Sentenza n. 405/2000

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SENTENZA N. 405

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI   

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI         

- Cesare RUPERTO    

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE  

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del decreto legge 2 novembre 1998, n. 378, recante "Restituzione del contributo straordinario per l’Europa ed altre disposizioni tributarie urgenti", e degli artt. 1 e 28, comma 16, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante "Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo", promossi con ricorsi della Regione Siciliana notificati il 3 dicembre 1998 e il 27 gennaio 1999, depositati in cancelleria il 4 dicembre 1998 e il 2 febbraio 1999 ed iscritti al n. 46 del registro ricorsi 1998 ed al n. 6 del registro ricorsi 1999.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 9 maggio 2000 il Giudice relatore Valerio Onida;

uditi gli avvocati Giovanni Carapezza Figlia e Liana Cordone per la Regione Siciliana e l’avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 3 dicembre e depositato il 4 dicembre 1998 (R. Ric. n. 46 del 1998), la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 36 dello statuto speciale e all’art. 2 delle norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonchè all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, del decreto legge 2 novembre 1998, n. 378 (Restituzione del contributo straordinario per l’Europa ed altre disposizioni tributarie urgenti).

Il decreto legge impugnato, all’art. 1, dispone la restituzione ai contribuenti di un importo pari al 60 per cento del cosiddetto contributo straordinario per l’Europa effettivamente trattenuto o versato: contributo istituito dall’art. 3, comma 194, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, il cui gettito era stato riservato all’erario ai sensi del successivo comma 216 dello stesso art. 3. La restituzione, sempre a norma dell’art. 1 del decreto (commi da 2 a 6), é realizzata in linea di principio mediante compensazione con altri debiti tributari degli stessi contribuenti relativi ad imposte dovute per il 1998; solo per i contribuenti che non possono portare il relativo ammontare in diminuzione di altri debiti tributari é previsto il rimborso, da effettuare su istanza presentata entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo.

La ricorrente, premesso che il decreto impugnato apparirebbe destinato a non essere convertito in legge, essendo prevista la riproduzione delle medesime norme nel successivo provvedimento legislativo collegato alla finanziaria, ricorda che, ai sensi dell’art. 36 dello statuto siciliano e dell’art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, spettano alla Regione tutte le entrate tributarie erariali (a parte talune eccezioni) riscosse nell’ambito del territorio regionale; e lamenta che la compensazione prevista dall’art. 1 del decreto, venendo ad incidere sull’importo dei tributi versati o trattenuti a carico dei contribuenti in relazione all’anno 1998, spettanti alla Regione (IVA, o imposta sul reddito delle persone fisiche, o altre imposte) – laddove il gettito del contributo a suo tempo versato o trattenuto era stato riservato allo Stato –, sottragga indebitamente alla Regione stessa risorse di sua pertinenza, e ponga di fatto a carico del bilancio regionale l’onere del rimborso a favore dei contribuenti siciliani.

Secondo la ricorrente, trattandosi di un tributo riscosso a vantaggio dello Stato, il rimborso dovrebbe anch’esso far capo allo Stato; e, d’altra parte, mancherebbe la caratteristica fondamentale della compensazione, cioé l’identità del soggetto contemporaneamente creditore e debitore dello stesso contribuente, poichè quest’ultimo sarebbe debitore della Regione e creditore dello Stato.

La speciale autonomia riconosciuta alla Regione Siciliana escluderebbe che lo Stato possa far venir meno di fatto i presupposti finanziari cui sono ancorate le valutazioni programmatorie di spesa della Regione, eminentemente discrezionali.

Sussisterebbe altresì, ad avviso della ricorrente, violazione dell’obbligo di copertura finanziaria, di cui all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, poichè il decreto impugnato si limita a prevedere, all’art. 4, la copertura finanziaria solo per la minore entrata riferita al bilancio statale, e non quella relativa alla minore entrata riferita al bilancio della Regione stessa, così condizionandosi la disponibilità da parte di questa delle risorse indispensabili per il concreto esercizio delle proprie potestà legislative ed amministrative.

2. – Si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso, in quanto rivolto contro un decreto legge che la stessa ricorrente dice "destinato a non essere convertito in legge", o comunque di dichiararlo infondato. Le norme invocate come parametro non limiterebbero infatti il potere dello Stato di determinare quali entrate tributarie debbano essere riscosse, onde, se al contribuente viene riconosciuto un beneficio che riduce l’importo dell’imposta dovuta, si avrebbe di conseguenza una legittima riduzione della somma di spettanza della Regione.

