Sentenza n. 84/2001

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SENTENZA N. 84

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Fernando                    SANTOSUOSSO           Presidente

- Massimo                     VARI                                Giudice

- Riccardo                     CHIEPPA                              "

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                  "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                          NEPPI MODONA                "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                       "

- Giovanni Maria          FLICK                                    "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), promosso con ricorso della Provincia di Trento, notificato il 21 aprile 1999, depositato in cancelleria il 27 aprile 1999 ed iscritto al n. 16 del registro ricorsi 1999.

  Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell'udienza pubblica del 23 gennaio 2001 il Giudice relatore Franco Bile;

  uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Provincia di Trento e l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 21 aprile 1999 la Provincia autonoma di Trento ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 12 marzo 1999 n.68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), per violazione delle potestà legislative ed amministrative di cui all'art. 8, numeri 1, 10, 17, 18, 23, 25 e 29, all'art. 9, numeri 4, 5 e 10, e all'art. 16 dello statuto di autonomia (d.P.R. 31 agosto 1972, n.670) e delle relative norme di attuazione ed in particolare delle disposizioni di cui al decreto legislativo 16 marzo 1992 n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonchè la potestà statale di indirizzo e coordinamento).

Osserva la difesa della Provincia che la citata legge n. 68 del 1999 reca numerose disposizioni che toccano competenze provinciali, sia primarie (quali l'ordinamento degli uffici e del personale, l'edilizia ed i lavori pubblici, i trasporti, l'assistenza e l'orientamento dei lavoratori, l'addestramento e la formazione professionale, l'assistenza sociale) che concorrenti (quali quelle relative al lavoro ed al collocamento, nonchè all'assistenza sanitaria).

La Provincia ricorrente deduce in particolare che in queste materie lo Stato può sì intervenire dettando una propria disciplina, ma il conseguente adeguamento della normativa provinciale deve seguire le regole poste dal d.lgs. n.266 del 1992, citato: ossia (ai sensi dell'art. 2) la Provincia avrà il dovere di adeguare la propria legislazione ai vincoli derivanti dalla nuova normativa primaria statale, mentre (ai sensi dell'art. 3) sarà vincolata dagli atti di indirizzo e coordinamento in relazione al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti.

Argomenta ulteriormente la Provincia ricorrente che la legge n.68 del 1999, mentre in generale (all'art. 19) sancisce che <<sono fatte salve le competenze legislative nelle materie di cui alla presente legge delle regioni a statuto speciale e delle province autonome>>, al successivo art. 20 prevede che <<entro venti giorni dalla data di cui all'art. 23, comma 1, sono emanate, sentita la conferenza unificata, norme di esecuzione, aventi carattere generale, cui Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano si conformano, nell'ambito delle rispettive competenze, ai fini dell'attuazione della presente legge>>.

In tal modo - secondo la difesa della Provincia - il legislatore ha previsto un potere regolamentare (del Governo) al quale le Province autonome resterebbero soggette, potere che é illegittimo ed invasivo rispetto agli invocati parametri costituzionali, statutari ed attuativi, che regolano i rapporti tra normazione statale e normazione regionale, atteso che il potere regolamentare non costituisce fonte idonea e non può intervenire a porre vincoli alle autonomie regionali ed a quella delle Province autonome. In ogni caso sono violate le regole poste dagli artt. 2 e 3 del citato d.lgs. n. 266 del 1992, che definiscono in termini esaustivi gli obblighi di adeguamento alle sopravvenute leggi statali ed agli atti di indirizzo e coordinamento.

2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione di costituzionalità sollevata dalla Provincia di Trento.

In particolare l'Avvocatura sottolinea che la disposizione censurata (art. 20 della legge n. 68 del 1999) deve essere letta congiuntamente al precedente art. 19, che fa espressamente salve le competenze legislative delle Province autonome (e delle Regioni a statuto speciale). Quindi anche l'art. 20 censurato ribadisce l'autonomia delle stesse nelle materie rimesse alla disciplina regolamentare ivi prevista.

Tale disposizione, nel far riferimento all'esigenza di conformità nell'ambito delle <<rispettive competenze>>, in realtà va nella direzione di rafforzare l'indipendenza gestionale delle Regioni e delle Province autonome.

Infine - conclude l'Avvocatura dello Stato, nel richiamare anche il decreto legislativo n. 430 del 21 settembre 1995 di delega alle Province autonome di Trento e Bolzano delle funzioni amministrative in materia di collocamento ed avviamento al lavoro - la disposizione censurata non si pone in contrasto con l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, le cui prescrizioni, quanto al dovere di adeguamento alla legislazione statale, rimangono salve nei termini ivi previsti.

