Sentenza n. 208 del 2002

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N.208

 

ANNO 2002

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Cesare                         RUPERTO                                                 Presidente

 

- Massimo                     VARI                                                           Giudice

 

- Riccardo                     CHIEPPA                                                          “

 

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                                             “

 

- Valerio                        ONIDA                                                              “

 

- Carlo                           MEZZANOTTE                                                “

 

- Guido                         NEPPI MODONA                                            “

 

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                                                     “

 

- Annibale                     MARINI                                                            “

 

- Giovanni Maria           FLICK                                                               “

 

- Francesco                    AMIRANTE                                                      “

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso con ordinanza emessa il 7 giugno 2001 dalla Corte d’appello di Roma, iscritta al n. 886 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2001.

 

Visti l’atto di costituzione della parte privata nel giudizio principale nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell’udienza pubblica del 26 marzo 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

 

uditi l’avvocato Santina Bernardi per la parte privata nel giudizio principale e l’avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. ¾ Nel corso di un giudizio di appello avverso una sentenza di primo grado, con la quale era stata rigettata una domanda tendente al riconoscimento del diritto alla iscrizione nello speciale elenco dei soggetti abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali, la Corte d’appello di Roma, sezione prima civile, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in cui abilita alla rappresentanza e difesa dinanzi alle commissioni tributarie i soggetti iscritti nei ruoli dei periti e degli esperti delle camere di commercio (sub-categoria tributi) alla data del 30 settembre 1993, precludendo tale abilitazione agli iscritti in data successiva.

La disposizione oggetto di censura, nel riconoscere l’abilitazione all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie ad una serie di categorie di professionisti, specificamente prevede che, «in attesa dell’adeguamento alle direttive comunitarie in materia di esercizio di attività di consulenza tributaria e del conseguente riordino della materia», sono abilitati all’assistenza tecnica i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioniere, limitatamente alle materie concernenti le imposte di registro, di successione, i tributi locali, l’imposta sul valore aggiunto (IVA), l’imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF), l’imposta locale sui redditi (ILOR) e l’imposta sui redditi delle persone giuridiche (IRPEG).

 

Secondo il remittente, la limitazione temporale introdotta dal d.lgs. oggetto di censura non sarebbe stata autorizzata dalla legge di delega, e comunque darebbe luogo ad una irragionevole discriminazione in danno di quanti, pur possedendo requisiti formali e sostanziali analoghi a quelli posseduti dai soggetti abilitati all’assistenza tecnica, si siano iscritti negli albi predetti in epoca successiva al 30 settembre 1993.

Quanto alla ipotizzata violazione dell’art. 76 Cost., il giudice a quo assume che la norma delegante faccia dipendere l’abilitazione tecnica dal solo requisito della iscrizione nei ruoli dei periti e degli esperti tenuti presso le camere di commercio, e dunque nega che da essa potesse desumersi l’autorizzazione ad introdurre, in sede di attuazione della delega, un requisito ulteriore qual è l’anzianità di iscrizione negli albi. La delimitazione temporale posta dall’art. 12 sarebbe anche discriminatoria, in quanto limiterebbe la facoltà difensiva di cui è questione non in base a requisiti professionali, ma secondo un criterio meramente temporale, e in tal modo introdurrebbe un regime giuridico irragionevolmente differenziato all’interno di una categoria di soggetti con caratteristiche omogenee. Non potrebbe rilevarsi in contrario, secondo il remittente, che la disciplina censurata è stata dichiaratamente adottata “in attesa dell’adeguamento alle direttive comunitarie in materia di esercizio di attività di consulenza tributaria e del conseguente riordino della materia”, in quanto il carattere transitorio della disciplina non varrebbe comunque a tenerla immune dai vizi di costituzionalità denunciati.

2. ¾ Si è costituita la parte privata nel giudizio principale, che ha integralmente aderito alle prospettazioni del giudice remittente ed ha concluso per la fondatezza della questione.