3. – Con successivo ricorso notificato il 27 gennaio e depositato il 2 febbraio 1999 (R. Ric. n. 6 del 1999), la Regione Siciliana ha proposto analoga impugnazione, sempre in riferimento all’art. 36 dello statuto speciale e all’art. 2 delle norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965, nonchè all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, nei confronti degli articoli 1 e 28, comma 16, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo).

L’art. 1 della legge impugnata riproduce testualmente la disposizione dell’art. 1 del precedente decreto legge n. 378 del 1998, di cui si é riferito sopra, sub 1, salvo una aggiunta al comma 6, secondo la quale al rimborso a favore dei contribuenti che non possano avvalersi della compensazione si provvede entro novanta giorni dalla presentazione della relativa istanza. Il successivo art. 17 della legge dispone l’abrogazione del decreto legge n. 378, e prevede che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e che sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo.

A sua volta l’art. 28, comma 16, della legge prevede che "nella determinazione delle spettanze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano per l’anno 1999 si tiene conto del minor gettito derivante dall’applicazione dell’articolo 1, in relazione agli statuti di autonomia e alle rispettive norme di attuazione".

La Regione ricorrente riproduce nei confronti delle disposizioni impugnate le censure già sollevate nei riguardi del decreto legge n. 378 del 1998, ritenendo che la norma contenuta nel citato art. 28, comma 16, della legge non garantisca la restituzione alla Regione stessa delle somme ad essa spettanti e corrispondenti al minor gettito riscosso per i tributi di sua competenza in forza del sistema di compensazione previsto.

Premesso che, in mancanza di tale ultima disposizione, la Corte avrebbe ben potuto trasferire il proprio esame dal decreto legge a suo tempo impugnato alla legge n. 448 del 1998, che contiene la stessa norma, la ricorrente ribadisce anzitutto le censure già esposte riguardo al decreto legge.

Osserva poi che la formulazione lessicale dell’art. 28, comma 16, della legge non sembrerebbe definire compiutamente la questione del rimborso alla Regione delle somme corrispondenti alle minori entrate dalla stessa percepite, in quanto non garantirebbe il trasferimento integrale ed immediato a favore della Regione degli importi in questione, e consentirebbe di ritenere la sussistenza di un indebito potere discrezionale dello Stato, sia ai fini della determinazione dell’ammontare, sia ai fini dell’individuazione del momento in cui l’accreditamento di somme alla Regione debba avvenire.

Infatti il sistema dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Siciliana, che consente a quest’ultima la riscossione diretta nel proprio territorio dei tributi ad essa spettanti, non contemplerebbe alcuna "determinazione delle spettanze" regionali da parte statale, onde verrebbe a mancare la sede in cui possa procedersi in tal senso per compensare la perdita di gettito sofferta dalla Regione.

Non potrebbe intendersi che con tale generica indicazione ci si sia riferiti al provvedimento legislativo previsto dal successivo comma 17, finalizzato alla definizione dei rapporti finanziari pregressi fra lo Stato e la Regione Siciliana fino al 1996; nè che si possano utilizzare a tal fine le procedure e gli strumenti previsti dal comma 14 dello stesso art. 28, relativo alla ripartizione delle disponibilità finanziarie per la sanità; nè infine che si possa utilizzare il contributo di solidarietà nazionale previsto dall’art. 38 dello statuto siciliano, poichè la relativa assegnazione é soggetta ad una revisione quinquennale, e poichè inoltre nessuna garanzia costituzionale sussisterebbe in ordine alle relative modalità di erogazione.

In ogni caso, sarebbe lesiva la previsione secondo cui del minor gettito in esame "si tiene conto", espressione questa indeterminata, e che potrebbe comportare una potestà discrezionale e non un obbligo di corresponsione dell’intera somma corrispondente al minor gettito.

Inoltre, la lesione dell’autonomia finanziaria risulterebbe anche se la restituzione fosse integrale, ma non venisse disposta nello stesso esercizio finanziario in cui il minor gettito si determina, in quanto le scelte di spesa della Regione, essendo ancorate alla necessità di una copertura finanziaria, resterebbero condizionate anche con riferimento al momento temporale in cui le entrate vengono riscosse.

