Ordinanza n. 214/2003

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ORDINANZA N. 214

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

- Francesco AMIRANTE                   

- Ugo DE SIERVO                 

- Romano VACCARELLA                

- Paolo MADDALENA                     

- Alfio FINOCCHIARO                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 5 marzo 1997, relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Gaspare Nuccio, promosso dal Tribunale di Pesaro, sezione penale, con ricorso depositato il 20 agosto 2002 ed iscritto al n. 228 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2003 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale di Pesaro, con atto del 28 giugno 2002, pervenuto il 20 agosto 2002 nella cancelleria di questa Corte a mezzo del servizio postale, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata nella seduta del 5 marzo 1997 (documento IV-quater, n. 3), con la quale è stato dichiarato che i fatti per i quali è in corso il procedimento penale a carico di Gaspare Nuccio devono ritenersi insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che nei confronti di Gaspare Nuccio, all’epoca dei fatti deputato al Parlamento, è in corso un processo penale per il reato previsto e punito dall’art. 326 del codice penale, in quanto egli avrebbe divulgato le liste degli iscritti a logge massoniche attive nella Provincia di Pesaro, oggetto di inchiesta parlamentare e coperte dal segreto istruttorio;

che, secondo il Tribunale, il conflitto di attribuzione in riferimento alla delibera in esame, in mancanza della espressa previsione di un termine di decadenza, potrebbe essere nuovamente sollevato, nonostante sia stato già dichiarato una prima volta improcedibile ed una seconda volta inammissibile;

che, ad avviso del ricorrente, la Camera dei deputati avrebbe illegittimamente esercitato il proprio potere, offrendo un’interpretazione dell’art. 68, primo comma, della Costituzione la quale realizzerebbe "una lesione legale del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge", che imporrebbe di riferire la prerogativa parlamentare esclusivamente ai cosiddetti reati di opinione ed ai reati eventualmente conseguenti, sicché non sarebbe applicabile nella fattispecie, essendo peraltro irrilevante che il deputato Gaspare Nuccio sia stato particolarmente attivo nel perseguire un’azione nei confronti della massoneria, anche mediante atti di sindacato ispettivo, trattandosi di circostanza inidonea a ricondurre all’esercizio della libertà di opinione e di manifestazione del pensiero la rivelazione del contenuto di atti riservati della Commissione antimafia, di cui egli neppure era componente, ma al rispetto del cui segreto era tuttavia tenuto, in quanto membro del Parlamento;

che il Tribunale, sulla scorta di siffatte deduzioni, conclude chiedendo che la Corte annulli la delibera della Camera dei deputati del 5 marzo 1997.

Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile;

che, in linea preliminare, occorre osservare che il Tribunale di Pesaro, in riferimento alla delibera della Camera dei deputati del 5 marzo 1997, ripropone il conflitto di attribuzione che questa Corte ha, una prima volta, dichiarato improcedibile, in quanto il ricorso e l’ordinanza di ammissibilità (ordinanza n. 325 del 1997) erano stati depositati presso la cancelleria di questa Corte successivamente alla scadenza del termine di venti giorni stabilito dall’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (sentenza n. 274 del 1998) ed una seconda volta inammissibile, ritenendo "del tutto prioritario il rilievo" del mancato adempimento da parte del ricorrente dell’onere "di precisare, nell’atto di promovimento del conflitto, l’oggetto della pretesa che intende fare valere" (sentenza n. 31 del 2002);

che, indipendentemente da queste vicende, resta comunque il fatto che il medesimo conflitto viene riproposto per la terza volta, cosicché si pone in essere una situazione processuale che appare in oggettivo contrasto con quanto stabilito da questa Corte nella sentenza n. 116 del 2003 secondo cui le finalità e la particolarità dell’oggetto del conflitto di attribuzione tra poteri fanno emergere, nel quadro della disciplina della legge 11 marzo 1953, n. 87, "l’esigenza costituzionale che il giudizio, una volta instaurato, sia concluso in termini certi non rimessi alle parti confliggenti";

che non è quindi ammissibile mantenere indefinitivamente in sede processuale una situazione di conflittualità tra poteri, protraendo così ad libitum il ristabilimento della "certezza e definitività di rapporti", essenziale ai fini di un regolare svolgimento delle funzioni costituzionali (cfr. sentenza n. 116 e ordinanza n. 153 del 2003);

che pertanto deve essere esclusa, sulla base delle argomentazioni già svolte da questa Corte e che qui si ribadiscono, la riproponibilità del conflitto in esame e conseguentemente lo stesso deve essere dichiarato inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Pesaro, sezione penale, nei confronti della Camera dei deputati, con l’atto indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2003.