Considerato in diritto

1. - La questione di costituzionalità ha ad oggetto l'art. 20 della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), nella parte in cui prevede che le Province autonome di Trento e Bolzano si conformano, nell'ambito delle rispettive competenze, alle norme di esecuzione, aventi carattere generale, emanate, sentita la conferenza unificata, ai fini dell'attuazione della legge medesima; ed é sollevata con riferimento alle potestà legislative ed amministrative delle Province di cui all'art. 8, numeri 1, 10, 17, 18, 23, 25 e 29, all'art. 9, numeri 4, 5 e 10, e all'art. 16 dello statuto speciale della Regione autonoma del Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), nonchè alle disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.

2. - La legge 12 marzo 1999, n. 68 - la quale segue la legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate (legge 5 febbraio 1992, n.104) e completa la riforma del collocamento, che aveva conferito funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali (decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469) - detta norme per il diritto al lavoro dei disabili, in particolare sostituendo la precedente regolamentazione del collocamento obbligatorio (legge 2 aprile 1968, n. 482), espressamente abrogata. Essa disciplina essenzialmente la costituzione, lo svolgimento e l'estinzione del rapporto di lavoro dei soggetti disabili; e strumentalmente prevede attività amministrative di supporto mirate, direttamente od indirettamente, a realizzare la finalità dell'occupazione di tali soggetti, anche in ordine all’addestramento ed alla formazione professionale.

Questa area di intervento della legge impugnata coinvolge plurime competenze legislative, sia primarie che concorrenti, delle Province di Trento e Bolzano previste dallo statuto speciale di autonomia, in tema di ordinamento del personale degli uffici provinciali (art. 8, numero 1), di uffici del collocamento (art. 8, numero 23, e art. 9, numero 5), di addestramento e formazione professionale (art. 8, numero 29). Queste competenze sono però rilevanti non in ragione di una specifica disciplina statale con esse in ipotesi confliggente, bensì sotto il più generale profilo dell'incidenza di una potestà normativa statale secondaria, configurata in termini non omogenei ai criteri cui si ispira il rapporto tra normativa statale e normativa delle Province autonome, posto in particolare dalle disposizioni di attuazione dello statuto speciale di autonomia di cui al d.lgs. n. 266 del 1992.

3. - In relazione alla posizione di autonomia ad esse costituzionalmente garantita, la legge n. 68 del 1999 contiene due espresse disposizioni (gli artt. 19 e 20) specificamente riguardanti (anche) le Province autonome di Trento e Bolzano.

Da un lato, l'art. 19 fa salve le competenze legislative di tali Province (oltre che di tutte le Regioni a statuto speciale), movendosi in linea di continuità con la precedente disciplina di settore (cfr., in particolare e nella stessa materia, l’art. 9 del d.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, e l’art. 2 della legge 5 febbraio 1992, n. 104).

Ma, d’altro lato, siffatto dichiarato rispetto dell'autonomia provinciale é contraddetto dal successivo art. 20, il quale prevede che le Province autonome (oltre che le Regioni) si conformano <<nell'ambito delle rispettive competenze>> alle norme di esecuzione, aventi carattere generale, della legge medesima (norme successivamente poste dal d.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333).

Orbene, anche se l’art. 20, come propone l’Avvocatura dello Stato, viene letto in coordinamento sistematico con il precedente art. 19, la pur ampia salvezza delle competenze delle Province autonome, da quest'ultimo predicata, non può sovrapporsi del tutto al contenuto normativo del primo, al punto di assicurare ad esso la compatibilità con le competenze costituzionalmente garantite alle Province stesse.

L'inequivoco tenore testuale della norma censurata mostra infatti che il legislatore ordinario ha inteso introdurre a carico delle Province autonome un obbligo di conformazione che, in quanto riferito alla normativa statale secondaria, si pone come diverso ed ulteriore rispetto al meccanismo di adeguamento disegnato nelle norme di attuazione dello statuto (artt. 2 e 3 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, la cui valenza integrativa del precetto statutario é stata più volte affermata dalla giurisprudenza di questa Corte: da ultimo sentenza n. 520 del 2000); e risulta perciò con esse contrastante e come tale affetto da illegittimità costituzionale.

