Ordinanza n. 287/2003

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ORDINANZA N. 187

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

- Ugo DE SIERVO                 

- Romano VACCARELLA                

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 12, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della l. 30 novembre 1998, n. 419), promossi con ordinanze del 26 aprile, del 5 e del 22 giugno, del 5 e del 22 giugno (n. 2 ordinanze), del 20 luglio (n. 3 ordinanze), del 30 luglio, del 6 agosto, del 30 luglio, del 20 e del 30 luglio, del 4 ottobre 2001 (n. 4 ordinanze) e del 30 ottobre 2001, del 6 febbraio 2002 e del 22 novembre 2001 (n. 11 ordinanze) dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, iscritte al n. 859 del registro ordinanze 2001 e ai nn. da 13 a 25, da 34 a 38, da 237 a 244 e da 255 a 258 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2001 e nn. 4, 5, 21 e 22, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 novembre 2002 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con trentuno ordinanze depositate il 26 aprile, il 5 ed il 22 giugno, il 20 luglio, il 30 luglio, il 6 agosto, il 4 ed il 30 ottobre, il 22 novembre del 2001, nonché il 6 febbraio 2002, nel corso di altrettanti giudizi promossi da docenti universitari delle Facoltà di medicina e chirurgia di differenti Università degli studi, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 12, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della l. 30 novembre 1998, n. 419), in riferimento agli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione;

che, ad avviso dei rimettenti, la norma impugnata, nella parte in cui dispone che, fino alla data di entrata in vigore della legge di riordino dello stato giuridico universitario, "lo svolgimento di attività libero professionale intramuraria comporta l'opzione per il tempo pieno e lo svolgimento dell'attività extramuraria comporta l'opzione per il tempo definito ai sensi dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382", recherebbe una disciplina dei rapporti di lavoro a tempo pieno ed a tempo definito difforme rispetto a quella stabilita dall'art. 11 del d.P.R. n. 382 del 1980, come modificato dall'art. 3 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, e dagli artt. 3 e 4 della legge 18 marzo 1989, n. 118;

che, secondo le ordinanze di rimessione, le quali svolgono argomentazioni in larga misura coincidenti, la disciplina stabilita dalla disposizione in esame, fissando una sorta di "correlazione automatica" tra la scelta concernente la modalità di esercizio dell’attività libero-professionale e l’opzione per il tempo pieno o per il tempo definito violerebbe l'art. 3 della Costituzione, ponendosi altresì in contrasto con il principio dell'autonomia universitaria nel perseguimento dei fini istituzionali, didattici e scientifici;

che, inoltre, ad avviso dei giudici a quibus, la norma censurata recherebbe vulnus all'art. 76 della Costituzione, poiché inciderebbe sullo stato giuridico dei medici universitari, eccedendo il contenuto della delega conferita al Governo dall'art. 6, lettera c), della legge 30 novembre 1998, n. 419, realizzando, in contrasto con l'art. 11 del d.P.R. n. 382 del 1980, una intrinseca contraddittorietà della disciplina concernente i medici universitari, in violazione sia dell'art. 3, sia dell'art. 97 della Costituzione, sotto il profilo della mancanza di proporzionalità rispetto agli scopi da realizzare;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in tutti i giudizi, con distinti atti, di contenuto sostanzialmente identico, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata;

che negli atti di intervento concernenti i giudizi promossi da alcune ordinanze (reg. ord. dalla n. 237 alla n. 244 del 2002, reg. ord. dalla n. 255 alla n. 258 del 2002) la difesa erariale deduce che la modifica dell’art. 15-quinquies, comma 10, del d. lgs. n. 502 del 1992, introdotta dall’art. 3 del d. lgs. 28 luglio 2000, n. 254, non considerato dai rimettenti, influirebbe sulla rilevanza della questione;

che, nel merito, a suo avviso, la questione sarebbe infondata, in quanto la norma impugnata, da esaminare alla luce della complessiva ridefinizione della disciplina dei rapporti tra Università e Servizio sanitario nazionale stabilita con il d. lgs. n. 517 del 1999, consentendo ai medici universitari a tempo pieno di svolgere attività libero-professionale intramuraria non si porrebbe affatto in contrasto con l’art. 11 del d.P.R. n. 382 del 1980, poiché quest’ultimo d.P.R. vietava ai docenti a tempo pieno l’esercizio di qualsiasi attività libero-professionale e sarebbe, altresì, ragionevole l’esclusione della revocabilità della scelta, una volta che l’impegno universitario a tempo pieno è stato collegato con l’opzione per lo svolgimento dell’attività libero-professionale intramuraria.

Considerato che l'identità della norma impugnata, delle censure proposte e dei parametri costituzionali invocati, nonché la coincidenza delle argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione rendono opportuna la riunione dei giudizi;

che i rimettenti impugnano, in riferimento agli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione, l’art. 5, comma 12, del d. lgs. n. 517 del 1999, nella parte in cui dispone che, fino alla data di entrata in vigore della legge di riordino dello stato giuridico universitario, "lo svolgimento di attività libero professionale intramuraria comporta l'opzione per il tempo pieno e lo svolgimento dell'attività extramuraria comporta l'opzione per il tempo definito ai sensi dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382";

che la norma censurata, avente ad oggetto la disciplina dell’opzione dei docenti universitari per il rapporto a tempo pieno, riguarda un profilo della complessiva disciplina concernente i rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università stabilita con il d. lgs. n. 517 del 1999 e, in quanto tale, deve essere valutata nel quadro della complessiva regolamentazione concernente le modalità dell’esercizio dell’attività libero-professionale da parte dei medici universitari;

che, per la predetta considerazione, va osservato che, anteriormente a tutte le ordinanze di rimessione, l'art. 3 del d. lgs. 28 luglio 2000, n. 254, ha modificato l'art. 15-quinquies, comma 10, del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 - al quale rinvia l'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 517 del 1999 - consentendo, nel testo così vigente, "in caso di carenza di strutture e spazi idonei alle necessità connesse allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime ambulatoriale, limitatamente alle medesime attività e fino al 31 luglio 2003, l'utilizzazione del proprio studio professionale con le modalità previste dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 2000" e disponendo altresì che resta fermo "per l'attivita' libero professionale in regime di ricovero, quanto disposto dall'articolo 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448";

che, ancora in data anteriore ad alcune di dette ordinanze, è sopravvenuto l'atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 maggio 2001, recante le linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra regioni e università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle università nel quadro della programmazione sanitaria nazionale e regionale, il quale, tra l'altro, stabilisce le direttive riguardanti le modalità della collaborazione tra detti enti, allo scopo di assicurare l'integrazione delle attività assistenziali, didattiche e di ricerca, fissando inoltre i criteri per l'organizzazione interna delle aziende ospedaliero-universitarie;

che, benché tali atti influiscano sul complessivo quadro normativo di riferimento nel quale si inscrive la questione di legittimità costituzionale sollevata, essi non risultano presi in esame nelle ordinanze di rimessione e, conseguentemente, i rimettenti non hanno esplicitato se il mutamento dell’assetto normativo abbia eventualmente inciso, ed entro quali limiti, sulla fattispecie sottoposta al loro esame;

che la mancanza di ogni specificazione al riguardo determina la carenza della motivazione in ordine alle ragioni che, secondo i rimettenti, fanno ritenere la perdurante rilevanza della questione;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 12, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della l. 30 novembre 1998, n. 419), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 giugno 2003.