Ordinanza n. 181/2001

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ORDINANZA N.181

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI         

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                                

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 659 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 29 maggio 2000 del Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Zerletti Maria Grazia e Walentowicz Halina, iscritta al n. 476 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 marzo 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento di convalida di sfratto per finita locazione di un immobile di servizio, il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 659 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede espressamente che le cause di lavoro introdotte con intimazione di sfratto per il rilascio dell’immobile di servizio debbano essere trattate sin dall’inizio e decise, anche nella fase monitoria, dal giudice del lavoro, quale giudice naturale;

che il giudice rimettente espone di aver rimesso gli atti al Presidente del Tribunale per l’assegnazione della causa alla competente sezione lavoro, per effetto delle contestazioni della parte intimata in ordine all’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro, e di essere stato nuovamente incaricato della trattazione, a seguito del provvedimento con cui il designato giudice del lavoro aveva declinato la propria competenza, affermando l’autonomia del procedimento per convalida di sfratto, anche se relativo ad immobile di servizio;

che, ad avviso del rimettente, il procedimento di convalida, ancorchè articolato in due distinte fasi, la prima delle quali a cognizione sommaria e la seconda, eventuale, a cognizione piena, é comunque un giudizio unitario, in considerazione dello stretto collegamento che si verifica tra i due momenti nel caso di opposizione;

che non potrebbe quindi ipotizzarsi la competenza di giudici diversi (giudice ordinario e giudice del lavoro) in relazione a ciascuna delle due fasi, essendo la seconda solo eventuale e non potendo il giudice della convalida accertare la sussistenza dei presupposti per l’emanazione del provvedimento, quando questi siano inerenti ad un rapporto di lavoro;

che, in particolare, come afferma il rimettente, il giudice della convalida non potrebbe limitarsi, in caso di opposizione, a rimettere le parti innanzi al giudice del lavoro, in quanto egli deve decidere se pronunciare o meno l’ordinanza di rilascio e dovrebbe prendere cognizione del sottostante rapporto di lavoro, compiendo valutazioni riservate ad altro giudice;

che, pertanto, ad avviso del rimettente, il disposto dell’art. 659 cod. proc. civ., se interpretato nel senso che sia possibile l’assegnazione di cause di convalida basate su rapporti di lavoro al giudice di una sezione ordinaria, anzichè al giudice specializzato, si porrebbe in contrasto anzitutto con l’art. 25 della Costituzione, in quanto una causa avente ad oggetto un rapporto di lavoro sarebbe trattata da un giudice diverso da quello naturale precostituito per legge, che, nella specie, é il giudice del lavoro; e violerebbe inoltre l’art. 3 della Costituzione, determinando una disparità di trattamento fra lavoratori convenuti in una causa di sfratto, i quali sarebbero pregiudicati dalla mancanza di specializzazione del giudice ordinario, e quelli convenuti innanzi al giudice specializzato, che sarebbero invece pienamente tutelati;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità della questione, in quanto inerente alle modalità di ripartizione delle cause tra magistrati appartenenti allo stesso ufficio diviso in più sezioni;

che, comunque, ad avviso dell’Avvocatura, il precetto di cui all’art. 25 della Costituzione risulterebbe erroneamente interpretato dal rimettente e sarebbe altresì insussistente la lamentata disparità di trattamento, in ragione della disomogeneità delle situazioni prese in esame.

Considerato che il giudice rimettente prospetta la lesione dell’art. 25 della Costituzione ad opera della norma impugnata, sostenendo che una causa avente ad oggetto un rapporto di lavoro sarebbe trattata da un giudice diverso da quello naturale precostituito per legge, ed assume altresì la violazione del principio di eguaglianza, in quanto l’art. 659 cod. proc. civ. determinerebbe una disparità di trattamento fra lavoratori convenuti in una causa di sfratto, i quali sarebbero pregiudicati dalla mancanza di specializzazione del giudice ordinario, e quelli convenuti innanzi al giudice specializzato, che sarebbero invece pienamente tutelati;

che il presupposto in forza del quale il giudice rimettente fonda le proprie censure risulta palesemente erroneo, dal momento che costituisce principio giurisprudenziale ormai consolidato quello secondo cui sono estranee al concetto di competenza le questioni inerenti alla sfera di ripartizione dei compiti e delle attribuzioni fra sezioni o fra magistrati dello stesso ufficio giudiziario;

che, quindi, la distinzione tra giudice ordinario e giudice del lavoro nell’ambito dello stesso ufficio giudiziario può assumere rilievo soltanto ai fini del rito applicabile alla controversia;

che nel procedimento per convalida di sfratto soltanto la fase a cognizione sommaria é sottoposta al rito ordinario, mentre quella a cognizione piena, che si instaura con l’opposizione alla convalida, é regolata, ai sensi dell’art. 447–bis cod. proc. civ., dal rito speciale del lavoro, nelle cui forme il giudizio prosegue dopo la eventuale pronuncia delle ordinanze di rilascio o di pagamento delle somme non contestate;

che, quindi, la distinzione tra giudice ordinario e giudice del lavoro appartenenti al medesimo ufficio giudiziario, già di per sè ininfluente ai fini della competenza, assume nella fattispecie un rilievo ancor più marginale;

che, non essendo configurabile una questione di competenza fra giudici addetti alle diverse sezioni nelle quali si articola un medesimo ufficio giudiziario, non può sussistere l’asserita lesione del principio del giudice naturale precostituito per legge, nè per le stesse ragioni può affermarsi la pretesa disparità di trattamento fra le parti convenute dinanzi ai diversi giudici, in quanto tale assunto sembra addirittura postulare l’incapacità del giudice adito di risolvere controversie aventi un oggetto in parte diverso da quello ordinariamente trattato;

che la questione sollevata é manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 659 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, dal Tribunale di Roma con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria l'8 giugno 2001.