Ordinanza n. 262/2002

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ORDINANZA N. 262

ANNO 2002

 

Commento alla decisione di Alice Baradello nella Rivista telematica Lexitalia.it

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 10, della legge 19 ottobre 1999, n. 370 (Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica), promosso con ordinanza emessa il 7 marzo 2001 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Daniela Zangrilli e altri contro l’Università degli studi di Roma "Tor Vergata" e altri, iscritta al n. 858 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visti l’atto di costituzione di Maurizio Balducci e altri nonchè gli atti di intervento di Rita Bella e altri e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 9 aprile 2002 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

uditi l’avvocato Piero Biasiotti per Maurizio Balducci e altri e l’avvocato dello Stato Nicola Bruni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza del 7 marzo 2001, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 10, della legge 19 ottobre 1999, n. 370 (Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica), che così dispone: "Al personale di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990, n. 341. Il suddetto personale é ricompreso nelle dizioni previste dall’articolo 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato";

che nel giudizio pendente dinanzi al TAR, i ricorrenti, tecnici laureati medici e odontoiatri, funzionari tecnici e collaboratori tecnici, tutti in servizio presso l’Università degli studi di Roma "Tor Vergata" e svolgenti funzioni assistenziali, hanno impugnato un atto dell’amministrazione universitaria con il quale é stata rigettata una loro istanza rivolta a ottenere l’inquadramento nel ruolo dei ricercatori universitari confermati;

che detta istanza, e il successivo ricorso giurisdizionale – secondo quanto si riferisce nell’ordinanza di rimessione –, si basano sulla tesi secondo la quale l’art. 8, comma 10, della legge n. 370 del 1999 sarebbe il punto di arrivo di una evoluzione normativa che avrebbe determinato la totale equiparazione delle situazioni che costituiscono lo status giuridico del personale in questione e di quelle relative alla categoria dei ricercatori universitari, determinando in tal modo il titolo a ottenere il richiesto inquadramento nella medesima categoria;

che il TAR rimettente, svolgendo una complessiva disamina della normativa, esclude che la citata norma possa avere il significato, a essa attribuito dai ricorrenti, di piena e conclusiva equiparazione della categoria dei tecnici laureati medici ai ricercatori universitari;

che il rimettente osserva specificamente che: (a) la figura del tecnico laureato é stata istituita nell’università con la specifica funzione di coadiuvare i docenti per il funzionamento dei laboratori, con la corrispondente responsabilità delle attrezzature scientifiche e con il compito di direzione dell’attività del personale tecnico non laureato assegnato ai laboratori [art. 35 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchè sperimentazione organizzativa e didattica)]; (b) la legge n. 341 del 1990, nello stabilire (art. 12) i compiti didattici affidati ai ricercatori universitari (affidamenti e supplenze di corsi e moduli, partecipazione alle commissioni di esame, relazione di tesi di laurea, copertura di insegnamenti sdoppiati), ha altresì disposto (art. 16) l’estensione di detti compiti ai tecnici laureati in possesso dei requisiti di cui all’art. 50 del d.P.R. n. 382 del 1980 alla data di entrata in vigore di quest’ultimo decreto, cioé ai tecnici laureati che - entro la data del 1° agosto 1980 - avessero svolto un triennio di attività scientifica e didattica; (c) per effetto dell’anzidetta estensione, ai tecnici laureati aventi i requisiti richiesti sono stati affidati, tramite una norma di rinvio, i medesimi compiti di docenza già assegnati ai ricercatori, sia quelli di cui alla medesima legge n. 341 sia quelli già in precedenza elencati nel contesto dello stesso d.P.R. n. 382 del 1980, cioé compiti didattici integrativi, esercitazioni, cicli di lezioni interne e attività di seminario (art. 32 del d.P.R. n. 382), e ciò in aggiunta alle funzioni assistenziali svolte di fatto dal personale in questione nelle facoltà di medicina, per la carenza di personale medico; (d) l’art. 6, comma 5, del decreto legislativo di riforma sanitaria 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) – norma che definisce i soggetti destinatari della disposizione oggi sospettata di incostituzionalità - ha stabilito, con una previsione di sostanziale sanatoria di situazioni consolidatesi di fatto, che nelle strutture delle facoltà mediche il personale laureato medico e odontoiatra di ruolo delle aree tecnico-scientifica e socio-sanitaria, in servizio alla data del 31 ottobre 1992, dovesse svolgere anche le funzioni assistenziali; (e) il progressivo accostamento funzionale dei tecnici laureati ai ricercatori é espresso da ulteriori disposizioni, come l’art. 73, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), che consente al personale tecnico laureato l’iscrizione agli ordini professionali, e come l’art. 1, comma 6, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), che estende allo stesso personale la disciplina in tema di attività libero-professionale intra ed extra-muraria;

