Sentenza n. 205

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SENTENZA N. 205

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO            

- Massimo VARI                     

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24 (Principi e direttive per l’esercizio delle competenze regionali in materia di commercio), promossi con ordinanze emesse il 13 gennaio 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, il 28 gennaio 2000 dal Consiglio di Stato e il 20 gennaio 2000 (due ordinanze) dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, rispettivamente iscritte al n. 122, n. 185, n. 259 e n. 339 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, n. 18, n. 22 e n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti gli atti di costituzione della CO.DIR. s.r.l., della GEN.IM. s.r.l., della Italia Generali Costruzioni s.r.l., nonchè gli atti di intervento della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica del 6 febbraio 2001 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

uditi gli avvocati Luigi Volpe per la CO.DIR. s.r.l., Gennaro Notarnicola per la GEN.IM. s.r.l. e Felice Lo Russo per la Italia Generali Costruzioni s.r.l.

Ritenuto in fatto

1. — Con tre ordinanze di identico contenuto, emesse in altrettanti giudizi introdotti con ricorsi di tre società che avevano presentato richiesta di autorizzazione alla apertura di grandi strutture di vendita in data anteriore al 16 gennaio 1998, sulla base della normativa allora vigente, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, solleva, in riferimento agli articoli 3, 10 (recte: 11), 41, 97 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24 (Principi e direttive per l’esercizio delle competenze regionali in materia di commercio), il quale dispone che la Regione non dia seguito all’esame delle domande di autorizzazione all’apertura di grandi strutture di vendita presentate secondo la vecchia legge regionale 2 maggio 1995, n. 32 e corredate a norma alla data del 16 gennaio 1998.

Ad avviso del TAR remittente, sarebbe evidente il contrasto tra tale disposizione e l’articolo 117 della Costituzione, in riferimento all’articolo 25, comma 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114 (Riforma della disciplina relativa al commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1999, n. 59), il quale stabilisce che "Le domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, già trasmesse alla Giunta regionale per il prescritto nulla-osta alla data del 16 gennaio 1998 e corredate a norma, secondo attestazione del responsabile del procedimento, sono esaminate e decise con provvedimento espresso entro centottanta giorni dalla suddetta data".

La disposizione regionale, secondo il remittente, violerebbe anche l’articolo 41 della Costituzione, perchè disconoscerebbe il diritto di libertà economica in assenza delle esigenze di utilità sociale che sole potrebbero giustificare il diniego generalizzato del rilascio delle autorizzazioni commerciali, e l’articolo 97 della Costituzione, perchè il principio di buon andamento della pubblica amministrazione postulerebbe la continuità e la effettività dell’esercizio dei pubblici poteri e non anche l’arbitrario non esercizio dei poteri stessi.

Ed ancora, ad avviso del giudice a quo, la disposizione censurata violerebbe l’articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della disparità di trattamento tra gli imprenditori che volessero operare nel settore in Puglia e quelli che intendessero svolgere la medesima attività in Regioni nelle quali non esiste il blocco, nonchè tra gli operatori economici che già hanno ottenuto il nulla-osta e gli altri ai quali l’autorizzazione é preclusa.

Infine, secondo il remittente, la disposizione in questione sarebbe in contrasto col principio comunitario di libera prestazione dei servizi e violerebbe perciò l’articolo 10 (recte: 11) della Costituzione

2. — Si sono costituite in giudizio le società ricorrenti nei processi principali.

2.1. — La società CO.DIR. s.r.l. sostiene l’illegittimità costituzionale della norma censurata rilevando che la stessa, retroattivamente incidendo su rapporti giuridici già regolati dalla normativa statale, sacrificherebbe irragionevolmente le posizioni di chi aveva fatto domanda di autorizzazione commerciale trasmessa alla Giunta regionale entro il 16 gennaio 1998.

Ad avviso della parte privata, la disposizione regionale impugnata violerebbe anche l’articolo 41 della Costituzione, perchè stabilirebbe la definitiva improcedibilità di una serie di domande già presentate, impedendo nella sostanza l’iniziativa economica privata. Convincenti indicazioni a supporto della violazione degli articoli 117 e 41 della Costituzione da parte della norma impugnata potrebbero evincersi, secondo la parte privata, da recenti pronunce dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato relative alla legislazione regionale attuativa del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114, nelle quali si é sottolineata l’esigenza che la legislazione regionale sia coerente con gli obiettivi di liberalizzazione e di apertura alla concorrenza e al mercato perseguiti dalla riforma e si é censurato il "blocco" delle autorizzazioni previsto dalla Regione Lombardia con un progetto di legge in materia.

