Ordinanza n. 410/2001

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ORDINANZA N.410

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Massimo VARI, Presidente

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY                                     

- Valerio ONIDA                                           

- Carlo MEZZANOTTE                                             

- Fernanda CONTRI                                      

- Guido NEPPI MODONA                           

- Piero Alberto CAPOTOSTI                                     

- Annibale MARINI                                       

- Franco BILE                                     

- Giovanni Maria FLICK                                

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio 2001 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra la Regio s.a.s. e la Gestar s.a.s., iscritta al n. 329 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2001.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 21 novembre 2001 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 26 febbraio 2001, il Tribunale di Torino - nel corso di un procedimento di convalida di sfratto per morosità relativo ad un immobile adibito ad uso non abitativo - ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), "nella parte in cui non prevede [...] la possibilità del conduttore di un contratto di locazione di immobile ad uso diverso da abitazione di ottenere dal giudice la concessione del termine di sanatoria, previsto da tale norma solo per i contratti locatizi ad uso abitazione";

che il rimettente - premesso che, a seguito della sentenza delle Sezioni unite civili 28 aprile 1999, n. 272, l’applicabilità della norma impugnata alle sole locazioni ad uso abitativo costituisce ormai diritto vivente - ritiene che la norma stessa si ponga innanzitutto in contrasto con il principio di eguaglianza, discriminando tra due situazioni che egli assume perfettamente omogenee, "sia ai fini dei diritti della personalità sia ai fini sociali", in quanto la perdita del luogo ove si esercita l’impresa sarebbe – ad avviso dello stesso rimettente – altrettanto grave, sotto entrambi i profili, della perdita dell’abitazione;

che risulterebbe altresì leso, sotto altro aspetto, il diritto di difesa del conduttore di immobile ad uso diverso, garantito dall’art. 24 Cost., in quanto la norma impugnata - di natura processuale – diversificherebbe, inammissibilmente, la tutela in ragione del tipo di conduttore;

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza della questione;

che, ad avviso dell’Avvocatura, il legislatore, nell’emanazione delle norme relative alle locazioni di immobili urbani, avrebbe sempre tenuto distinta la disciplina delle locazioni di immobili adibiti ad uso abitativo da quella delle locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo, proprio in ragione della sostanziale difformità tra le due situazioni, in sè talmente ovvia da non richiedere specifica illustrazione;

che pertanto anche la denunciata violazione dell’art. 24 Cost. sarebbe insussistente;

che l’accoglimento della questione condurrebbe, infine, alla paradossale conseguenza di dover ritenere costituzionalmente illegittime tutte le disposizioni che differenziano, nei due casi, la disciplina del rapporto.

Considerato che, diversamente da       quanto affermato dal rimettente, la situazione del conduttore di immobile adibito ad uso di abitazione e quella del conduttore di immobile adibito ad uso diverso non sono affatto omogenee venendo in considerazione nell’un caso quell’interesse primario della persona alla abitazione che, invece, manca, per definizione, nell’altro;

  che, conseguentemente, non può ritenersi irragionevolmente discriminatoria e pertanto lesiva dell’art. 3 della Costituzione la disciplina denunciata che, accordando al solo conduttore di immobili destinati ad uso di abitazione, la possibilità di sanare la morosità nel pagamento dei canoni o degli oneri specificati dalla legge, ha inteso, all’evidenza, apprestare all’interesse abitativo una tutela eccezionale e perciò stesso diversa e più intensa di quella, generale, riconosciuta all’interesse economico di cui é portatore il conduttore di immobili destinati ad uso non abitativo;

  che, in conformità al principio, costantemente enunciato da questa Corte secondo cui l’articolazione del processo rientra nella discrezionalità del legislatore, sempre con il limite della non irrazionalità della disciplina (sentenza n. 94 del 1996; ordinanze n. 448 del 1998 e n. 305 del 1998), deve altresì escludersi che la limitata sfera applicativa della sanatoria della morosità venga a violare il diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost., costituendo essa, al contrario, legittimo esercizio di discrezionalità legislativa a tutela, come si é detto, dell’interesse primario della persona all’abitazione;

  che, in riferimento ad entrambi i parametri evocati dal rimettente, la questione di legittimità costituzionale va, pertanto, dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Torino, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2001.

Massimo VARI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2001.