che, secondo il rimettente, l’art. 8, comma 10, della legge n. 370 del 1999 va oltre la disposizione di "estensione" ai tecnici laureati dei compiti dei ricercatori, quale precedentemente posta dalla legge n. 341 del 1990 (legge oggetto di testuale richiamo a opera della prima), poichè comprende il personale tecnico laureato "in servizio alla data del 31 ottobre 1992", in tal modo prescindendo dal requisito del triennio di attività scientifica e didattica richiesto invece dalla citata legge n. 341;

che, posto l’anzidetto quadro normativo, il TAR esclude che all’art. 8, comma 10, della legge n. 370 del 1999 possa riconoscersi l’effetto di determinare la piena e totale equiparazione di status tra le due categorie, dei tecnici laureati dell’area medica e dei ricercatori, come vorrebbero i ricorrenti nel giudizio principale, e ciò per il dato letterale della norma; per l’esigenza inoltre, anche in rapporto al principio di buon andamento dell’amministrazione, di una chiara e precisa disposizione di "assimilazione", disposizione che non é stata adottata e che sarebbe comunque incongruente con l’intervento legislativo, di pochi mesi anteriore (legge 14 gennaio 1999, n. 4), che aveva previsto l’inquadramento del personale tecnico laureato nei ruoli di ricercatore attraverso procedure concorsuali riservate, onde un inquadramento ope legis quale quello che i ricorrenti prospettano si porrebbe quale elemento di irrazionalità e di discriminazioni all’interno di una medesima categoria, beneficiando alcuni e penalizzando altri; infine, per il previsto impegno nel senso dell’assenza di oneri di bilancio;

che muovendo dalla suddetta lettura, che condurrebbe al rigetto dei ricorsi proposti, il giudice rimettente dubita della costituzionalità del citato art. 8, comma 10, poichè, in presenza del quadro legislativo complessivo sopra esposto e della sostanziale equiparazione di compiti tra le due categorie nell’ambito della medesima struttura organizzativa dell’università, la mancata piena identificazione di status e di trattamento giuridico ed economico appare al TAR in contrasto (a) con il principio di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), sia per l’ingiustificata differenziazione che tuttora sussiste tra i tecnici laureati e i ricercatori, nonostante la riferita progressiva assimilazione, sia per l’incoerenza del mancato collocamento dei primi in una posizione formale corrispondente alle funzioni effettivamente svolte e affidate dalla legge, e (b) con l’art. 97 della Costituzione, per la sperequazione consistente nell’addossare a una categoria di personale (i tecnici laureati) compiti spettanti in origine a un’altra categoria (i ricercatori) senza riconoscere la complessiva disciplina di status riservata a quest’ultima, ciò che non risponderebbe alle esigenze di buon funzionamento dell’amministrazione universitaria;

che la rilevanza della questione, conclude il TAR, é nella necessità della pronuncia additiva richiesta quale unica possibile premessa giuridica del soddisfacimento delle pretese dei ricorrenti;

che é intervenuto nel giudizio così promosso il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che (a) valorizzando il carattere eccezionale e come tale non estensibile della norma impugnata; (b) osservando che l’affidamento di funzioni mediche e assistenziali ai tecnici laureati non é influente ai fini del problema posto (perchè l’esercizio della didattica non autorizza ex se un organico inserimento nella docenza universitaria, e inoltre perchè l’esercizio delle funzioni assistenziali si collega alle attività già in precedenza svolte dai tecnici laureati medici nell’area specifica della medicina e chirurgia, cosicché divengono ininfluenti, ai fini che interessano, l’iscrizione agli albi professionali o la disciplina dell’incompatibilità con l’attività extra-muraria); (c) infine rilevando che all’accoglimento della richiesta additiva del TAR così come prospettata osta la circostanza che essa si porrebbe in sostanza come una forma di inquadramento ope legis, senza alcun criterio selettivo idoneo ai fini delle determinazioni dell’amministrazione circa la distribuzione del personale docente nei diversi settori scientifico-disciplinari, ha concluso per una dichiarazione di infondatezza della questione;

