Ordinanza n. 133/2001

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ORDINANZA N.133

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e rappresentanti di commercio), promosso con ordinanza emessa il 18 giugno 1999 dal Tribunale di Ravenna nel procedimento civile vertente tra Baldassarri Paolo e l'ENASARCO, iscritta al n. 454 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visti gli atti di costituzione di Baldassarri Paolo e della Fondazione ENASARCO nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 2001 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi gli avvocati Giovanni Angelozzi per Baldassarri Paolo, Bartolo Spallina per la Fondazione ENASARCO e l'avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con ordinanza del 18 giugno 1999, emessa nel corso del giudizio civile promosso da un agente di commercio, al fine di ottenere la condanna dell’ENASARCO alla riliquidazione della pensione di vecchiaia tramite la rivalutazione della base retributiva pensionabile, il Tribunale di Ravenna ha sollevato, in riferimento agli artt. 38, secondo comma, 36 e 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e rappresentanti di commercio), "nella parte in cui non prevede l’adeguamento della pensione di vecchiaia degli agenti e dei rappresentanti di commercio alla stregua di quanto previsto per gli altri lavoratori autonomi ex art. 6, ottavo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 63 (recte: 463)", convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638;

che, ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata, non prevedendo "nessun meccanismo di adeguamento dell’importo nominale" della base di calcolo utilizzata per la liquidazione di detta pensione, contrasta:

- con l’art. 38, secondo comma, della Costituzione, giacchè non tutela in alcun modo il valore della base stessa dagli effetti negativi discendenti dalla svalutazione monetaria;

- con l’art. 36 della Costituzione, in quanto "non assicura alcuna correlazione della prestazione pensionistica ai contributi effettivamente versati sulla base delle provvigioni liquidate e quindi incide sulla stessa proporzionalità della prestazione alla quantità e qualità del lavoro svolto";

- con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, per l'ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli altri lavoratori autonomi, ai quali l’art. 6, ottavo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638, assicura un meccanismo di adeguamento della pensione base;

che la prospettata questione di costituzionalità non investe, secondo il giudice a quo, la problematica "della perequazione automatica successiva alla liquidazione della pensione, nè della sua integrazione al minimo", ma mira ad ottenere "un meccanismo di difesa della base di calcolo della pensione", che non può "essere compensato" dalla facoltà di versamento dei contributi volontari, che sono finalizzati, esclusivamente, a far conseguire una maggiore anzianità contributiva;

che l’ordinanza, nell’osservare che il legislatore ha ritenuto "di generale necessità un meccanismo di adeguamento e di difesa dagli effetti dell’inflazione" sia per i lavoratori dipendenti, che per quelli autonomi, reputa la denunciata omissione ancor più ingiustificata, dal momento che il nuovo "Regolamento delle attività istituzionali" dell’ENASARCO, approvato il 24 settembre 1998, prevede, per il futuro, "un meccanismo di rivalutazione della media provvigionale utilizzata per il calcolo della pensione" (art. 15, comma 3), non senza precisare, al tempo stesso, che ciò che si sollecita non é la "semplice estensione di un regime più favorevole" da una gestione all’altra, ma l’eliminazione di "una lacuna palesemente irragionevole", attraverso il criterio di adeguamento di cui al citato art. 6, ottavo comma, del decreto-legge n. 463 del 1983 "e secondo le stesse decorrenze";

che, ad avviso del giudice a quo, la questione ora prospettata risulta diversa da quella che, in precedenza, aveva portato alla pronunzia di inammissibilità di cui alla sentenza n. 265 del 1992, con la quale la Corte aveva rilevato che venivano invocati dal rimettente "due criteri alternativi di rivalutazione";

che si é costituito in giudizio il ricorrente nel giudizio a quo per sentir dichiarare l’incostituzionalità della denunciata disposizione;

che si é costituita, altresì, la Fondazione ENASARCO, parte convenuta nel giudizio a quo, che ha concluso per l'inammissibilità o, comunque, l'infondatezza della sollevata questione;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo una declaratoria di infondatezza della questione;

che, nell'imminenza dell'udienza, hanno depositato memorie illustrative sia la Fondazione ENASARCO, che il Presidente del Consiglio dei ministri, ribadendo le argomentazioni e le conclusioni di cui ai rispettivi atti di costituzione ed intervento.

