Sentenza n. 508/2002

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SENTENZA N. 508

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO                      Presidente

- Riccardo                     CHIEPPA                        Giudice

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                 "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                          NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                      "

- Giovanni Maria          FLICK                                               "

- Francesco                    AMIRANTE                          "

- Ugo                             DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                   "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 5 luglio 2000 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’onorevole Vittorio Sgarbi nei confronti del dottor Agostino Cordova, promosso con ricorso del Tribunale di Salerno – I sezione penale, notificato il 20 agosto 2001, depositato in cancelleria il 6 settembre 2001 ed iscritto al n. 31 del registro conflitti 2001.

Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nell’udienza pubblica del 9 luglio 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

udito l’avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 15 gennaio 2001, emessa nel corso dell’udienza dibattimentale del giudizio penale a carico del deputato onorevole Vittorio Sgarbi per il reato di cui agli articoli 13 e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, in relazione all’art. 30 della legge 6 agosto 1990, n. 223, il Tribunale di Salerno, I sezione penale, in composizione monocratica, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, chiedendo che sia dichiarato "che non spetta alla Camera dei deputati affermare, secondo quanto dalla stessa deliberato nella seduta del 5 luglio 2000, la insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato on. Vittorio Sgarbi, in quanto estranee alla previsione dell’art. 68, primo comma, della Costituzione" e, conseguentemente, che venga annullata "la predetta deliberazione adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 5 luglio 2000 (atti Camera, doc. IV-quater, n. 141)".

Il Tribunale di Salerno premette che i fatti per cui si procede penalmente contro l’on. Sgarbi si concretano - secondo il capo di imputazione - in talune affermazioni ritenute offensive della reputazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, dottor Agostino Cordova, pronunciate nel corso della trasmissione televisiva "Sgarbi quotidiani", andata in onda il 25 novembre 1995 in prima visione ed il giorno successivo in replica.

Nell’atto di promovimento del conflitto sono riportate le seguenti dichiarazioni dell’on. Sgarbi: "va criticata la Procura di Napoli che, per perseguire teoremi e corruzioni di politici e visioni, forse anche fondate in qualche principio logico del Procuratore di Napoli, ha però lasciato, come osserva lo stesso vice Presidente della Camera Violante, non perseguiti i reati comuni e criminalità che porta violenza e morte alle persone! Quindi è omissione in molti casi della giusta attenzione ai reati veri […]".

Il ricorrente - rammentato l’orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo il quale il nesso funzionale tra le opinioni espresse ed il mandato parlamentare consente di estendere l’efficacia della prerogativa di cui all’art. 68 Cost. anche alle opinioni espresse all’esterno della sede istituzionale, purché le stesse si atteggino come atti divulgativi dell’attività parlamentare espletata - osserva che, nel caso di specie, "il contesto in cui le dichiarazioni risultano rese ed il contenuto di apprezzamento critico in cui si risolvono impediscono di condividere le affermazioni difensive circa l’immediata riferibilità delle espressioni in contestazione alle funzioni parlamentari svolte dall’on. Vittorio Sgarbi, riflettendo le stesse giudizi personali espressi dal prevenuto nella veste privatistica di commentatore televisivo".

La impugnata delibera di insindacabilità invece dilaterebbe "la garanzia dell’immunità" sino a "comprendere ogni dichiarazione, giudizio o critica aventi valenza politica espressi da un membro del parlamento", sì da esaurirne la portata ed il significato "in un contesto meramente personale e soggettivo" e da sovvertire, pertanto, "la prospettiva privilegiata dalla Carta costituzionale, che rapporta le guarentigie in commento alla funzione esercitata e non già alla persona fisica".

