Ordinanza n. 238/2002

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ORDINANZA N.238

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 del decreto-legge 28 marzo 2000, n. 70 (Disposizioni urgenti per il contenimento delle spinte inflazionistiche), convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio 2000, n. 137, promosso con ordinanza emessa il 24 gennaio 2001 dal Giudice di pace di Firenze nel procedimento civile vertente tra Giannini Vanna e La Fondiaria Assicurazioni S.p.A., iscritta al n. 303 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 2001.

Visti l'atto di costituzione della La Fondiaria Assicurazioni S.p.A. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 febbraio 2002 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi gli avvocati Stefano Grassi e Alessandro Pace per La Fondiaria Assicurazioni S.p.A. e l'avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile promosso da un assicurato, al fine di ottenere la condanna della compagnia assicuratrice alla restituzione della somma di lire 96.000, a titolo di differenza tra la tariffa effettivamente applicata sul contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore e la tariffa che si sarebbe dovuta applicare "tenendo conto di quanto stabilito" dall'art. 2 del decreto-legge 28 marzo 2000, n. 70 (Disposizioni urgenti per il contenimento delle spinte inflazionistiche), convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio 2000, n. 137, il Giudice di pace di Firenze ha sollevato, con ordinanza del 24 gennaio 2001, questione di legittimità costituzionale del menzionato art. 2, denunciandolo per contrasto con gli artt. 11 e 41 della Costituzione;

che il rimettente premette che "l'obbligo di approvazione preventiva delle condizioni e delle tariffe R.C. auto é venuto meno con il principio di liberalizzazione delle tariffe e delle polizze imposto da direttive comunitarie" e, in particolare, con l'art. 6 della direttiva n. 92/49 del 18 giugno 1992, laddove, inoltre, l'art. 29 della medesima direttiva "precisa che gli Stati membri possono prevedere la notifica preliminare o l'approvazione delle maggiorazioni delle tariffe, ma solo come elementi di un sistema generale di controllo dei prezzi";

che, ad avviso del giudice a quo, "nel caso in esame non appare che sussistano le condizioni richieste dalla succitata direttiva", giacchè il divieto di maggiorazione delle tariffe stabilito dal denunciato art. 2 non può considerarsi "come elemento di un sistema generale di controllo dei prezzi sia perchè non é compreso in alcun sistema, ma appare del tutto episodico; sia perchè la sua rilevanza non appare determinante ai fini di un effettivo contenimento dell'inflazione";

che, secondo il rimettente, attesa la "non compatibilità fra la norma comunitaria e la norma interna" denunciata, risulterebbe violato l'art. 11 della Costituzione; e ciò alla stregua dell'insegnamento di cui alla "sentenza della Corte costituzionale n. 170 del 1984, secondo la quale la disposizione nazionale in contrasto con la norma comunitaria serba intatto il suo valore e spiega la sua efficacia, ma soggiace al regime previsto per l'atto del legislatore ordinario, ivi incluso il controllo di costituzionalità";

che, inoltre, il giudice a quo sostiene che "il congelamento delle tariffe R.C. auto, previsto dal decreto-legge n. 70 del 2000, impone alle imprese assicuratrici una perdita forzosa che risulta in contrasto con le precedenti norme legislative sulla stabilità dei principi di liberalizzazione, imposti dalla direttiva 92/49 del 18 giugno 1992 e dal relativo decreto di attuazione n. 175 del 17 marzo 1995": donde il vulnus all'art. 41 della Costituzione, "che garantisce la libertà di scelta e di svolgimento delle attività economiche da interventi che le restringano in modo arbitrario";

che si é costituita La Fondiaria Assicurazioni S.p.A., parte convenuta nel giudizio a quo, per sentir dichiarare la fondatezza della sollevata questione;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la non fondatezza della questione stessa;

che, in prossimità dell'udienza, entrambe dette parti hanno depositato memorie illustrative, ribadendo, con ulteriori argomentazioni, le conclusioni rispettivamente rassegnate.

