l’accesso alla procedura concorsuale ai soli "borsisti" con particolari e specifici requisiti. Egli lamenta altresì che la legge regionale, in violazione del principio costituzionale del buon andamento (art. 97 Cost.), avrebbe irragionevolmente privilegiato le aspettative dei singoli aspiranti rispetto all’interesse oggettivo della pubblica amministrazione, scegliendo criteri che non assicurano la selezione tecnica e naturale dei soggetti effettivamente più qualificati e capaci ed avrebbe in tal senso disatteso il diritto di tutti i cittadini ad accedere agli uffici pubblici.

2. La Regione eccepisce l’inammissibilità della censura avanzata dal ricorrente in riferimento all’art. 97, terzo comma, della Costituzione, prospettandone la assoluta genericità, e controbatte, nel merito, le cennate argomentazioni della parte ricorrente.

3. L’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione non è fondata in quanto la censura relativa all’art. 97, terzo comma, della Costituzione, sebbene succintamente argomentata, è chiara e determinata e non lascia dubbi sull’oggetto della contestazione.

4. ¾ Per quanto riguarda il merito, è da precisare che la censura sollevata dal ricorrente in riferimento all’art. 117 della Costituzione, risolvendosi nella asserita violazione da parte della Regione del precetto che vincola il legislatore (statale o regionale) al rispetto della Costituzione, è sostanzialmente priva di autonomia, sicché il suo vaglio di costituzionalità si risolve nella valutazione degli altri parametri invocati.

4.1. ¾ E’ poi da sottolineare che la prospettata violazione dell’art. 51, primo comma, della Costituzione è strettamente collegata con la questione proposta in riferimento all’art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione.

L’art. 51 della Costituzione, nel porre il principio che "tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici … in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge", attua il fondamentale principio dell’art. 3 della Costituzione, ma non detta le regole di accesso al pubblico impiego, le quali, di contro, si rinvengono nelle disposizioni di cui al terzo comma dell’art. 97 Cost., secondo il quale "agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge".

Le censure sollevate in riferimento agli artt. 51, primo comma, e 97, primo e terzo comma, della Costituzione devono pertanto essere valutate congiuntamente.

4.2. ¾ In riferimento a questi parametri costituzionali la questione è fondata.

Questa Corte ha riconosciuto nel concorso pubblico (art. 97, terzo comma, della Costituzione) la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell’amministrazione (sentenze n. 194 del 2002, n. 1 del 1999, n. 333 del 1993, n. 453 del 1990 e n. 81 del 1983), ed ha ritenuto che possa derogarsi a tale regola solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nell’esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97, primo comma, della Costituzione) ed il cui vaglio di costituzionalità non può che passare attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.

La Corte ha, inoltre, sottolineato che la regola del pubblico concorso possa dirsi pienamente rispettata solo qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi (sentenza n. 194 del 2002).

In particolare la Corte ha riconosciuto che l'accesso al concorso possa essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base alla legge, anche allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell’ambito dell’amministrazione, ma ciò "fino al limite oltre il quale possa dirsi che l’assunzione nell’amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca, le possibilità di accesso, per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere "pubblico" del concorso, secondo quanto prescritto in via normale, a tutela anche dell’interesse pubblico, dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione" (sentenza n. 141 del 1999).

Solo in peculiari ipotesi la Corte ha ritenuto legittime procedure concorsuali integralmente riservate a personale interno e specificamente qualificato (cfr. sentenze n. 228 del 1997, n. 477 del 1995 e ordinanza n. 517 del 2002).

In tali ipotesi, peraltro, la Corte, dopo avere confermato l’indirizzo interpretativo sopra ricordato, ha ritenuto non irragionevoli tali previsioni in considerazione della specificità delle fattispecie in questione, e comunque coerenti con il principio del buon andamento.

4.3. Nel caso in esame, come si è già detto, il legislatore regionale, per consolidare l’attività scientifica avviata presso i sopra cennati centri di ricerca regionali e per acquisire permanentemente specifiche professionalità, per un verso, ha autorizzato l’Azienda ospedaliera "Ciaccio Pugliese" di Catanzaro ad aumentare il proprio organico (art. 1), e, per altro verso, ha previsto a tali fini un concorso integralmente riservato (art. 2).

Alla luce del costante orientamento sopra ricordato, se nulla può obiettarsi in ordine all’esigenza del consolidamento delle professionalità acquisite e pertanto in relazione all’aumento di organico disposto dall’art. 1 della impugnata legge regionale, deve, invece, ritenersi che, stante l’esistenza, sul piano nazionale, di più centri e laboratori, nonché di ricercatori per lo studio delle patologie in questione, la riserva concorsuale integrale a favore dei suddetti "borsisti" sia irragionevole e renda, per questa parte, la scelta legislativa regionale lesiva dei parametri costituzionali di cui agli artt. 51, primo comma, e 97, primo e terzo comma, della Costituzione.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Calabria 8 gennaio 2002, n. 4 (Definizione del rapporto precario del personale operante presso il Centro <>).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 2004.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2004.