Ordinanza n. 83/2003

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ORDINANZA N.83

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Ugo DE SIERVO     

- Romano VACCARELLA    

- Paolo MADDALENA                     

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 159, 253 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), promosso con ordinanza del 17 aprile 2001 dal Tribunale di Reggio Calabria, sezione distaccata di Melito Porto Salvo, nei procedimenti civili riuniti vertenti tra il Comune di Ischia e la Grafica Nappa s.n.c., iscritta al n. 831 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2003 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio di opposizione ad una esecuzione mobiliare presso terzi, il Tribunale di Reggio Calabria – sezione distaccata di Melito Porto Salvo – con ordinanza del 17 aprile 2001 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 159, 253 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali);

che il rimettente - premesso che il debitore Comune di Ischia ha eccepito la improcedibilità e la inammissibilità dell’esecuzione per essere stato il pignoramento eseguito presso soggetto diverso dal suo tesoriere e nonostante il proprio stato di dissesto - dà conto di aver già sollevato, nell’ambito del medesimo giudizio, questione di legittimità costituzionale degli artt. 81 e seguenti del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali), definita dalla Corte costituzionale, a seguito della entrata in vigore del d.lgs. n. 267 del 2000 che aveva sostituito le disposizioni allora censurate, con ordinanza n. 8 del 2001 di restituzione degli atti al giudice a quo per il riesame della rilevanza della questione;

che, secondo il rimettente, l’art. 159 del d.lgs. n. 267 del 2000, avente contenuto identico all’art. 113 del d.lgs. n. 77 del 1995, non ammettendo procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri, risulterebbe lesivo degli artt. 3 e 24 della Costituzione, derogando "al principio della responsabilità globale del debitore che, anche se esercente un funzione pubblica, non può sottrarre beni e somme" alla garanzia dei creditori, se non nei limiti in cui sono destinati a pubblico servizio "per disposizione di legge od atto amministrativo";

che il rimettente ritiene in contrasto con gli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione anche gli artt. 253 e seguenti ed in particolare l’art. 254 del d.lgs. n. 267 del 2000, nella parte in cui, nel disciplinare la procedura volta al risanamento degli enti locali per i quali sia intervenuta dichiarazione di dissesto, "non prevede espressamente e/o non imponga alla C.S.L. termini perentori, ma semplicemente dilatori per il completamento della procedura di dissesto";

che, secondo il rimettente, la normativa in esame, fissando termini "semplicemente dilatori", sarebbe lesiva del principio della par condicio creditorum e del diritto di difesa e finirebbe, inoltre, per sottrarre il creditore al suo giudice naturale poiché "l’eventuale contraddittorio (sarebbe) limitato alla verifica dell’ammissione del credito da parte di un organo amministrativo e non dall’A.G. ";

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;

che, la difesa pubblica, riguardo alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 159 del d.lgs. n. 267 del 2000, rileva che la inammissibilità di procedure esecutive in danno degli enti locali in forme diverse dalla esecuzione presso i rispettivi tesorieri è strumentale alla effettiva attuazione del "principio (...) dell’impignorabilità delle somme di denaro specificamente destinate ad un pubblico servizio";

che, quanto agli artt. 253 e seguenti del Testo unico citato, l’Avvocatura, ricordato che la Corte costituzionale ha già positivamente scrutinato la normativa relativa al risanamento degli enti locali dissestati, osserva che la mancata previsione di termini perentori entro i quali l’organo straordinario di liquidazione debba svolgere i propri compiti non contrasta né con l’art. 3 né con l’art. 24 della Costituzione, in quanto la perentorietà del termine comporterebbe, dopo la sua scadenza, la decadenza dell’organo liquidatorio dal potere di agire, con conseguente paralisi della procedura ed impossibilità di pagare i creditori dell’ente dissestato;

che, secondo la difesa pubblica, mentre l’organo di liquidazione incorrerebbe in responsabilità in caso di violazione dei suoi doveri, i creditori dell’ente, come del resto già evidenziato dalla Corte costituzionale, sarebbero, comunque, avvantaggiati dallo svolgimento della procedura di dissesto, avendo, in tal modo, maggiore possibilità di vedere realizzato il proprio credito, senza essere pregiudicati dalla durata della procedura, potendo, comunque, agire in sede giudiziale, tornato l’ente in bonis, per il pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria.

Considerato che, in riferimento alla censura rivolta agli "artt. 253 e ss. ed in particolare, nel caso di specie, (all’art.) 254" del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), il rimettente lamenta il fatto che la disciplina in questione non fisserebbe termini perentori per la conclusione della procedura di risanamento degli enti locali in stato di dissesto;

che tale censura è manifestamente inammissibile, non dovendo il giudice rimettente fare applicazione della normativa censurata;

che, per quanto concerne l’affermato contrasto dell’art. 159 del d.lgs. n. 267 del 2000 con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, deve preliminarmente osservarsi che la norma in questione riproduce senza sostanziali modifiche l’art. 113 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, il quale, a sua volta, trae origine dal comma 1-bis dell’art. 11 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge n. 68 del 19 marzo 1993, disposizione quest’ultima posta a base del giudizio di opposizione alla esecuzione nell’ambito del quale è stata sollevata la presente questione di costituzionalità;

che può, in tal senso, affermarsi la rilevanza della questione, non implausibilmente trasposta dal rimettente sulla norma ora vigente;

che, tuttavia, la norma censurata, limitandosi a fissare una semplice modalità della azione esecutiva, evidentemente funzionale alla esigenza di imprimere – secondo quanto previsto dai commi 2 e 3 della stessa norma – una specifica destinazione alle risorse finanziarie dell’ente locale a tutela dell’interesse pubblico, non risulta di per sé lesiva né del diritto di agire in giudizio né del principio di eguaglianza garantito dall’art. 3 della Costituzione;

che, per le considerazioni esposte, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e l’art. 9 secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Calabria, sezione distaccata di Melito Porto Salvo, con l’ordinanza in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 159 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Calabria, sezione distaccata di Melito Porto Salvo, con la medesima ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2003.