che si sono costituiti nel giudizio Maurizio Balducci, Francesco Giacomello, Giulio Sacchetti, Edoardo Valli, Francesco Russo, Filippo Milano, Placido Araco, Cristina De Marchis, Claudia Di Domenico, Maria Paola Canale, Claudio Manna, Raffaele Mancino, Andrea Corsi, Anna Neri e Marzia Lazzari, ricorrenti nel giudizio principale, i quali, facendo proprie le censure di disparità di trattamento e di contrasto con il principio di buon andamento dell’amministrazione dedotte dal TAR, hanno concluso per l’accoglimento della questione di costituzionalità;

che hanno depositato atto di intervento in giudizio Rita Bella, Vito Sofia, Francesco Patti, Ignazio Vecchio, Alfio Antonio Grasso, Roberto Catanzaro, Giuseppe Trama, Pietro Caglià, Agata Sciacca, Vito Emanuele Catania, Salvatore Luca, Rosaria Sorace, Pietro Naso, Rosaria Furnari, Domenico Grasso, Calogero Rinzivillo, Tiziana Maria Di Prima, Ildebrando Patamia, Luigi Samperisi, Antonio Carbonaro, Salvatore Bellanca, Giuseppa Rosalia, Mario Trainiti, Maria Elisabetta Ferreri, Giovanni Cantarella, Liliana Ciotta, Salvatore Ferlito, Venera Giuseppa Ursino, Antonino Petralia, Maria Domenica Di Vita, Biagio Di Stefano e Maria Teresa Bruno, dipendenti dell’Università degli studi di Catania con la qualifica di funzionari tecnici e di collaboratori tecnici dell’area tecnico-scientifica e socio-sanitaria, laureati in medicina e chirurgia e in odontoiatria, i quali, sulla premessa di avere ottenuto dai competenti organi di giurisdizione amministrativa di primo grado pronunce di accoglimento dei ricorsi da essi proposti contro il rifiuto dell’amministrazione universitaria di riconoscere loro il pieno e integrale status di ricercatori, e attraverso considerazioni di ordine sistematico, hanno dedotto (a), in via principale, l’inammissibilità della questione sollevata dal TAR, nell’assunto – opposto a quello da cui muove il giudice a quo sollevando la questione – che alla piena equiparazione di status tra tecnici laureati e ricercatori si possa pervenire già in base alla normativa in vigore, senza necessità della richiesta pronuncia additiva, come appunto si é finora verificato nei giudizi che li riguardano e (b), subordinatamente, l’accoglimento della questione sollevata;

che in prossimità dell’udienza l’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria oltre il termine stabilito dall’art. 10 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Considerato, preliminarmente, che l'intervento da parte di terzi nel giudizio sulla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge é regolato dal principio, più volte affermato da questa Corte, della necessaria corrispondenza tra le parti del giudizio incidentale di costituzionalità e quelle costituite nel giudizio principale (per tutte, ordinanza n. 183 del 2001), non rilevando l’eventuale partecipazione ad altri giudizi di identico o analogo oggetto;

che inoltre questa Corte ha ammesso l’intervento di soggetti che non sono parti del giudizio principale ma alla condizione che esso sia basato su una situazione giuridica individualizzata, riconoscibile quando l’esito del giudizio di costituzionalità sia destinato a incidere direttamente su una posizione giuridica propria della parte intervenuta (tra molte, sentenza n. 333 del 2001; ordinanza n. 456 del 2000);

che nel presente caso i soggetti che hanno spiegato intervento, i quali non rivestono la qualità di parti nel giudizio principale, sono portatori di un interesse puramente riflesso a una determinata decisione di questa Corte sulla questione sollevata, per le possibili conseguenze che la soluzione del presente giudizio costituzionale potrebbe assumere circa l’interpretazione e applicazione della disciplina denunciata, nell’ambito dei giudizi di merito pendenti - tra essi e l’amministrazione universitaria di appartenenza - dinanzi al giudice amministrativo;

