Ordinanza n. 172/2001

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ORDINANZA N. 172

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità dell’art. 2 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni) - convertito nella legge 27 maggio 1935, n. 835, modificato dal r.d.l. 15 novembre 1938, n. 1802, convertito nella legge 16 gennaio 1939, n. 90, e nuovamente modificato dalle leggi 25 luglio 1956, n. 888 e 27 dicembre 1956, n. 1441, promosso con ordinanza emessa l’11 febbraio 2000 dal Tribunale per i minorenni di Cagliari nel procedimento di volontaria giurisdizione promosso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Cagliari nei confronti di Cannas Giovanni ed altra, iscritta al n. 548 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2000.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale per i minorenni di Cagliari, con ordinanza emessa l’11 febbraio 2000, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni) - convertito nella legge 27 maggio 1935, n. 835, modificato dal r.d.l. 15 novembre 1938, n. 1802, convertito nella legge 16 gennaio 1939, n. 90, e nuovamente modificato dalle leggi 25 luglio 1956, n. 888 e 27 dicembre 1956, n. 1441 - nella parte in cui prevede che il collegio deve essere costituito con la presenza di due componenti privati, uno di sesso maschile ed uno di sesso femminile;

che il Tribunale rimettente dichiara di essersi costituito con la presenza di due componenti laici di sesso maschile, a causa dell’impedimento dei giudici onorari di sesso femminile, sia titolare che supplente, a partecipare all’udienza, e rileva che tale composizione determina una nullità insanabile per violazione delle norme sulla costituzione del giudice;

che, ad avviso del giudice a quo, la questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante, in quanto il suo accoglimento farebbe venir meno il vizio di costituzione del giudice;

che il giudice rimettente osserva come la disposizione in esame fosse diretta ad assicurare la presenza femminile nel collegio giudicante in un’epoca in cui i giudici togati erano esclusivamente uomini, stante il divieto di accesso delle donne alla magistratura, e come alla data dell’ultima riforma del tribunale per i minorenni, risalente all’anno 1956, la situazione fosse la medesima, in quanto, nonostante l’entrata in vigore della Costituzione che sanciva il divieto di discriminazioni tra uomo e donna anche relativamente all’accesso al lavoro, alle donne era ancora inibito l’ingresso in magistratura;

che, ad avviso del Tribunale rimettente, la permanenza di una distinzione tra i sessi, pur se limitata all’ambito della magistratura onoraria, sarebbe ancor più discriminatoria;

che pertanto la norma censurata, oltre a porsi in contrasto con la Costituzione, risulterebbe anacronistica;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l’infondatezza della questione, sostenendo che la finalità della norma deve individuarsi nella esigenza di garantire, con la presenza delle donne nel collegio giudicante, un giudizio meglio orientato alla tutela dei minori attraverso il peculiare contributo derivante dalla sensibilità femminile e che quindi la scelta del legislatore non appare censurabile nè tantomeno discriminatoria rispetto al sesso maschile.

Considerato che appare opportuno precisare che la partecipazione delle donne all'amministrazione della giustizia nelle corti di assise e nei tribunali per i minorenni non risale ad epoca anteriore alla Costituzione bensì é stata introdotta con la legge n. 1441 del 1956;

che, come questa Corte ha reiteratamente sostenuto, deve riconoscersi al legislatore una insindacabile discrezionalità nella scelta tra le diverse forme di composizione degli organi giurisdizionali (in particolare, ordinanze n. 10 del 1994 e n. 590 del 1988), salvi i limiti della ragionevolezza;

che tale discrezionalità risulta evidentemente esercitata in modo non irragionevole anzitutto nel momento della emanazione della norma impugnata, nel quale operava il principio della esclusione delle donne dall’esercizio delle funzioni giurisdizionali;

che in occasione dei diversi interventi normativi posteriori alla legge 9 febbraio 1963, n. 66 (Ammissione della donna ai pubblici uffici ed alle professioni) con la quale si é consentito alle donne l'accesso alla magistratura, il legislatore, pur modificando alcune norme dell'ordinamento giudiziario relative al tribunale per i minorenni e alla sezione per i minorenni della corte d'appello, ha voluto lasciare immutata la disposizione in esame, implicitamente confermando la scelta inerente alla composizione del tribunale per i minorenni;

che, in particolare, l'art. 2 della legge 8 agosto 1977, n. 532 (Provvedimenti urgenti in materia processuale e di ordinamento giudiziario), emanato in sostituzione del secondo comma dell'art. 58 dell'ordinamento giudiziario, ha variato il numero dei magistrati della sezione per i minorenni, senza incidere in alcun modo sulla previsione relativa all'intervento dei due esperti di sesso diverso;

che l'art. 14 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 (Approvazione delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni), inserendo nell'ordinamento giudiziario l'art. 50-bis, recante disposizioni sul giudice per le indagini preliminari, ha espressamente previsto la partecipazione di due giudici onorari, un uomo e una donna, all'udienza preliminare del tribunale per i minorenni;

che specialmente quest'ultima disposizione rivela come il legislatore abbia considerato tuttora fondamentale la presenza nel tribunale per i minorenni di giudici onorari di sesso diverso, in modo che nelle sue decisioni il collegio possa sempre avvalersi del peculiare contributo di esperienza e di sensibilità proprie del sesso di appartenenza;

che tale risultato può conseguirsi soltanto con la disposizione in esame, la quale garantisce appunto la diversità di sesso dei componenti laici, consentendo così al tribunale una completezza di prospettive, che potrebbe non verificarsi, ove la composizione laica del collegio non fosse obbligatoriamente differenziata in relazione al detto requisito;

che, infine, quantunque la norma in esame sia stata emanata per consentire la partecipazione femminile nei collegi giudicanti in un determinato momento storico nel quale operavano ancora discriminazioni in ragione del sesso, deve tuttavia osservarsi che per effetto dell’ammissione delle donne alla magistratura - disposta con la citata legge n. 66 del 1963 - la ratio legis della norma impugnata non é divenuta anacronistica, come sostiene il giudice rimettente, bensì ha assunto un diverso significato, consistente, come si é già precisato, nell’assicurare che le decisioni del tribunale per i minorenni siano adottate con apporti di carattere scientifico e, al tempo stesso, con una completa proposizione di prospettive e di analisi;

che, infine, le difficoltà denunciate dal rimettente nella formazione dei collegi giudicanti costituiscono inconvenienti di mero fatto, che in quanto tali non assumono rilievo nel giudizio di legittimità costituzionale;

che la questione risulta quindi manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni) - convertito nella legge 27 maggio 1935, n. 835, modificato dal regio decreto-legge 15 novembre 1938, n. 1802, convertito nella legge 16 gennaio 1939, n. 90, e modificato dalle leggi 25 luglio 1956, n. 888 e 27 dicembre 1956, n. 1441 - sollevata dal Tribunale per i minorenni di Cagliari con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2001.