Infine, secondo la ricorrente, sia la non integrale restituzione delle somme, sia il ritardo nella loro corresponsione comporterebbero altresì la violazione dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione, che imporrebbe l’espressa previsione di un trasferimento a favore della Regione, e a carico dello Stato, di un importo pari a quello della restituzione in via compensativa del contributo per l’Europa.

4. – Anche in tale giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio: premesso che non sarebbe illegittima una norma che mettendo in opera un sistema di compensazione produca una riduzione di gettito effettivo per tutto il territorio dello Stato, la difesa erariale afferma che la disposizione dell’art. 28, comma 16, della legge impugnata salvaguarderebbe puntualmente l’interesse della Regione.

Quanto alla integralità del recupero delle minori entrate, osserva che la norma comporta che si determini esattamente il minor gettito; quanto alla tempestività della reintegrazione, non vi sarebbero ragioni per sospettare che essa non avvenga con cadenze ragionevoli; in ogni caso, le norme statutarie non garantirebbero alla Regione una reintegrazione immediata. Onde la censura dell’art. 28, comma 16, sarebbe infondata.

5. – Nell’imminenza dell’udienza la difesa erariale ha prodotto una memoria. In essa, dopo aver ricordato che la legge n. 448 del 1998 vincola anche le Regioni al cosiddetto patto di stabilità interno, con gli obiettivi della riduzione del disavanzo e dell’ammontare del debito, da perseguire attraverso appositi accordi tra il Governo e la Regione, si sostiene che il ricorso contro il decreto legge n. 378 del 1998 sarebbe divenuto inammissibile a seguito della avvenuta abrogazione e sostituzione della disciplina in esso contenuta con quella della legge n. 448.

Quanto a quest’ultima, si nega che la disposizione dell’art. 28, comma 16, implichi valutazioni discrezionali dello Stato, mentre sarebbe inequivoca la volontà legislativa di imporre di calcolare a credito della Regione quanto da essa percepito in meno in dipendenza dei meccanismi compensativi previsti: come confermerebbe il richiamo agli statuti speciali e alle norme di attuazione. Resterebbe necessaria solo un’attività di accertamento del quantum.

Nè varrebbe ipotizzare ritardi in sede di attuazione, al di là delle cadenze ragionevolmente necessarie per il conteggio del minor gettito, che sarebbe d’altronde ancorato alla determinazione delle spettanze regionali per il 1999, individuandosi quindi un preciso limite temporale.

Infine, non avrebbe pregio il rilievo relativo alla assenza, per la Sicilia, di un atto formale di devoluzione delle disponibilità finanziarie: la norma sarebbe destinata ad operare non per le sole ipotesi di trasferimento di entrate tributarie dallo Stato alla Regione, ma anche laddove, nei confronti della Regione Siciliana, sono configurabili altri atti comportanti "determinazione delle spettanze" della stessa, come i decreti con cui vengono individuate le nuove entrate tributarie riservate allo Stato, e correlativamente le entrate spettanti alla Regione.

Considerato in diritto

1. – I due giudizi, data la stretta connessione oggettiva fra gli stessi, devono essere riuniti per essere decisi con unica pronunzia.

2. – Le questioni proposte investono, in primo luogo, il d.l. 2 novembre 1998, n. 378 (Restituzione del contributo straordinario per l’Europa ed altre disposizioni tributarie urgenti), e più precisamente (ancorchè le conclusioni del ricorso facciano genericamente riferimento al decreto legge) gli articoli 1 e 4 dello stesso, che, rispettivamente, prevedono la restituzione ai contribuenti del 60 per cento del cosiddetto contributo straordinario per l’Europa versato o trattenuto – contributo la cui istituzione era stata disposta dall’art. 3, comma 194, della legge n. 662 del 1996 – disciplinandone le modalità mediante compensazione con altri debiti tributari relativi al 1998 o mediante rimborso (art. 1), e la clausola di copertura finanziaria delle minori entrate a favore del bilancio dello Stato discendenti da detta restituzione (art. 4); in secondo luogo, gli articoli 1 e 28, comma 16, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo): l’art. 1 riproduce, con una aggiunta marginale, il contenuto dell’art. 1 del d.l. n. 378 del 1998 (decreto legge di cui l’art. 17 della stessa legge n. 448 dispone l’abrogazione, pur facendone salvi gli effetti già prodotti); l’art. 28, comma 16, prevede che "nella determinazione delle spettanze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano per il 1999 si tiene conto del minor gettito derivante dall’applicazione dell’articolo 1, in relazione agli statuti di autonomia e alle rispettive norme di attuazione".

