Ordinanza n. 530/2000

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 530

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del Senato della Repubblica del 29 luglio 1999 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal senatore Angelo Giorgianni, promosso dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, con ricorso depositato il 25 maggio 2000 ed iscritto al n. 157 del registro ammissibilità conflitti.

 Udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2000 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con “ordinanza-ricorso” del 20 maggio 2000, depositata nella Cancelleria della Corte il 25 maggio 2000, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica in relazione alla deliberazione dell’Assemblea del 29 luglio 1999, con la quale si è ritenuto che concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, e ricadono pertanto nell’ambito della insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione, determinati fatti oggetto di giudizio disciplinare davanti alla predetta sezione nei confronti del dott. Angelo Giorgianni, magistrato fuori ruolo in aspettativa per mandato parlamentare perché senatore della Repubblica;

che la ricorrente premette di essere legittimata a sollevare conflitto in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene, nell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite; e lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita a norma dell’art. 105 della Costituzione, in conseguenza di un esercizio illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere spettante alla Camera di appartenenza del parlamentare di dichiarare l’insindacabilità di alcune delle attività da lui poste in essere;

che, secondo la ricorrente, tra le attività contestate al magistrato, già Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina, e che il Senato ha dichiarato concernere opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni di parlamentare – attività consistenti rispettivamente nell’avere omesso di informare sullo stato delle indagini i colleghi che lo avrebbero sostituito, dopo l’elezione a senatore, nella conduzione di un procedimento, nell’aver disposto la cancellazione dal computer di dati relativi a detto processo, nell’aver frequentato con continuità un personaggio di dubbia fama per i suoi precedenti penali e giudiziari, e nell’aver reso dichiarazioni alla commissione parlamentare antimafia in sede di inchiesta relativa ai rapporti intercorsi con detto personaggio – solo l’ultima sarebbe caratterizzata da nesso funzionale con l’esercizio del mandato di parlamentare, mentre tale nesso non sussisterebbe per gli altri fatti: onde la sezione chiede alla Corte di dichiarare che non spetta al Senato ritenere tali fatti ricadenti nell’ipotesi di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione, annullando in parte qua la relativa deliberazione parlamentare.

Considerato che in questa sede la Corte è chiamata, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare, senza contraddittorio, se esista “la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza”;

che la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in sede di giudizio sulle incolpazioni mosse ai magistrati, esercita, in posizione di indipendenza, una attribuzione costituzionalmente spettante al medesimo Consiglio ai sensi dell’art. 105 della Costituzione, nell’ambito di un procedimento cui la legge ha conferito caratteri giurisdizionali (cfr. sentenze n. 289 del 1992; n. 71 del 1995 e n. 497 del 2000), essendo le relative pronunce soggette solo ad impugnazione davanti alle Sezioni unite della Corte di cassazione (art. 17, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195);

che il Senato della Repubblica è legittimato ad essere parte del conflitto, essendo competente a dichiarare in via definitiva la volontà del potere che rappresenta;

che, sotto il profilo oggettivo, la ricorrente lamenta la menomazione di una propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, ad opera di una delibera parlamentare, denunciata come illegittima, concernente l’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che possono ritenersi dunque, in questa sede di prima delibazione, sussistenti i requisiti di un conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato, riservata ogni pronuncia definitiva, anche in ordine alla ammissibilità del ricorso, con particolare riguardo ai profili - per la prima volta all’attenzione di questa Corte, e che è opportuno le parti possano fare oggetto di considerazione in contraddittorio – concernenti la configurabilità della sezione ricorrente, ai fini del conflitto e della relativa legittimazione a proporlo, come organo assimilabile a quelli giurisdizionali, per la difesa di attribuzioni costituzionalmente spettanti agli organi della giurisdizione, ovvero come articolazione funzionalmente autonoma dell’organo Consiglio superiore della magistratura, titolare della attribuzione costituzionale relativa all’adozione dei provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati (art. 105 della Costituzione), ovvero ancora come portatrice di entrambe queste posizioni; nonché la spettanza della legittimazione processuale a proporre il ricorso alla sezione disciplinare in quanto tale o al Consiglio superiore della magistratura nel suo plenum;

che dal ricorso è dato ricavare le ragioni del conflitto e le norme costituzionali che regolano la materia (art. 26, primo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura nei confronti del Senato della Repubblica, con l’atto indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza alla ricorrente sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

b) che, a cura della ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro trenta giorni dalla comunicazione di cui sub a), per esser successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine fissato dall’art. 26, terzo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 novembre 2000.