3. ¾ E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata, in quanto frutto di un lapsus calami. Osserva in proposito la difesa erariale che, nella sua formulazione originaria, la disposizione censurata non prevedeva la limitazione temporale della cui legittimità si dubita, la quale sarebbe stata introdotta solo successivamente, ad opera dell’art. 69 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 (Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’ILOR dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427. Non sussisterebbe dunque alcuna violazione della legge-delega, in quanto la norma del decreto legislativo sulla quale si incentra la questione di legittimità costituzionale non sarebbe stata introdotta in sede di attuazione della delega, ma risulterebbe dalle modifiche apportate da un atto fonte successivo di pari forza formale.

Inconsistente, secondo l’Avvocatura, sarebbe pure la censura di violazione dell’art. 3 della Costituzione. La fissazione di un termine ad quem per la iscrizione nei ruoli delle camere di commercio troverebbe infatti giustificazione, da un lato, nella tutela del contribuente, assicurata attraverso la indicazione dei requisiti professionali necessari per l’abilitazione alla difesa; dall’altro, nella salvaguardia delle posizioni lavorative di tutti i soggetti già abilitati alla difesa.

4. ¾ Con memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, la parte priva-ta, in replica ai rilievi della Avvocatura dello Stato, ha negato che il vizio di eccesso di delega possa dirsi superato per il fatto che la norma censurata sia contenuta in un decreto-legge successivamente convertito e non nel decreto legislativo attuativo della delega.

Ad avviso della difesa della parte si dimostrerebbe inoltre privo di consistenza l’argomento dell’Avvocatura per il quale la delimitazione temporale, della cui legittimi-tà si dubita, risponderebbe “all’esigenza di tutelare il contribuente, con l’individuazione di requisiti professionali specifici per i difensori abilitati”, in quanto i requisiti di ido-neità per la iscrizione nel ruolo sarebbero rimasti invariati nel tempo, sicché gli iscritti in data successiva al 30 settembre 1993, cui è preclusa l’abilitazione difensiva, versereb-bero in posizione identica ai soggetti abilitati sia quanto ai requisiti sostanziali di acces-so al ruolo, sia quanto alla capacità ed idoneità professionale.

 

Neppure potrebbe lo sbarramento temporale in discorso trovare fondamento nella necessità di conformarsi a norme comunitarie, in quanto in materia di esercizio di attività di consulenza tributaria non è stata ancora emanata alcuna normativa di fonte europea.

 

Considerato in diritto

 

1. ¾ La Corte d’appello di Roma, sezione prima civile, ha sollevato, in riferi-mento agli articoli 3 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del-l’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 di-cembre 1991, n. 413), nella parte in cui abilita alla rappresentanza e difesa dinanzi alle commissioni tributarie i soggetti iscritti nei ruoli dei periti e degli esperti delle camere di commercio (sub-categoria tributi) alla data del 30 settembre 1993, precludendo tale abilitazione agli iscritti in data successiva.

Il remittente assume che la delimitazione temporale in tal modo posta non sia au-torizzata dalla legge di delega 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento; di-sposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale) e comunque determini una irragionevole disparità di trattamento tra soggetti che sono in possesso di identici requi-siti professionali.

2. ¾ La questione non è fondata in riferimento a nessuno dei parametri invocati.