Né il "collegamento funzionale" potrebbe ravvisarsi, secondo il Tribunale di Salerno, nei "generici riferimenti contenuti nella relazione della Giunta agli apprezzamenti critici della politica giudiziaria di alcune procure svolti dall’imputato nel corso di non meglio precisati lavori parlamentari", difettando il richiamo ad atti tipici della funzione svolta dall’on Sgarbi di cui le espressioni in imputazione risulterebbero veicolo di divulgazione e, sotto altro profilo, mancando un riferimento specifico alla vicenda oggetto del giudizio.

2. Questa Corte, con ordinanza n. 310 del 2001, ha dichiarato ammissibile il conflitto, fissando il termine per i conseguenti adempimenti in rito, tutti puntualmente soddisfatti.

3. Nel giudizio si è costituita la Camera dei deputati, chiedendo preliminarmente che questa Corte dichiari "irricevibile ovvero inammissibile" il conflitto.

La Camera osserva che lo stesso giudice ricorrente avrebbe ammesso che la verifica del collegamento tra le dichiarazioni esterne e gli atti parlamentari postulerebbe una conoscenza dell’attività parlamentare che egli non ha acquisito.

Secondo la Camera, con la esplicita affermazione della parzialità ed insufficienza della propria conoscenza, il ricorrente avrebbe proposto un atto introduttivo "sviato dalla funzione processuale che gli è propria", un atto che assumerebbe carattere perplesso e che sarebbe diretto ad aprire un conflitto in via puramente ipotetica e virtuale

Ad avviso della Camera, il conflitto sarebbe comunque infondato.

In particolare, la difesa della resistente puntualizza che dalle argomentazioni svolte dalla Giunta in sede di relazione risulterebbe l’intento di sottolineare che nelle ipotesi, come quella in esame, di affermazioni critiche di parlamentari, sebbene esterne, ad alto tasso di generalità e che investano le modalità di funzionamento di uffici pubblici, sarebbe riduttivo ravvisare manifestazioni di pensiero pure e semplici: tali dichiarazioni si caricherebbero di una "valenza istituzionale" che consentirebbe di ricondurle in definitiva all’esercizio - sia pure in forme diverse da quelle canonizzate dall’ordinamento parlamentare - di quell’attività ispettiva che è spettanza dell’organo parlamentare e dei suoi membri, e che con particolare intensità ne qualificherebbe la posizione nel quadro costituzionale rispetto al funzionamento delle amministrazioni dello Stato.

La Camera ricorda, a riprova del suo assunto, la vicenda complessiva nella quale le dichiarazioni dell’on. Sgarbi andavano ad iscriversi, con particolare riferimento alle pesanti critiche avanzate dal vice Presidente della Camera, on. Violante, nei riguardi del Procuratore della Repubblica di Napoli nel corso di un’intervista radiofonica.

Inoltre – osserva ancora la difesa della Camera - nella relazione della Giunta si era dato conto che l’on. Sgarbi, in numerosissime occasioni, intervenendo nel corso dei lavori parlamentari, aveva criticato alcuni aspetti della politica giudiziaria di alcune procure e aveva posto in rilievo le distorsioni che potevano derivare da un cattivo uso degli strumenti dell’azione penale.

La difesa della Camera dei deputati richiama, in particolare, l’interrogazione presentata dall’on. Vittorio Sgarbi in data 17 gennaio 1995, n. 4/06668, nella quale, rivolgendosi al Ministro di grazia e giustizia, si chiedevano chiarimenti in ordine ad una preoccupante vicenda che aveva investito "l’ex Procuratore della Repubblica di Palmi, spesso al centro dell’attenzione per indagini sulla massoneria, ma certamente non altrettanto presente, anzi quasi del tutto assente, su un fronte assai più serio, delicato e grave: quello della "ndrangheta"".

Ad avviso della Camera, questa interrogazione, in considerazione dell’identità del destinatario e dei contenuti critici esposti e attesa la quasi perfetta consonanza letterale, costituirebbe l’atto squisitamente parlamentare al quale si correlano le dichiarazioni rese in via successiva nella trasmissione televisiva. Tenuto altresì conto che della questione della Procura della Repubblica di Napoli la Camera stessa si è, nella sua attività ispettiva, più volte occupata, risulterebbe dimostrata l’esistenza di un ampio dibattito parlamentare sui temi oggetto delle attuali dichiarazioni dell’on. Sgarbi.

