Ordinanza n. 380/2001

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ORDINANZA N. 380

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito delle deliberazioni del 31 gennaio 2001 del Senato della Repubblica relative alla insindacabilità delle opinioni e dei comportamenti espressi dai senatori Vito Gnutti e Francesco Speroni, imputati, fra gli altri, nel procedimento penale a carico di L.A. ed altri, promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Verona, con ricorso depositato il 26 febbraio 2001 ed iscritto al n. 185 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 2001 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che, con ricorso datato 20 febbraio 2001, depositato nella cancelleria della Corte il 26 febbraio 2001, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona, investito di un procedimento penale a carico, tra gli altri, dei senatori Vito Gnutti e Francesco Speroni (quest’ultimo senatore all’epoca dei fatti) per i reati di cui agli artt. 110, 241, 283 e 271 del codice penale ed agli artt. 81 del codice penale ed 1 e 2 del decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, in relazione alle deliberazioni con le quali l’Assemblea, nella seduta del 31 gennaio 2001 (documento IV-quater, n. 60), ha dichiarato che i fatti per i quali era in corso il procedimento penale riguardavano opinioni espresse da due membri del Parlamento nell'esercizio delle funzioni parlamentari, in quanto tali insindacabili (art. 68, primo comma, della Costituzione);

che, ad avviso del ricorrente, le proposte formulate dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, accolte dall’Assemblea e non integrate nel corso del dibattito in aula, non espliciterebbero le ragioni in grado di giustificare che i fatti contestati costituiscano <<proiezione esterna di un disegno politico portato avanti nelle istituzioni, finalizzata soltanto a renderlo più visibile>>;

che, secondo il Giudice dell’udienza preliminare, nella specie non sussisterebbe alcun collegamento funzionale tra i fatti oggetto delle imputazioni – i quali, peraltro, non configurerebbero neppure opinioni, bensì consisterebbero in <<fatti diretti a disciogliere l’unità dello Stato italiano attraverso la disgregazione del suo territorio>> anche mediante <<la formazione di un’organizzazione para-militare>> - e l’attività parlamentare svolta dai senatori Gnutti e Speroni;

che, quindi, il Senato della Repubblica non avrebbe correttamente esercitato il potere ad esso spettante e, perciò, l'erronea valutazione in ordine alla ricorrenza dei presupposti della prerogativa dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, avrebbe menomato la sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, dell'autorità giudiziaria investita del procedimento.

Considerato che la Corte, in questa fase del giudizio, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, é chiamata a delibare esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se esista la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza e sussistano i requisiti soggettivi, restando impregiudicata ogni definitiva decisione anche in ordine all'ammissibilità;

che, sotto il profilo dei requisiti soggettivi, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona deve ritenersi legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene, in conformità del principio, consolidato nella giurisprudenza costituzionale, secondo il quale i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, sono legittimati ad essere parte nei conflitti costituzionali di attribuzione;

che il Senato della Repubblica é parimenti legittimato ad essere parte del conflitto, essendo competente a dichiarare in modo definitivo la volontà del potere che rappresenta in ordine all'applicabilità ai suoi componenti dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, sotto il profilo oggettivo, va ritenuta esistente la materia del conflitto, in quanto il ricorrente denuncia che la propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, sarebbe stata illegittimamente menomata dalle suindicate deliberazioni del Senato della Repubblica;

che dal ricorso si ricavano "le ragioni di conflitto" e "le norme costituzionali che regolano la materia", così come richiesto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

che esiste, quindi, la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione, di cui in epigrafe, proposto dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona nei confronti del Senato della Repubblica;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia comunicazione della presente ordinanza al Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Verona;

b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati al Senato della Repubblica entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, per essere successivamente depositati, con la prova delle eseguite notificazioni, nella cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni dalle notificazioni stesse (art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2001.