Le norme del decreto legge sono ritenute dalla Regione in contrasto con le norme statutarie e di attuazione in base alle quali é attribuito alla Regione l’intero gettito dei tributi erariali riscossi nel suo territorio, ad eccezione di alcuni tributi determinati; infatti, attuandosi la restituzione parziale del contributo mediante compensazione con altre imposte dovute dai contribuenti per il 1998, il cui gettito spetterebbe alla Regione, quest’ultima verrebbe a perdere tale gettito, mentre i proventi del contributo in precedenza riscosso erano stati versati allo Stato, al quale dovrebbe dunque fare carico l’onere della restituzione. Sarebbe inoltre violato l’art. 81, quarto comma, della Costituzione, in quanto si sarebbe provveduto alla copertura finanziaria delle sole minori entrate riscosse dallo Stato, e non di quelle riscosse dalla Regione.

Le norme della legge n. 448 del 1998 sono censurate per le medesime ragioni, là dove esse (art. 1) riproducono sostanzialmente quelle del decreto legge abrogato; quanto alla ulteriore disposizione dettata da tale legge (art. 28, comma 16), secondo cui si tiene conto del minor gettito risultante a favore delle Regioni a statuto speciale in sede di determinazione delle spettanze di queste per il 1999, sostiene la ricorrente che essa non garantirebbe l’attribuzione alla Regione di somme pari a quelle perdute per effetto della compensazione, lasciando alla discrezionalità degli organi dello Stato la determinazione dell’entità dell’ammontare riconosciuto e del momento in cui le somme verranno accreditate alla Regione medesima. Permarrebbe, dunque, la violazione dello statuto e quella dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione.

3. – Deve in primo luogo dichiararsi la inammissibilità della questione sollevata col ricorso (R. Ric. n. 46 del 1998) proposto nei confronti degli articoli 1 e 4 del decreto legge n. 378 del 1998, non convertito in legge. E’ vero infatti che gli effetti già prodotti dal decreto legge sono stati fatti salvi dall’art. 17 della legge n. 448 del 1998, ma tale clausola di sanatoria non é stata oggetto di impugnazione da parte della Regione, la quale si é limitata ad impugnare, col secondo ricorso (R. Ric. n. 6 del 1999), gli artt. 1 e 28, comma 16, della stessa legge n. 448, il primo dei quali, in particolare, riproduce sostanzialmente l’art. 1 del decreto legge n. 378. Pertanto, non operando, in questo caso, il trasferimento della questione (cfr. sentenze nn. 429 e 430 del 1997), essa risulta oggi inammissibile.

4.– La questione proposta nei confronti degli articoli 1 e 28, comma 16, della legge n. 448 del 1998 non é fondata, non avendo questa ultima disposizione la portata lesiva ad essa attribuita dalla ricorrente.

E’ indubbio, infatti, che la restituzione parziale del contributo per l’Europa, tributo straordinario istituito dalla legge statale il cui gettito é stato interamente devoluto all’erario statale, ai sensi dell'art. 3, comma 216, della legge n. 662 del 1996, non poteva e non può che far carico allo Stato; nè sarebbe giustificato far gravare l’onere di tale restituzione, sia pure in parte, sulla Regione, che non ha goduto del gettito del contributo restituito. La riduzione di gettito a favore della Regione, risultante dal meccanismo di compensazione disposto dalla legge impugnata, non consegue infatti ad una modifica della disciplina dei tributi, il cui gettito localmente riscosso spetta alla Regione, modifica sempre possibile da parte del legislatore statale, salvo valutarne l’incidenza sulla sufficienza del finanziamento complessivo assicurato alla Regione: bensì consegue esclusivamente all’operazione di restituzione parziale del tributo straordinario, di spettanza statale, che non può incidere sui rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione.

Ma appunto questa é la premessa da cui ha preso le mosse il legislatore per dettare la disposizione contenuta nell’art. 28, comma 16, della legge n. 448 del 1998, in forza della quale nella determinazione delle spettanze delle Regioni a statuto speciale per l’anno 1999 si tiene conto del minor gettito derivante dalla compensazione operata dai contribuenti ai fini della parziale restituzione del contributo per l’Europa.