Considerato che il rimettente, nel sollevare la questione, pone in evidenza, nella descrizione della fattispecie oggetto della sua cognizione, unicamente che si controverte in ordine ad una richiesta di restituzione della maggior somma corrisposta, per l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile da circolazione di veicoli a motore, in forza della tariffa effettivamente applicata dalla compagnia assicuratrice rispetto alla tariffa che si sarebbe dovuta applicare, "tenendo conto di quanto stabilito" dalla disposizione denunciata;

che, in base a siffatta premessa, il giudice a quo, denunciando, nel suo complesso, l'art. 2 del decreto-legge n. 70 del 2000 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 137 del 2000), si duole, da un lato, del "divieto di maggiorazione delle tariffe", laddove invoca il parametro dell'art. 11 della Costituzione e deduce il contrasto con la normativa comunitaria; nonchè, dall'altro, del "congelamento delle tariffe R.C. auto", laddove denuncia la violazione dell'art. 41 della Costituzione;

che, invero, come é dato constatare dalla lettura della motivazione dell'ordinanza, il rimettente non sembra avvertire affatto il differente significato delle due locuzioni, le quali, in realtà, rispecchiano, nell'ambito dell'articolata disciplina posta dal comma 2 del denunciato art. 2, distinti disposti normativi, riguardanti diversa fattispecie;

che, inoltre, il censurato art. 2 ¾ il quale consta di più commi ¾ stabilisce, al comma 2-bis (introdotto dalla legge di conversione n. 137 del 2000), che le "disposizioni di cui al comma 2" si applicano, dalla data di entrata in vigore del decreto-legge convertito (e, dunque, retroattivamente), anche ai contratti relativi alle formule tariffarie di cui all'art. 12 della legge n. 990 del 1969, nonchè a talune determinate tipologie contrattuali (contratti offerti per telefono o per via telematica, contratti senza clausola di tacito rinnovo, etc.);

che, ancora, il comma 3 del medesimo art. 2, stabilisce il divieto, per un anno, di modificare il numero delle classi di merito, i coefficienti di determinazione del premio, nonchè le regole evolutive delle formule tariffarie;

che, pertanto, dall'ordinanza, non é dato evincere quale delle specifiche disposizioni del denunciato art. 2 risulti effettivamente applicabile alla fattispecie controversa nel giudizio a quo, con conseguente carente motivazione dell'atto di promovimento dell'incidente di costituzionalità in punto di rilevanza della questione;

che, al tempo stesso, occorre rilevare, sotto un ulteriore e diverso profilo, che il giudice a quo, nel sollecitare il sindacato sulla disposizione denunciata in riferimento alla dedotta violazione dell'art. 11 della Costituzione, richiama contraddittoriamente l'orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 170 del 1984, senza peraltro avvedersi che, con tale pronuncia, si é affermato ¾ diversamente da quanto opinato dallo stesso rimettente ¾ che soltanto al di "fuori dell'ambito materiale, e dai limiti temporali, in cui vige la disciplina comunitaria" può ritenersi che "la regola nazionale serba intatto il suo valore e spiega la sua efficacia", sì da renderla suscettibile anche dello scrutinio di costituzionalità, mentre, ove si ponga un problema di "non compatibilità" fra la norma comunitaria e la norma interna denunciata, il relativo controllo é lasciato alla cognizione del giudice interno (così la citata sentenza n. 170 del 1984);

che, dunque, alla luce delle argomentazioni che precedono, la questione é da dichiarare manifestamente inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del decreto-legge 28 marzo 2000, n. 70 (Disposizioni urgenti per il contenimento delle spinte inflazionistiche), convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio 2000, n. 137, sollevata, in riferimento agli artt. 11 e 41 della Costituzione, dal Giudice di pace di Firenze con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2002.