che, pertanto, difettandone i necessari presupposti, l'intervento dei soggetti sopra elencati nella parte narrativa deve essere preliminarmente dichiarato inammissibile (tra molte, da ultimo: ordinanza del 22 maggio 2001, allegata alla sentenza n. 291 del 2001; ordinanza del 20 febbraio 2001, allegata alla sentenza n. 189 del 2001);

che, nel merito, il TAR del Lazio dubita della costituzionalità dell’art. 8, comma 10, della legge 19 ottobre 1999, n. 370 (Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica), in quanto detta disposizione - che estende ai tecnici laureati, (poi qualificati funzionari tecnici e collaboratori tecnici) dell’area tecnico-scientifica e socio-sanitaria in possesso del diploma di laurea in medicina e in odontoiatria, in servizio alla data del 31 ottobre 1992, le mansioni e i compiti didattici già attribuiti in generale ai tecnici laureati (in possesso del requisito di un triennio di attività didattico-scientifica, ex art. 50 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382) dagli artt. 12 e 16 della legge 19 novembre 1990, n. 341, in termini corrispondenti agli omologhi compiti assegnati ai ricercatori universitari dalla stessa legge n. 341 e cioé: affidamenti e supplenze di corsi e moduli, partecipazione alle commissioni di esame, relazione di tesi di laurea, copertura di insegnamenti sdoppiati – non porterebbe a compimento la propria ratio con la piena e definitiva equiparazione dello status giuridico ed economico dei tecnici laureati a quello dei ricercatori, in violazione dell’art. 3 della Costituzione, per l’ingiustificata differenziazione tra le due categorie, assimilate sotto l’aspetto funzionale, e per irragionevolezza della norma a fronte di un complessivo quadro normativo di progressivamente crescente sovrapposizione dei compiti affidati alle due categorie, incluse le funzioni assistenziali, nonchè in violazione dell’art. 97 della Costituzione, per essere affidata alla categoria dei tecnici laureati una funzione complessivamente analoga a quella propria dei ricercatori, ma senza la corrispondente perequazione, in contraddizione con le esigenze di buon andamento dell’amministrazione universitaria nel settore medico;

che, chiamata a pronunciarsi su analoga questione, riferita ai medesimi parametri costituzionali (oltre che all’art. 36 della Costituzione), concernente la mancata piena assimilazione dello status giuridico ed economico della categoria dei tecnici laureati a quella dei ricercatori a opera degli artt. 12 e 16 della legge n. 341 del 1990, i quali dispongono, rispettivamente, circa i compiti didattici affidati ai ricercatori universitari quali sopra indicati e circa l’"estensione" dei compiti medesimi ai tecnici laureati (in possesso del requisito di un triennio di attività scientifica e didattica, a norma dell’art. 50 del d.P.R. n. 382 del 1980; requisito sussistente anche se maturato in epoca successiva alla data del 1° agosto 1980 originariamente prevista dallo stesso d.P.R. n. 382, secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 10, della legge 14 gennaio 1999, n. 4), questa Corte ne ha dichiarato, con l’ordinanza n. 94 del 2002, la manifesta infondatezza;

che nella decisione resa al riguardo si é osservato, in particolare, che la premessa della questione di costituzionalità allora proposta – fondata sull’assunto secondo il quale, alla stregua della successione della normativa concernente le due categorie, si sarebbe determinata una totale sovrapposizione di compiti e di funzioni: onde la censura di illegittimità costituzionale – é contraddetta dal quadro normativo complessivo concernente le due categorie poste a raffronto, dei tecnici laureati e dei ricercatori;

