Ordinanza n. 144/2001

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ORDINANZA N.144

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario) e dell'art. 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), promosso, con ordinanza emessa il 30 maggio 2000, dal Tribunale di Arezzo, sezione distaccata di Montevarchi, nel procedimento penale a carico di Barchielli Alessio, iscritta al n. 468 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2001 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che, con ordinanza emessa in data 30 maggio 2000, il Tribunale di Arezzo, sezione distaccata di Montevarchi, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario), e dell’art. 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), "nella parte in cui non prevedono la depenalizzazione del reato previsto e punito dall’art. 187, quarto comma, in relazione all’art. 186, secondo comma, del codice della strada, limitatamente al comportamento di chi, conseguita la patente di guida, conduce un veicolo in stato di alterazione dovuta all’uso di sostanze stupefacenti";

che, ad avviso del rimettente, la scelta di depenalizzare la fattispecie di guida senza patente, prevista dall’art. 116 del codice della strada, ma non la guida in stato di alterazione dovuto all’uso di sostanze stupefacenti sarebbe del tutto illogica in quanto la condotta di chi guida un’autovettura senza patente, e quindi, presumibilmente, senza esperienza, é più pericolosa di quella di chi, "avendo conseguito regolarmente la patente, viene trovato in uno stato di momentanea alterazione, della cui effettiva incidenza negativa sulla capacità di guida la legge non richiede l'accertamento";

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la manifesta infondatezza della questione, evidenziando l’eterogeneità delle situazioni poste a confronto, il maggior allarme sociale derivante dalla guida in stato di alterazione per assunzione di sostanze stupefacenti o alcoliche e l’efficacia dissuasiva delle sanzioni amministrative previste per la fattispecie di guida senza patente.

Considerato che rientra nella discrezionalità legislativa il potere di configurare le ipotesi criminose, determinando la pena per ciascuna di esse, e di depenalizzare fatti dianzi configurati come reato;

che, al tempo stesso, secondo la giurisprudenza di questa Corte, uno scrutinio che direttamente investa il merito delle scelte sanzionatorie del legislatore é possibile solo ove l'opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalità (ordinanze n. 58 del 1999; n. 297 del 1998 e sentenza n. 313 del 1995);

che, nella specie, la scelta del legislatore di non estendere la depenalizzazione anche alla fattispecie di guida in stato di alterazione dovuto all’uso di sostanze stupefacenti non può ritenersi irragionevole solo a motivo delle valutazioni espresse dal rimettente in ordine alla asserita maggiore pericolosità della condotta di chi guida senza aver conseguito la prescritta abilitazione rispetto a quella di chi, pur avendo regolarmente conseguito la patente, viene sorpreso alla guida in stato di alterazione dovuto all’uso di stupefacenti;

che, per le esposte ragioni, la questione deve reputarsi manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario) e dell’art. 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), sollevata, con riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Arezzo, sezione distaccata di Montevarchi, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2001.