Con argomentazioni analoghe a quelle sviluppate nelle ordinanze di rimessione, la parte privata prospetta infine la violazione, da parte dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24, degli articoli 10 (recte: 11), 3, 97 e 117 della Costituzione.

2.2. — Nella propria memoria, la società GEN.IM. s.r.l. deduce l’illegittimità della norma censurata innanzitutto per il contrasto con l’articolo 117 della Costituzione, in riferimento all’articolo 25 del decreto legislativo n. 114 del 1998: evidente sarebbe l’intento perseguito di vanificare la disposizione statale a completamento di un disegno volto a porre nel nulla tutte le iniziative in materia di grande distribuzione.

Oltre che l’articolo 117 della Costituzione, la disposizione regionale, secondo la parte privata, violerebbe anche l’articolo 3, per l’ingiustificata disparità di trattamento che si determinerebbe in danno degli operatori le cui domande sono state trasmesse alla Regione Puglia entro il 16 gennaio 1998; l’articolo 41 della Costituzione, per l’ostacolo posto alla libertà di iniziativa economica privata senza che sussistano fini di utilità sociale che lo giustifichino; l’articolo 10 (recte: 11) della Costituzione, in relazione al principio comunitario di libera prestazione dei servizi; il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all’articolo 97 della Costituzione.

2.3. — La società Italia Generali Costruzioni s.r.l., oltre a prospettare censure analoghe a quelle proposte dal TAR remittente, lamenta anche l’ingiustificata violazione dei principî della legge statale quali "quello del carattere di doverosità della valutazione da parte della Regione, entro termini predefiniti, della domanda di rilascio della licenza di commercio e quello della ricorribilità dei provvedimenti di diniego".

3. — Nel giudizio instaurato con la prima ordinanza di rimessione si é costituita, fuori termine, la Regione Puglia, chiedendo il rigetto della questione di costituzionalità sollevata dal TAR.

4. — Il Consiglio di Stato, con ordinanza emessa il 28 gennaio 2000, solleva questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24.

Ad avviso del remittente, tale disposizione violerebbe gli articoli 117 e 3 della Costituzione, perchè irragionevolmente inciderebbe, con efficacia retroattiva, su rapporti giuridici già regolati dalla legge statale, e l’articolo 41 della Costituzione, per la sostanziale soppressione dell’iniziativa economica privata cui darebbe luogo la definitiva improcedibilità delle domande di nulla-osta in essa prevista.

5. — Si é costituita in questo giudizio la società CO.DIR. s.r.l., appellante nel giudizio principale, rinnovando, sulla base degli argomenti già sostenuti nell’atto di costituzione nel precedente giudizio, la richiesta di accoglimento della questione.

6. — Nel medesimo giudizio si é costituita, ma fuori termine, la Regione Puglia.

7. — In prossimità dell’udienza hanno presentato memorie la Regione Puglia, la società GEN.IM. s.r.l. e la società Italia Generali Costruzioni s.r.l.

7.1. — La società GEN.IM. s.r.l., oltre a ribadire argomentazioni già svolte nella memoria di costituzione, sostiene, sulla base di una approfondita ricognizione della legislazione statale in materia di commercio e della sua evoluzione, che ancora oggi la materia non é di competenza regionale e che le Regioni hanno solo potestà legislativa attuativa nei limiti voluti dalla legislazione statale; la norma regionale impugnata violerebbe dunque palesemente l’articolo 117, secondo comma, della Costituzione perchè, lungi dal dare attuazione alla norma statale, vi si opporrebbe frontalmente.

Ad avviso della parte, le conclusioni non cambierebbero anche nel caso in cui si volesse considerare la materia del commercio alla stregua di quelle di competenza regionale elencate dall’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in quanto la norma statale, pur qualificandosi transitoria, non potrebbe considerarsi una norma di dettaglio, ma integrerebbe un principio fondamentale della materia, finalizzato a garantire la definizione delle situazioni giuridiche sorte sotto il regime previgente secondo tempi tali da evitare sovrapposizioni tra vecchia e nuova disciplina.