Tale disposizione, ancorchè generica per quanto riguarda la sede in cui si debba procedere alla determinazione dell’entrata da attribuire alla Regione, non può certo intendersi nel senso, paventato dalla ricorrente, per cui sarebbe rimesso alla discrezionalità dell’esecutivo statale determinare l’entità delle somme dovute alla Regione e il tempo del loro riconoscimento. Al contrario, essa va intesa nel senso che l’esatto e complessivo ammontare delle minori entrate affluite alla Regione per effetto delle compensazioni operate dai contribuenti ai fini della restituzione del contributo per l’Europa deve trovare corrispondenza nella attribuzione alla Regione, nel 1999, di un ammontare identico.

Sussiste dunque la garanzia di ordine quantitativo che la ricorrente teme di non rinvenire nella norma denunciata.

Ma nemmeno ricorre la lesione dell’autonomia finanziaria regionale sotto il profilo del tempo in cui avviene la "restituzione" delle minori somme riscosse dalla Regione. Infatti, la norma censurata non lascia alcuna discrezionalità al Governo nazionale nemmeno in ordine al momento della attribuzione che deve farsi a favore delle Regioni delle somme in questione, precisando, al contrario, che essa deve aver luogo in sede di determinazione delle spettanze regionali per il 1999, vale a dire in sede di riparto delle somme riscosse nell’anno 1999. Ora, secondo le previsioni dei commi 2, 4 e 5 dell’art. 1 impugnato, per i contribuenti titolari di partita IVA la restituzione del contributo per l’Europa é effettuata mediante compensazione con i versamenti da eseguire a decorrere dal mese di gennaio 1999; per i lavoratori dipendenti e pensionati diversi da quelli che intrattengono il rapporto con il sostituto d’imposta che ha trattenuto il contributo straordinario, l’importo é ammesso in diminuzione delle imposte risultanti dalle dichiarazioni dei redditi relative al 1998 (presentate dunque nel 1999), ovvero, per il tramite del sostituto d’imposta, entro il secondo periodo di paga utile successivo alla presentazione della richiesta (quindi sempre non prima del 1999); per gli altri contribuenti non appartenenti alle categorie di cui ai commi 2, 3 e 4 l’importo é ammesso, ancora una volta, in diminuzione delle imposte risultanti dalle dichiarazioni dei redditi del 1998, presentate nel 1999.

E’ vero che, ai sensi del comma 3 di detto art. 1, per i contribuenti lavoratori dipendenti e pensionati che intrattengono il rapporto col sostituto d’imposta che ha trattenuto il contributo, l’importo spettante é riconosciuto dal sostituto "a partire dalle operazioni di conguaglio di fine anno 1998 deducendolo, fino ad integrale compensazione, dalle ritenute dovute". Ma poichè tali operazioni di conguaglio, avvenendo a fine anno, si riflettono in versamenti di imposte effettuati per lo più all’inizio dell’anno successivo, anche in queste ipotesi non si può dire che sia ravvisabile uno iato di significato apprezzabile fra il momento in cui si é verificata la minore entrata e quello del riconoscimento della relativa spettanza alla Regione.

Nè, infine, si può dire che manchi, per la Regione Siciliana, una sede nella quale possano effettuarsi le operazioni di determinazione delle somme spettanti alla Regione medesima a titolo di ristoro delle minori somme riscosse. Basti dire che, in forza delle ormai numerose clausole legislative che riservano allo Stato le nuove entrate, derivanti da vari provvedimenti legislativi, pur relative a tributi il cui gettito localmente riscosso é di spettanza regionale, devono ogni anno aver luogo operazioni di riparto fra Regione e Stato del gettito di tributi riscossi nel territorio regionale: in tale sede ben può tenersi conto anche delle entrate spettanti alla Regione a fronte del minor gettito derivante dalle operazioni di compensazione in questione. E vale ricordare, a tale proposito, che alla determinazione delle rispettive spettanze, in attuazione delle predette clausole legislative, deve procedersi, quando é il caso, con la partecipazione della Regione (v. sentenza n. 98 del 2000).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del decreto legge 2 novembre 1998, n. 378 (Restituzione del contributo straordinario per l’Europa ed altre disposizioni tributarie urgenti), sollevata, in riferimento all’art. 36 dello statuto speciale, all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonchè all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, dalla Regione Siciliana col ricorso in epigrafe (R.Ric. n. 46 del 1998);

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 28, comma 16, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), sollevata, in riferimento all’art. 36 dello statuto speciale, all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonchè all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, dalla Regione Siciliana col ricorso in epigrafe (R. Ric. n. 6 del 1999).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in cancelleria il 31 luglio 2000.