4. Nella immediatezza dell’udienza pubblica la Camera dei deputati ha ritualmente depositato una memoria, con la quale insiste nelle conclusioni formulate nell’atto di costituzione.

Considerato in diritto

1. Il Tribunale di Salerno, dinanzi al quale pende procedimento penale avente ad oggetto le dichiarazioni ritenute diffamatorie espresse nei confronti del dottor Agostino Cordova, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, dall’onorevole Vittorio Sgarbi, all’epoca dei fatti componente della Camera dei deputati, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, che con delibera del 5 luglio 2000 (documento IV-quater, n. 141), accogliendo la conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha dichiarato l’insindacabilità di queste dichiarazioni, a norma dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione.

Ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso è stato dichiarato ammissibile, in sede di preliminare delibazione, con l’ordinanza n. 310 del 2001, che è stata ritualmente notificata e depositata.

L’ammissibilità del ricorso deve essere confermata in questa fase di giudizio, nella quale anche la Camera dei deputati, costituendosi, ha potuto controdedurre. E’ quindi possibile passare all’ esame del merito.

2. Il ricorso è fondato.

Il comportamento del deputato Sgarbi che ha dato origine all’attuale controversia costituzionale risale alla trasmissione televisiva "Sgarbi quotidiani", andata in onda sulla emittente Canale 5 il giorno 26 novembre 1995, nel corso della quale egli ha affermato: "Va criticata la Procura di Napoli che, per perseguire teoremi e corruzioni di politici e visioni forse anche fondate in qualche principio logico del Procuratore di Napoli, ha però lasciato, come osserva lo stesso Vice Presidente della Camera Violante, non perseguiti i reati comuni e criminalità che porta violenza e morte alle persone! Quindi è omissione in molti casi della giusta attenzione ai reati veri".

Diffamatorie o meno che siano tali affermazioni, il compito di questa Corte, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, è limitato alla verifica se esse, ancorché rese al di fuori della sede istituzionale, siano collegate ad attività proprie del parlamentare; costituiscano cioè espressione della sua funzione o ne rappresentino il momento di divulgazione all’esterno.

Se questo è il criterio che deve essere assunto per la definizione del conflitto, va innanzi tutto confutata la motivazione con la quale la Giunta per le autorizzazioni a procedere in data 4 luglio 2000 ha avanzato la proposta, poi accolta dall’Assemblea con la deliberazione impugnata, di considerare le dichiarazioni del deputato Sgarbi alla stregua di "opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni".

Tale motivazione procede da una accezione assai ampia dell’immunità di cui si parla, nella quale si vorrebbe inclusa anche "una critica di natura politica rivolta a determinate scelte di "politica giudiziaria"". A ragione il ricorrente rileva che la riconducibilità del comportamento del deputato al diritto di critica politica e la sua concreta configurabilità come espressione della libera manifestazione del pensiero, garantita ad ogni cittadino dall’art. 21 della Costituzione, con possibile effetto scriminante nel processo (art. 51 del codice penale), appartengono alla cognizione del giudice e non possono costituire la base di un giudizio di insindacabilità ex art. 68, primo comma, Cost.

Deve essere infatti tenuto fermo che altro è la libertà di critica della quale tutti sono titolari, altro è la prerogativa che la Costituzione, onde preservare una sfera di libertà ed autonomia delle Camere, riserva ai parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni. Se privata del suo specifico orientamento finalistico, tale prerogativa si trasformerebbe in un inaccettabile privilegio personale a favore dei membri delle Camere, le cui manifestazioni verrebbero ad essere sempre affrancate dalle comuni regole dello Stato di diritto (cfr., sentenza n. 379 del 1996). E’ invece proprio sulla natura divulgativa di attività parlamentari che la giurisprudenza di questa Corte si è attestata per individuare, tra le molteplici esternazioni che anche gli appartenenti alle Camere hanno occasione di compiere, quelle che sono coperte dall’immunità di cui al primo comma dell’art. 68 Cost.