7.2. — Nella propria memoria, la Italia Generali Costruzioni s.r.l. rileva che la violazione dell’articolo 117 della Costituzione discenderebbe dal fatto che le funzioni in materia di commercio non rientrerebbero nelle attribuzioni proprie delle Regioni, ma sarebbero ad esse delegate dallo Stato. Sarebbe quindi impossibile per la Regione determinarsi in modo del tutto antitetico alla normativa statale, ancorchè espressamente qualificata come transitoria.

In ogni caso, anche la Italia Generali Costruzioni afferma che pur se si volesse ritenere che la materia del commercio sia di competenza regionale, non per questo la disposizione censurata potrebbe sottrarsi al denunciato contrasto con l’articolo 117 della Costituzione, essendo del tutto evidente la violazione del principio fondamentale di unitarietà dell’ordinamento e di coordinamento degli interessi particolari delle Regioni con il preminente interesse generale del Paese; ciò tanto più nel caso di una norma che incide retroattivamente su rapporti giuridici preesistenti, in precedenza regolati in tutt’altro modo dalla legge statale.

La parte privata ribadisce quindi le argomentazioni svolte nell’atto di costituzione, ricordando, per quel che riguarda la prospettata violazione dell’articolo 11 della Costituzione, che, secondo la Corte di giustizia della Comunità europea, ogni normativa commerciale che ostacoli gli scambi intracomunitari andrebbe interdetta ove non rispetti i principî di necessità e proporzionalità e che deroghe alla libera prestazione di servizi potrebbero ammettersi solo eccezionalmente e in vista dell’interesse generale, allorchè rappresentino l’unica via percorribile.

Considerato in diritto

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con tre ordinanze, e il Consiglio di Stato, con un’altra ordinanza, dubitano, in riferimento a parametri solo in parte coincidenti, della legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24 (Principi e direttive per l’esercizio delle competenze regionali in materia di commercio), il quale dispone che la Regione non dia seguito all’esame delle domande di autorizzazione all’apertura di grandi strutture di vendita presentate nel vigore della precedente legge regionale 2 maggio 1995, n. 32, e corredate a norma alla data del 16 gennaio 1998.

Secondo tutti i giudici a quibus la disposizione censurata contrasterebbe, in primo luogo, con l’articolo 117 della Costituzione, in riferimento all’articolo 25, comma 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1999, n. 59), il quale espressamente prescrive l’esame e la decisione da parte della Regione delle istanze di autorizzazione trasmesse alla Giunta regionale alla data del 16 gennaio 1998 e corredate a norma.

La medesima disposizione violerebbe poi l’articolo 41 della Costituzione, perchè disconoscerebbe, senza apparenti ragioni di utilità sociale, il diritto di iniziativa economica privata, e l’articolo 3 della Costituzione, sotto il duplice profilo della ingiustificata disparità di trattamento tra imprenditori e della irragionevole retroattività della disciplina di rapporti giuridici già regolati dalla normativa statale.

Il solo Tribunale amministrativo regionale per la Puglia prospetta inoltre la violazione dell’articolo 97 della Costituzione, in quanto il principio di buon andamento della pubblica amministrazione postulerebbe la continuità e la effettività dell’esercizio dei pubblici poteri e non anche l’arbitrario non esercizio degli stessi (implicito nella prescrizione di non dare seguito alle domande di autorizzazione presentate nel vigore della precedente disciplina e corredate a norma entro il 16 gennaio 1998), e dell’articolo 10 (recte: 11) della Costituzione, perchè la disposizione censurata si porrebbe in contrasto con il principio comunitario di libera prestazione dei servizi.

Poichè tutte le ordinanze hanno ad oggetto la medesima disposizione, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi congiuntamente.

2. Prima di procedere all’esame della questione, é opportuno ricordare che, in base all’articolo 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio), l’autorizzazione all’apertura di centri commerciali al dettaglio e di punti vendita, che per dimensioni e collocazione geografica sono destinati a servire vaste aree di attrazione eccedenti il territorio comunale, era subordinata al nulla-osta della Giunta regionale. La legge della Regione Puglia 2 maggio 1995, n. 32 (Indicazioni programmatiche per il rilascio di nulla-osta relativi alle grandi strutture di vendita previsto dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426), nel disciplinare il procedimento per il rilascio del nulla-osta regionale, chiariva che esso era necessario per l’apertura di esercizi di vendita e di centri commerciali al dettaglio, allorquando la superficie di vendita fosse superiore a mq. 1.500. L’articolo 1 della legge della Regione Puglia 24 dicembre 1997, n. 24 (Legge regionale 2 maggio 1995, n. 32. Sospensione temporanea del rilascio del nulla-osta regionale per l’apertura di grandi strutture di vendita), disponeva successivamente la sospensione del rilascio dei nulla-osta regionali fino al 30 settembre 1998.