Quanto alla ipotizzata violazione della disciplina costituzionale della delegazione legislativa, essa appare frutto di una errata ricostruzione della sequenza normativa che ha condotto alla formulazione attuale della disposizione censurata. In effetti, il testo originario dell’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, il quale soltanto può for-mare oggetto di valutazione ai fini del rispetto della norma delegante [art. 30, comma 1, lettera i), legge n. 413 del 1991] e conseguentemente della rilevazione del dedotto vizio di eccesso di delega, nel conferire l’abilitazione alla assistenza tecnica innanzi alle com-missioni tributarie ad una serie di categorie di professionisti, non contemplava la cate-goria dei periti tributari. L’abilitazione dei cosiddetti “tributaristi” è sopravvenuta in forza dell’art. 69 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazio-ni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, che ha anche introdotto lo sbarramento tempo-rale di cui è questione. La disposizione oggetto del giudizio di costituzionalità è stata posta, all’evidenza, da un atto avente forza di legge successivo rispetto al decreto legi-slativo censurato, e quindi prevalente, in base al criterio della lex posterior. Trattandosi di una legge di conversione, essa non era in alcun modo vincolata al rispetto della legge di delega: il nesso che il remittente assume sussistere tra decreto legislativo e legge di delegazione è stato nella specie sciolto dalla legge sopravvenuta, che ha assunto in pro-prio la disciplina della abilitazione dei periti tributari. E’ quindi priva di fondamento la censura di eccesso di delega svolta sull’assunto che la norma delegante non autorizzasse alcuna delimitazione temporale.

3. ¾ Anche la censura relativa alla violazione del principio di eguaglianza deve essere respinta, per l’impossibilità di estendere al di là dei casi specificamente previsti la disciplina avente carattere eccezionale contenuta nella norma impugnata.

Per comprendere in quali termini questo carattere si presenti nella disposizione censurata è necessario rammentare che il testo originario del decreto legislativo non menzionava affatto la categoria dei periti tributari, facendo così sorgere, in sede parla-mentare, la preoccupazione che una categoria di lavoratori numericamente consistente (designata usualmente con il termine di “tributaristi”), che aveva fino ad allora eserci-tato funzioni di assistenza tecnica, fosse costretta ad interrompere una attività che prati-cava già da anni. La finalità di preservare uno status professionale ormai acquisito, che rendeva necessario un intervento in senso correttivo sul decreto legislativo n. 546 del 1992, era d’altronde contrastata dalla scelta generalmente condivisa di impedire la prosecuzione di una attività difensiva fondata su un titolo di abilitazione sulla legittimità del quale era stato avanzato più di un dubbio nella giurisprudenza amministrativa.

Il punto di mediazione tra tali contrapposte esigenze è stato raggiunto con la di-sposizione oggetto di censura. Le posizioni lavorative dei “tributaristi” sono state salva-guardate, non senza alcuni accorgimenti finalizzati alla tutela dell’interesse dei contri-buenti, parti nel processo tributario: in primo luogo si è previsto che debba trattarsi di persone in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio ed equipollenti o di diploma di ragioniere; secondariamente, l’abilitazione alla assistenza difensiva è stata limitata alle sole materie concernenti le imposte di registro e di successione, i tributi locali, l’imposta sul valore aggiunto (IVA), l’imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF), l’imposta locale sui redditi (ILOR) e l’imposta sui redditi delle persone giuridiche (IRPEG). Con lo sbarramento temporale del 30 settembre 1993 si è quindi provveduto a chiudere il “ruolo” dei tributaristi per il futuro, così trasforman-dolo, di fatto, in “ruolo ad esaurimento”. Nonostante il complesso bilanciamento opera-to dal legislatore, è agevole scorgere nella disciplina in questione i tratti caratteristici di una legge eccezionale su cui non può fondarsi la pretesa di estendere il trattamento di favore agli iscritti nei ruoli dei periti ed esperti oltre il limite temporale che è stato assunto dal legislatore come elemento di identificazione dei beneficiari di una forma di abilitazione rimossa per il futuro. Se dunque appare non priva di giustificazione la scelta del legislatore di chiudere il ruolo dei tributaristi, non può essere rivolto allo stesso legislatore l’addebito di non consentire in quel ruolo ulteriori iscrizioni.

Non è nuova, del resto, nella giurisprudenza costituzionale l’affermazione per la quale, quando si sia ritenuta giustificata una disciplina eccezionale, per lo stretto col-legamento che essa presenta con le specifiche particolarità del caso, non può consi-derarsi lesiva del principio di eguaglianza la sua delimitazione temporale e soggettiva (sentenza n. 178 del 2000).

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 76 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Roma, sezione prima civile, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 2002.

 

Cesare RUPERTO, Presidente

 

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2002.