Né rileva, in questa sede, l’osservazione della Giunta secondo la quale l’affermazione del deputato Sgarbi sarebbe "di tenore assolutamente generale e certamente non diretta verso specifiche persone". A prescindere dall’esattezza in fatto di questa valutazione, l’ipotesi che si trattasse di diffusione di attività parlamentari compiute dal deputato non è stata neppure adombrata nella motivazione della proposta della Giunta; tale non può essere infatti ritenuto il generico riferimento alle non specificate occasioni in cui il deputato, "intervenendo nel corso dei lavori parlamentari, ha criticato alcuni aspetti della politica giudiziaria di alcune procure e ha posto in rilievo le distorsioni che possono derivare da un cattivo uso degli strumenti dell’azione penale". Nulla di specifico o di circostanziato: l’avverbio "peraltro", che precede questo breve passo della motivazione, denota il carattere marginale che si attribuiva all’argomento e giustifica la determinazione del Tribunale di Salerno, di fronte ad allegazioni palesemente generiche e irrilevanti, di promuovere conflitto di attribuzione.

3. E’ certo vero che, come ricorda la difesa della Camera richiamando la sentenza n. 11 del 2000, la Corte non può limitarsi ad esaminare la congruità delle motivazioni adottate dalla Camera di appartenenza, ma, dovendo giudicare sul rapporto tra le rispettive sfere di attribuzione dei poteri confliggenti, deve spingersi ad accertare se, in concreto, l’espressione della opinione in questione possa ricondursi alla garanzia dell’art. 68, primo comma, Cost. E tuttavia proprio la documentazione offerta dalla difesa della Camera conferma l’inesistenza di attività parlamentari delle quali le dichiarazioni del deputato costituissero divulgazione. Non può essere considerata tale l’interrogazione a risposta scritta presentata il 17 gennaio 1995 al n. 4/06668. In essa l’onorevole Sgarbi si riferisce all’attività svolta dal dottor Cordova quale capo della Procura della Repubblica di Palmi, mentre la dichiarazione che ha dato luogo all’attuale conflitto investe l’attività del Cordova quale capo della Procura della Repubblica di Napoli. Neppure l’interpretazione più lata della garanzia della insindacabilità potrebbe indurre a ritenere che un atto parlamentare contenente la denuncia di un fatto possa rendere immuni dichiarazioni che contengono valutazioni su un fatto diverso, ancorché riferito alla medesima persona.

4. Le ulteriori allegazioni della Camera investono la questione se un deputato possa giovarsi, ai fini della non sindacabilità di sue dichiarazioni, dell’attività ispettiva posta in essere sul medesimo tema da altri membri delle Camere. Tale questione non necessita di essere trattata nella presente controversia, giacché nessuno degli atti ispettivi ai quali la difesa della Camera dei deputati fa riferimento sarebbe comunque idoneo, in ragione del suo contenuto, ad offrire copertura parlamentare alle affermazioni dello Sgarbi. In nessuno di essi, infatti, ci si spinge ad affermare che il Procuratore della Repubblica di Napoli abbia omesso di perseguire i reati.

Deve quindi concludersi che la Camera dei deputati, nel votare la insindacabilità delle dichiarazioni di cui si tratta, ha violato l’art. 68, primo comma, della Costituzione, e ha leso in tal modo le attribuzioni della autorità giudiziaria ricorrente.

La delibera di insindacabilità deve, pertanto, essere annullata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta alla Camera dei deputati deliberare che i fatti per i quali è in corso presso il Tribunale di Salerno il procedimento penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi, di cui al ricorso in epigrafe, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione;

annulla, per l’effetto, la deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 5 luglio 2000.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2002.