che infatti alla parziale coincidenza di compiti per quanto riguarda l’attività didattica, alla quale esclusivamente le norme degli artt. 12 e 16 della legge n. 341 del 1990 (oggetto di richiamo a opera della norma oggi denunciata) fanno riferimento, si contrappone la persistente differenziazione per quanto riguarda i compiti primariamente assegnati alle due categorie in esame, cioé la ricerca, propria ed esclusiva dei ricercatori, e la direzione e gestione di laboratori, propria ed esclusiva dei tecnici laureati (ora funzionari tecnici delle categorie "D" o "EP" di cui all’accordo collettivo di settore 9 agosto 2000), secondo ciò che risulta, rispettivamente: (a) per i tecnici laureati, dalla legge 3 novembre 1961, n. 1255, che ha istituito la figura in questione; dall’art. 35 del d.P.R. n. 382 del 1980, che ne ha stabilito i compiti in connessione con l’assegnazione ai laboratori; dal d.P.C.m. 24 settembre 1981, che ne ha disposto l’inquadramento nella VIII qualifica dell’area tecnico-scientifica; dal citato accordo 9 agosto 2000, che ne ha stabilito la classificazione vigente nell’ambito del personale universitario; (b) per i ricercatori, dagli artt. 3 e 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, e 1 e 54 del d.P.R. n. 382 del 1980, che hanno istituito la categoria nell’ambito della "docenza universitaria", stabilendone le procedure di selezione concorsuale (poi regolate nel contesto dell’autonomia universitaria dagli artt. 1 e 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210), in rapporto specifico all’attitudine alla ricerca; dall’art. 32 del medesimo d.P.R. n. 382, che ne delinea i compiti; nonché da ulteriori norme che disciplinano altri aspetti del relativo trattamento giuridico (come la retribuzione, o la possibilità di opzione tra tempo pieno e tempo definito, a norma degli artt. 1 e 2 del decreto-legge 2 marzo 1987, n. 57, convertito con modificazioni dalla legge 22 aprile 1987, n. 158), sempre in correlazione con la funzione primaria di ricerca;

che, posto il suddetto complessivo quadro legislativo, non può riconoscersi alle norme degli artt. 12 e 16 della legge n. 341 del 1990 - nè conseguentemente all’art. 8, comma 10, della legge n. 370 del 1999 oggi impugnato, che a quelle fa richiamo – il carattere di disposizioni idonee a esaurire, identificandola, la disciplina dei compiti e delle funzioni dei tecnici laureati e dei ricercatori, poichè accanto a detta parziale sovrapposizione di compiti didattici continua a sussistere la essenziale differenziazione di fondo tra la ricerca e la direzione e gestione di laboratori, che dà ragione della esistenza delle due categorie;

che, una volta esclusa la premessa della piena identificazione funzionale tra le due figure, cade, con essa, la conseguenza della necessaria piena identificazione di status che il rimettente vorrebbe far derivare dalla disposizione censurata, la quale, nel contesto più ampio che sopra si é sintetizzato, si configura anch’essa come norma particolare, di (ulteriore, per l’ambito temporale che prende in considerazione) estensione dei compiti didattici propri dei ricercatori ai tecnici laureati dell’area medica, come del resto lo stesso TAR del Lazio rileva nella propria ordinanza;

che a contraddire le conclusioni raggiunte non possono valere, infine, le specifiche disposizioni legislative di settore, menzionate dal giudice a quo, concernenti i tecnici laureati dell’area medica: non l’art. 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (come sostituito dall’art. 7 del decreto legislativo correttivo 7 dicembre 1993, n. 517), il quale si limita ad attribuire le funzioni assistenziali al personale in questione, nella logica, più volte sottolineata da questa Corte, della stretta compenetrazione tra l’attività di assistenza ospedaliera e la funzione didattica (da ultimo, sentenze n. 71 del 2001, n. 136 e n. 134 del 1997) e con una disposizione di sanatoria di situazioni di fatto, come tale valevole solo de praeterito (tanto da disporre contestualmente l’esplicito divieto, de futuro, di assumere nel profilo del funzionario tecnico socio-sanitario i laureati in medicina e in odontoiatria); non gli artt. 73, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (che consente al personale in questione l’iscrizione negli ordini professionali), e 1, comma 6, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (che estende allo stesso personale la disciplina sull’attività extra-muraria), trattandosi di disposizioni di contorno sorrette dalla medesima compenetrazione tra assistenza e didattica;

che in conclusione deve escludersi la possibilità di seguire il ragionamento del TAR e di addivenire, tramite una pronuncia additiva, all’inquadramento automatico nella categoria dei ricercatori della distinta categoria degli ex-tecnici laureati, difettando di tale richiesta il presupposto, sia alla stregua dell’art. 3 della Costituzione, per le sopra rilevate diversità di disciplina e di compiti tra l’una e l’altra categoria, sia alla stregua dell’art. 97 della Costituzione, invocato in modo improprio in vista della mera attribuzione di miglioramenti di trattamento normativo e retributivo (per tutte, sentenza n. 273 del 1997);

che la questione di costituzionalità sollevata deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 10, della legge 19 ottobre 1999, n. 370 (Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2002.