Ordinanza n. 172 del 2003

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ORDINANZA N.172

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Riccardo                       CHIEPPA                                  Presidente

-      Gustavo                        ZAGREBELSKY                        Giudice

-      Valerio                          ONIDA                                              "

-      Carlo                             MEZZANOTTE                                "

-      Fernanda                       CONTRI                                            "

-      Guido                            NEPPI MODONA                            "

-      Piero Alberto                CAPOTOSTI                                     "

-      Annibale                       MARINI                                            "

-      Franco                           BILE                                                  "

-      Giovanni Maria             FLICK                                               "

-      Ugo                               DE SIERVO                                      "    

-      Romano                        VACCARELLA                               "

-      Paolo                             MADDALENA                                 "

-      Alfio                             FINOCCHIARO                               "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 126, comma 7, come modificato dall’art. 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell’art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), e 214, commi 1 e 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze del 17, del 12 e del 9 aprile 2002 dal Giudice di pace di Conegliano, del 28 giugno 2002 dal Giudice di pace di Sorgono e del 31 maggio 2001 (n. tre ordinanze) dal Giudice di pace di Cividale del Friuli, rispettivamente iscritte ai nn. 365, 366, 367, 402, 448, 449 e 450 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 34, 37 e 41, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2003 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Giudice di pace di Conegliano, con tre ordinanze emesse in data 9, 12 e 17 aprile 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 126, comma 7, e 214, commi 1 e 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per violazione degli artt. 3, 13 e 24 della Costituzione;

che il giudice a quo è investito dell’esame di tre giudizi di opposizione a provvedimenti di fermo amministrativo di veicoli condotti da persone con la patente scaduta, in violazione dell’art. 126, comma 7, cod. strada;

che, secondo il rimettente, la sanzione accessoria prevista dalla disposizione impugnata sarebbe “irragionevole, sproporzionata ed inadeguata”, poiché prevede il fermo del veicolo in misura fissa, senza considerare la condotta tenuta dal trasgressore dopo la contestazione e senza consentire, una volta rimossa la situazione di illegalità, la restituzione dello stesso al trasgressore;

che, sempre secondo il rimettente, la disposizione censurata violerebbe il “canone generale di proporzionalità e ragionevolezza delle misure sanzionatorie”, non lascerebbe al giudice un margine di apprezzamento discrezionale, non considererebbe l’avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria principale e non considererebbe il danno economico arrecato al proprietario anche in relazione al tipo ed alla destinazione del mezzo ed al tempo trascorso dall’avvenuta scadenza della patente di guida;

che, come osserva il giudice a quo, la norma censurata creerebbe anche disparità di trattamento tra le sanzioni previste per un fatto colposo, quale è la circolazione con patente scaduta, rispetto ad altre sanzioni previste dallo stesso codice per comportanti coscienti;

che, ad avviso del Giudice di pace di Conegliano, la disposizione censurata violerebbe anche l’art. 13 Cost., in quanto il fermo del veicolo “rappresenta per il proprietario una pesante restrizione della propria libertà e del diritto di attendere ai propri bisogni di lavoro e di spostamento, oltre al successivo onere di pagare ingenti spese di custodia del veicolo”;

che, osserva ancora il rimettente, contrariamente a quanto accade in caso di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, il fermo viene eseguito immediatamente, senza che il veicolo possa essere affidato ad altra persona ovvero, per la custodia dello stesso, al medesimo proprietario;

che, sempre secondo il Giudice di pace di Conegliano, il legislatore aveva previsto – con la legge 22 marzo 2001, n. 85, di delega al Governo per la riforma del Codice della strada – l’abolizione della sanzione accessoria introdotta dal d.lgs n. 507 del 1999, e pur essendo stata tale norma successivamente stralciata da quelle di cui al decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell'art. 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), essa sarebbe comunque un indice del mutato atteggiamento, in senso meno punitivo, del legislatore; 

che, sempre secondo il giudice a quo, anche l’art. 214, commi 1 e 6, del cod. strada si porrebbe in contrasto con l’art. 24 Cost., non potendo il giudice ordinare la restituzione del veicolo nelle more del giudizio di opposizione, con conseguente limitazione al diritto dell’interessato ad agire in giudizio;

che il Giudice di pace di Sorgono, con ordinanza emessa il 28 giugno 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall’art. 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell’art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), per violazione dell’art. 3 Cost.;

che il rimettente è investito dell’esame del ricorso presentato dal proprietario di  un veicolo, avverso il provvedimento di fermo amministrativo dello stesso, per avere egli guidato il mezzo con patente scaduta di validità;

che il giudice a quo osserva che l’art. 19 del d.lgs. n. 507 del 1999, avendo previsto, oltre alla sanzione principale, la sanzione accessoria del fermo del veicolo, ha violato il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. (che postula che per infrazioni analoghe o di pari pericolosità siano previste sanzioni della medesima gravità), dal momento che la stessa misura accessoria non è prevista per le più gravi violazioni, spesso dolose, di cui agli artt. 128, 186 e 187 cod. strada;

che, come rileva ancora il rimettente, se è vero che il fermo del veicolo ha una funzione di prevenzione, intesa ad impedire che il trasgressore continui a violare la legge, non si comprende come tale finalità possa essere ritenuta compatibile con la restituzione della patente, che normalmente avviene a pochi giorni dal fatto, dietro semplice esibizione di un certificato medico di idoneità;