Considerato che il denunciato art. 10 della legge 2 febbraio 1973, n. 12, nella parte in cui non prevede meccanismi di indicizzazione della base di computo del trattamento pensionistico erogato dall'ENASARCO, é stato già oggetto di scrutinio da parte della Corte, che, con la sentenza n. 265 del 1992, ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità allora sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione;

che, contrariamente a quanto opinato dall'attuale rimettente in ordine alla ratio decidendi della menzionata pronuncia, la Corte, in quell'occasione, pur evidenziando la circostanza che la questione era stata prospettata senza una previa e chiara scelta di uno dei possibili sistemi di rivalutazione della base pensionabile, ritenne che, in ogni caso, rientrava nella discrezionalità del legislatore la determinazione del sistema di indicizzazione della base di computo del trattamento pensionistico erogato agli agenti di commercio;

che, inoltre, la medesima decisione, sia pur tralasciando altre considerazioni di merito, segnalò, tuttavia, che gli effetti negativi della svalutazione monetaria intervenuta tra il momento di maturazione del periodo di contribuzione obbligatoria e quello di conseguimento del diritto a pensione, avrebbero potuto trovare compensazione nella facoltà concessa all'interessato del versamento di contributi volontari (art. 8 della legge n. 12 del 1973);

che, invero, ad ulteriore sviluppo delle ragioni in precedenza addotte, deve, anzitutto, rilevarsi, in via di principio, che il problema della conformità a Costituzione di un sistema previdenziale che non contempli un meccanismo di adeguamento della base di computo del trattamento pensionistico non può prescindere, in ogni caso, dalla considerazione del complessivo quadro normativo in cui la norma censurata si colloca (sentenza n. 457 del 1998) e ciò, segnatamente, quando si tratti di un sistema connotato dall'autofinanziamento delle rispettive gestioni in una visione di mutualità di gruppo o categoriale;

che, in particolare, quanto all'asserita lesione degli artt. 38, secondo comma, e 36 della Costituzione, va osservato che, nell'ambito di un regime previdenziale che adotta un sistema retributivo di calcolo della pensione di vecchiaia, qual é quello delineato dalla legge n. 12 del 1973, la garanzia della proporzionalità ed adeguatezza del trattamento pensionistico non esige, tuttavia, un intangibile rapporto di corrispondenza tra contributi versati e pensione (sentenze n. 307 del 1989 e n. 30 del 1976);

che, peraltro, contrariamente a quanto reputa il rimettente, non può disconoscersi, ai fini della tutela assicurata dall’art. 38 della Costituzione, e per contrastare gli effetti negativi denunciati dall'ordinanza, il rilievo che assume, nel caso in esame, non solo il già ricordato istituto della contribuzione volontaria, ma, al tempo stesso, quello della perequazione automatica di cui alla disciplina contenuta negli artt. 9 e 10 della legge n. 160 del 1975, resa applicabile, nella specie, dall'art. 1 del decreto-legge n. 942 del 1977, convertito, con modificazioni, nella legge n. 41 del 1978;

che, sempre al fine suddetto, risulta comunque decisiva la circostanza che gli iscritti all'Ente beneficiano del meccanismo della rivalutazione (art. 5, comma 6, della legge n. 233 del 1990 e art. 3 del decreto legislativo n. 503 del 1992) della base di computo del trattamento facente capo alla gestione speciale istituita presso l’INPS in base alla legge 22 luglio 1966, n. 213, che ha attribuito alla pensione ENASARCO natura integrativa del predetto trattamento (art. 29);

che, quanto alla dedotta violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, non può non rammentarsi il consolidato orientamento della Corte, secondo il quale la comparazione tra regimi previdenziali diversi non vale di per sè a dimostrare la lesione del principio di eguaglianza (tra le molte, sentenza n. 61 del 1999), soprattutto se la prospettazione medesima, come nel caso di specie, si limiti ad evidenziare isolati elementi di disparità di trattamento e manchi di operare una globale comparazione tra i regimi previdenziali stessi (tra le altre, sentenze n. 345 del 1999 e n. 457 del 1998);

che, comunque, il tertium comparationis evocato dal rimettente e cioé l'art. 6, ottavo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638 - oltre a non contemplare un vero e proprio meccanismo di rivalutazione della base pensionabile per le gestioni assicurative INPS relative ai lavoratori autonomi, ma un coefficiente di adeguamento della pensione base - é stato abrogato dal comma 3 dell'art. 5 della legge n. 233 del 1990;

che, pertanto, alla luce delle ulteriori considerazioni svolte, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e rappresentanti di commercio), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 36 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Ravenna con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2001.