4. - Secondo il consolidato orientamento della Corte, un regolamento (governativo o ministeriale) non può contenere norme miranti a limitare la sfera di competenza delle Regioni nelle materie loro attribuite, in quanto esse <<non sono soggette, in linea di principio, alla disciplina dettata con i regolamenti governativi>> (sentenze n. 507 del 2000 e n. 352 del 1998). Infatti <<la regola di base nei rapporti fra fonti secondarie statali e fonti regionali é quella della separazione delle competenze, tale da porre le Regioni al riparo dalle interferenze dell'esecutivo centrale>> (sentenza n. 250 del 1996); e quindi la potestà regolamentare volta ad attuare la legge statale non può disciplinare materie riservate alla competenza regionale (sentenze numeri 420 del 1999, 482 e 333 del 1995, 461 e 97 del 1992).

Questi principi valgono anche per le competenze costituzionalmente garantite alle Province autonome, che - al pari delle Regioni - non possono subire interferenze derivanti da atti regolamentari dello Stato (sentenza n. 31 del 2001).

5. - Con particolare riferimento alla speciale posizione di autonomia garantita alle Province autonome di Trento e Bolzano, questa Corte ha già scrutinato altra disposizione (art. 11, comma 1, della legge 4 maggio 1990, n.107) che, non dissimilmente da quella in esame, prevedeva per tali Province un generale obbligo di conformazione alle norme di indirizzo e coordinamento emanate per l'attuazione della legge medesima. E - nell'escludere che, al di là del dato testuale, la disposizione allora censurata si limitasse ad autorizzare in quella fattispecie l'esercizio della funzione governativa di indirizzo e coordinamento - ha ritenuto che essa si riferisse ad una vera e propria fonte normativa secondaria, e, più precisamente, ad una potestà regolamentare volta all'attuazione della legge; la quale però - non potendo concernere materie riservate alle competenze regionali e delle Province autonome - é risultata essere in tale parte costituzionalmente illegittima (sentenza n. 49 del 1991).

A maggior ragione l’incostituzionalità sussiste per la disposizione in esame, che non contiene alcun formale riferimento all'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, bensì esplicitamente configura una fonte normativa secondaria, idonea a far sorgere per le Province autonome un obbligo di conformazione.

Il vizio é accentuato dal rilievo che - oltre all'obbligo di adeguamento che può discendere da atti legislativi dello Stato, nei limiti previsti dall'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, citato - un vincolo per le Province autonome derivante da altre fonti può essere posto solo da atti amministrativi statali di indirizzo e coordinamento emanati dal Governo, limitatamente al conseguimento degli obiettivi e dei risultati in essi stabiliti, così come dispone il successivo art. 3 del medesimo decreto. Il quale inoltre prescrive, come ulteriore salvaguardia dell'autonomia delle Province sul piano procedimentale, la previa consultazione, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, delle Province stesse, per quanto attiene alla compatibilità dell'atto con lo statuto di autonomia e con le relative norme di attuazione.

Nella fattispecie, per contro, é configurata non già la previsione - pur possibile in via di massima - di un potere di indirizzo e coordinamento volto a porre alle Province, previa concertazione, obiettivi e risultati da conseguire, ma una generale potestà normativa secondaria, che, proprio perchè autorizzata a far sorgere direttamente a carico di queste un ampio obbligo di conformazione, con indistinto riferimento a (tutto) l'<<ambito delle rispettive competenze>>, pretende di porsi in posizione sovraordinata rispetto alle competenze costituzionalmente garantite delle Province autonome, così alterando il rapporto tra competenze statali e provinciali, a vantaggio delle prime.

6. - Non vale a negare tale alterazione delle competenze la circostanza che il regolamento di esecuzione potrebbe in ipotesi contenere, per le Province autonome, soltanto prescrizioni di carattere tecnico, desumibili da nozioni delle scienze esatte, che - secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 30 del 1998, n. 61 del 1997, n. 381 del 1996) - non sono lesive delle competenze delle Province medesime, in quanto da esse <<non derivano limitazioni alle scelte rientranti nell’autonomia politico-amministrativa dell’ente >> (sentenza n. 31 del 2001).

Infatti il censurato art. 20 non reca alcuna limitazione alla prevista normativa regolamentare, ma invece prevede il già rilevato obbligo di conformazione, illimitato e non circoscritto alle norme tecniche. E proprio questa generale incidenza sul sistema delle fonti, che altera il rapporto tra fonti statali e della Provincia autonoma, vizia in radice la disposizione.

7. - Va quindi dichiarata l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata, limitatamente all'inciso <<e le province autonome di Trento e Bolzano>>.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), limitatamente all'inciso <<e le province autonome di Trento e Bolzano>>.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 30 marzo 2001.