che, ad avviso del giudice a quo, una volta restituita la patente al trasgressore, il permanere del fermo del veicolo avrebbe un contenuto affittivo assai diverso per chi possiede un solo veicolo e chi se ne può permettere più d’uno;

che anche il Giudice di pace di Cividale del Friuli, con tre ordinanze di contenuto identico emesse, le prime due il 31 maggio 2001 e la terza il 13 febbraio 2002, pervenute tutte alla Corte in data 24 settembre 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, del cod. strada, come modificato dall’art. 19 del d.lgs. n. 507 del 1999;

che il rimettente è investito da giudizi di opposizione a sanzioni amministrative irrogate a proprietari di veicoli alla guida dei quali essi erano stati colti con patente scaduta di validità;

che il giudice a quo rileva che la disposizione censurata non prevede alcuna graduazione della durata della sanzione, laddove la condotta posta in essere dal trasgressore sarebbe normalmente caratterizzata da “diversi gradi di responsabilità e gravità”, che vanno dalla mera dimenticanza al comportamento cosciente di commettere un illecito;

che è intervenuto in tutti i giudizi di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità e l’infondatezza delle questioni sollevate;

che, richiamate le precedenti decisioni della Corte sulle medesime disposizioni, la difesa erariale osserva che il legislatore non è tenuto a scelte obbligate per il tipo di sanzioni conseguenti ai diversi illeciti amministrativi, mentre il richiamo all’art. 13 Cost. – di cui alle ordinanze del Giudice di pace di Conegliano – sarebbe palesemente inconferente;

che la questione prospettata in ordine all’art. 214 del cod. strada, secondo l’Avvocatura, sarebbe palesemente irrilevante, dal momento che dalla stessa ordinanza di rimessione risulta che il giudice a quo ha provveduto alla restituzione del veicolo, con ciò dimostrando che ha ritenuto possibile una interpretazione della disposizione diversa da quella censurata;

che, quanto alla violazione del principio di eguaglianza, non sarebbero pertinenti  i richiami ad altre fattispecie del codice della strada, essendo le stesse disomogenee rispetto a quella censurata.

Considerato che tutte le ordinanze in esame sollevano, con motivazioni in parte identiche ed in parte simili, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) – nel testo modificato dall’art. 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell’art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205) – e di altre disposizioni del medesimo codice a questo connesse, e che esse possono quindi essere riunite per essere decise con unico provvedimento;

che le questioni sollevate dal Giudice di pace di Conegliano riguardo all’art. 214 del d.lgs. n. 285 del 1992, con l’indicazione quale parametro dell'art. 24 della Costituzione, sul presupposto che la disposizione censurata impedirebbe la restituzione del veicolo prima della definizione del giudizio di opposizione e limiterebbe così il diritto del cittadino ad agire in giudizio, sono manifestamente inammissibili, risultando dalle stesse ordinanze di rimessione che il giudice a quo, restituendo i veicoli, ha ritenuto possibile una diversa interpretazione della disposizione censurata;

che manifestamente infondata, per assoluta inidoneità del parametro costituzionale invocato, è la questione di legittimità costituzionale – sollevata dalla stesso Giudice di pace di Conegliano – dell’art. 126, comma 7, del cod. strada, per violazione dell’art. 13 Cost., riferendosi tale norma costituzionale alla libertà della persona, senza alcuna attinenza al tema del fermo amministrativo di un bene patrimoniale quale è il veicolo sottoposto a fermo amministrativo;

che, quanto alle altre censure dei rimettenti, questa Corte ha già ripetutamente affermato che la determinazione delle condotte punibili e delle relative sanzioni, siano esse penali o amministrative, rientra nella più ampia discrezionalità legislativa, non spettando alla Corte "rimodulare le scelte punitive del legislatore né stabilire la quantificazione delle sanzioni" (sentenze n. 217 del 1996 e n. 313 del 1995, ordinanze   n. 190 del 1997 e n. 33 del 2001), che possono essere stabilite anche in misura fissa;

che ciò va riaffermato anche riguardo alla previsione – introdotta dall’art. 19 del d.lgs. n. 507 del 1999 - del fermo amministrativo per la durata di due mesi del veicolo condotto da persona con patente scaduta di validità; una sanzione accessoria che appare certamente come assai rigorosa e prevista in misura fissa, ma non tale da attingere ad una violazione dell’art. 3 Cost. sotto il profilo del principio di ragionevolezza; 

che, come questa Corte ha già affermato, detta sanzione accessoria risulta essere coerente con la finalità, perseguita in generale dal sistema sanzionatorio del codice della strada, di dare una risposta effettiva ed immediata alle  condotte potenzialmente pericolose (ordinanza n. 278 del 2001);

che nessuna comparazione può essere fatta, ai fini dello scrutinio di legittimità costituzionale della disposizione impugnata – sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza – fra le sanzioni previste dall’art. 126 del cod. strada per la guida con patente scaduta di validità e quelle di cui agli artt. 128, 186 e 187 dello stesso codice, indicate dal Giudice di pace di Sorgono, trattandosi di condotte diverse per le quali la legge prevede, non irragionevolmente, conseguenze diverse (cfr. ordinanza n. 136 del 2002); 

che tutte le questioni sollevate dalle odierne ordinanze sono perciò manifestamente inammissibili o manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 214,  commi 1 e 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Conegliano con le ordinanze in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione, dal Giudice di pace di Conegliano, dal Giudice di pace di Sorgono e dal Giudice di pace di Cividale del Friuli con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2003.