In relazione alla disposizione da ultimo citata, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, nel corso dei medesimi procedimenti giurisdizionali che hanno dato origine al presente giudizio, sollevava questione di legittimità costituzionale, prospettando la violazione degli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione. Questa Corte, rilevato che alla previsione di sospensione del rilascio dei nulla-osta era sopravvenuto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, il quale, all’articolo 25, stabilisce che le domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, già trasmesse alla Giunta regionale per il prescritto nulla-osta alla data del 16 gennaio 1998, e corredate a norma secondo attestazione del responsabile del procedimento, sono esaminate e decise con provvedimento espresso entro centottanta giorni dalla suddetta data, aveva ordinato la restituzione degli atti per nuovo esame della rilevanza.

Dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 114 del 1998, la Regione Puglia approvava la legge 20 gennaio 1999, n. 4 (Proroga dei termini di cui alla legge regionale 24 dicembre 1997, n. 24 "Legge regionale 2 maggio 1995, n. 32. Sospensione temporanea del rilascio del nulla-osta regionale per l’apertura di grandi strutture di vendita"), con la quale, pur prorogando i termini di sospensione previsti dalla precedente legge regionale, aveva tuttavia fatto salvo quanto previsto dalla disciplina transitoria contenuta nell’articolo 25 del decreto legislativo appena citato.

A tale disposizione ha fatto infine seguito la legge regionale 4 agosto 1999, n. 24 (Principi e direttive per l’esercizio delle competenze regionali in materia di commercio), la quale, oltre a dettare norme per l’adeguamento dell’ordinamento regionale del commercio al d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e ad introdurre una nuova classificazione delle strutture di vendita in relazione alla superficie destinata alla vendita e alla classe dei Comuni nei quali esse devono essere ubicate, all’articolo 1, comma 3, dispone che "all’esame delle domande di autorizzazione ex legge regionale 2 maggio 1995, n. 32, corredate a norma alla data del 16 gennaio 1998, non si dà seguito".

Ed é proprio su tale disposizione che si appuntano le censure di illegittimità costituzionale proposte dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia e dal Consiglio di Stato.

3. La questione é fondata.

Il vincolo per la legge regionale a uniformarsi alle previsioni del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, che reca la riforma del settore del commercio, e segnatamente all’articolo 25, che riguarda la disciplina transitoria da osservare fino alla nuova programmazione, da parte delle Regioni, della rete distributiva sulla base dei criteri fissati dall’articolo 6 del medesimo decreto legislativo, consegue al tipo di competenza attribuita alle Regioni in materia di commercio.

In proposito questa Corte ha avuto più volte occasione di ricordare come le Regioni a statuto ordinario non dispongano di una competenza legislativa propria in tema di commercio, non essendo tale materia compresa nell’elenco formulato dall’articolo 117 della Costituzione (v. sentenze n. 401 del 1992 e n. 165 del 1989). Nell’ambito del commercio, alle Regioni spettano soltanto i compiti e le funzioni che lo Stato ha conferito loro attraverso leggi ordinarie o atti equiparati, e nella specie attraverso il decreto legislativo n. 114 del 1998, le cui previsioni, anche quelle riguardanti il periodo transitorio fino alla realizzazione della riforma, non possono essere disattese dalla legge regionale.

L’intendimento del legislatore nazionale che le domande volte a ottenere il nulla-osta regionale per l’apertura di grandi strutture di vendita, pervenute alla Giunta regionale alla data del 16 gennaio 1998 e corredate a norma, dovessero essere esaminate e decise entro il termine di centottanta giorni, é apertamente contrastato dalla censurata disposizione della legge regionale che ne sancisce un anomalo blocco prescrivendo che tali domande non abbiano più corso.

Deve pertanto dichiararsi la illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24, per violazione dell’articolo 117 della Costituzione.

Resta assorbita ogni altra censura.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24 (Principi e direttive per l’esercizio delle competenze regionali in materia di commercio).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2001.