Sentenza n. 211/2001

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SENTENZA N.211

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 195, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il 7 ottobre 1999 dal Tribunale di Udine nel procedimento civile proposto dal Centro regionale servizi (CRS) contro l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ed altri, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di costituzione dell’INPS;

udito nell’udienza pubblica del 22 maggio 2001 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto in fatto

 

1.- Nel corso di un giudizio di opposizione contro una sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, il Tribunale di Udine, con ordinanza emessa il 7 ottobre 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 195, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui dispone che il termine per fare opposizione contro la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza di un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa decorre, anche per l’impresa, dalla data di affissione invece che da quella di notificazione della sentenza.

Premessa la rilevanza della questione - in quanto il giudizio a quo ha ad oggetto una opposizione proposta dall’impresa della quale é stato dichiarato lo stato di insolvenza entro i trenta giorni dalla notificazione della sentenza ma oltre il trentesimo giorno dalla sua affissione - il rimettente osserva come l’affissione della sentenza é un mezzo di pubblicità che crea una mera presunzione legale di conoscenza dell’atto. La previsione di notificazione della sentenza, pur contenuta nel terzo comma dello stesso art. 195 della legge fallimentare, non offrirebbe, d’altro canto, certezza che il debitore sia posto in condizione di conoscere tempestivamente l’avvenuta dichiarazione dello stato di insolvenza, in quanto nel sistema della legge non é prescritta l’anteriorità o simultaneità di detta notificazione rispetto all’affissione.

Il ricorso all’affissione, quale mezzo di comunicazione dell’atto, troverebbe, dunque, giustificazione – ad avviso del rimettente – nei soli casi in cui, per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di individuarli tutti, si riveli concretamente impossibile il ricorso a forme di comunicazione diretta, ma non certo quando il destinatario sia, come nella specie, sicuramente ed agevolmente identificabile.

La norma impugnata risulterebbe, pertanto, in contrasto sia con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., per l’ingiustificata equiparazione, ai fini della decorrenza del termine per l’opposizione, tra l’impresa di cui viene dichiarato lo stato di insolvenza e qualsiasi altro interessato, genericamente indicato, sia con il diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost., per il pregiudizio che ne deriva all’effettività del diritto di difesa dell’impresa medesima.

Ricorda, da ultimo, il rimettente come la Corte abbia già dichiarato l’illegittimità costituzionale di numerose altre norme della legge fallimentare, proprio nella parte in cui prevedevano, anche per il debitore, il decorso di termini decadenziali dalla data di affissione del provvedimento oggetto di impugnazione.

2.- Si é costituito in giudizio l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), creditore istante convenuto nel giudizio di opposizione, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione.

Ad avviso della parte, la questione sarebbe irrilevante nel giudizio a quo in quanto, essendo stata la sentenza notificata il giorno successivo a quello di affissione, l’impresa avrebbe potuto, con l’ordinaria diligenza, accertare tempestivamente la data di affissione ai fini della proposizione dell’opposizione.

La questione sarebbe, comunque, infondata nel merito essendo il termine, di trenta giorni, fissato per l’opposizione dalla norma impugnata, talmente ampio da evitare qualsiasi compromissione del diritto di difesa, considerato anche che il terzo comma dello stesso art. 195 della legge fallimentare comunque prevede – a differenza dell’art. 18 della medesima legge, dichiarato illegittimo in parte qua con sentenza n. 151 del 1980 – unitamente all’affissione la notificazione della sentenza.

Considerato in diritto

 

1.- Il Tribunale di Udine dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 195, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui dispone che il termine per proporre opposizione contro la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza di un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa decorre, anche per l’impresa, dalla data di affissione della sentenza invece che da quella di notificazione.

2.- L’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) eccepisce preliminarmente l’inammissibilità della questione, per difetto di rilevanza, in quanto – nel caso di specie – la notificazione all’impresa della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza sarebbe avvenuta il giorno successivo a quello di affissione, cosicchè l’impresa stessa avrebbe potuto, usando la normale diligenza, accertare tempestivamente la data di affissione, dies a quo per la proposizione dell’opposizione.

L’eccezione é priva di fondamento, in quanto la natura decadenziale del termine per proporre opposizione priva all’evidenza di qualsiasi rilievo lo stato soggettivo dell’opponente e, conseguentemente, la sua eventuale negligenza nell’accertamento della (data di) affissione della sentenza.

3.- Nel merito, la questione é fondata.

3.1.- L’art. 195 della legge fallimentare, pur prevedendo, al terzo comma, che la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza di un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa venga non solo affissa ma anche notificata, al successivo comma dispone che il termine di trenta giorni per la proposizione dell’opposizione decorre per ogni interessato, compresa quindi l’impresa della quale é stato dichiarato lo stato di insolvenza, dalla data di affissione.

Al riguardo questa Corte, scrutinando altre norme della legge fallimentare contenenti analoga previsione di decorrenza di termini decadenziali dalla data di affissione di provvedimenti giurisdizionali, ha già avuto modo di affermare che la scelta dell’affissione, quale atto idoneo a far decorrere il termine per l’impugnazione di un atto, può essere giustificata solo dalla difficoltà di individuare coloro che possono avere interesse a proporre l’impugnazione stessa (sentenze n. 273 del 1987 e n. 153 del 1980), risultando priva di razionale giustificazione quando si tratti, invece, di soggetti già individuati (sentenze n. 152 e n. 151 del 1980, n. 255 del 1974).

Si é, infatti, osservato che l’affissione non può considerarsi un equipollente della notificazione in quanto essa determina una mera presunzione di conoscibilità dell’atto, peraltro insuperabile (sentenza n. 255 del 1974), compatibile con il diritto di difesa del destinatario nei soli casi in cui l’individuazione di questi, ed il conseguente ricorso a mezzi di comunicazione diretta dell’atto stesso, risultino impossibili o estremamente difficoltosi.

La norma denunciata, disponendo che il termine per la proposizione dell’opposizione decorra, anche per l’impresa della quale é stato dichiarato lo stato di insolvenza, così come per ogni altro interessato, dalla data di affissione della sentenza (la cui conoscenza richiede una specifica attività di accertamento) invece che da quella della pur prevista notificazione, si pone pertanto in contrasto sia con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., in quanto assoggetta ad identica disciplina situazioni significativamente diverse, sia con il diritto di difesa dell’impresa, tutelato dall’art. 24 Cost., in quanto rende maggiormente difficoltosa, senza alcuna ragionevole giustificazione, la proposizione dell’opposizione. E va, per tale aspetto, dichiarata costituzionalmente illegittima.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 195, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui prevede che il termine per proporre opposizione contro la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza di impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa decorre, anche per l’impresa, dall’affissione invece che dalla notificazione della sentenza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2001.