Ordinanza n. 355/2000

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ORDINANZA N. 355

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 11, numeri 3 e 4, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282 (Approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio), promosso con ordinanza emessa il 28 agosto 1999 dal Tribunale di La Spezia, iscritta al n. 591 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 giugno 2000 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che con ordinanza in data 28 agosto 1999 – emessa nel corso di un procedimento civile avente ad oggetto la domanda di risoluzione di un contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ammesso al gratuito patrocinio, e la domanda di quest’ultimo di determinazione dell’equo canone – il Tribunale di La Spezia, in composizione monocratica, dovendo provvedere sulla richiesta di liquidazione del compenso di un consulente tecnico d’ufficio, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui all’articolo 11, numeri 3 e 4, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282 (Approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio), “nella parte in cui non prevedono che siano anticipate dal pubblico erario anche le somme spettanti ai periti nominati dal giudice a titolo di compenso per l’opera prestata, salva annotazione a debito e ripetizione nelle forme di cui al medesimo articolo 11, numeri 3 e 4”;

che, ad avviso del remittente, le norme censurate, imponendo al perito di prestare gratuitamente la propria opera (salvo che per le spese vive anticipate dall’erario e prenotate a campione e salvo eventuale ripetizione del compenso nei confronti della parte non ammessa al gratuito patrocinio, se soccombente, ovvero nei confronti della stessa parte ammessa, qualora venga per essa a cessare lo stato di povertà), porrebbero il perito stesso in una condizione di assai dubbia imparzialità, poiché, al di là dell’evenienza del tutto aleatoria ed ipotetica di una ripresa dell’indigente dallo stato di povertà per cause diverse, la concreta possibilità di ottenere il compenso per l’opera prestata sarebbe agganciata in modo quasi esclusivo alla soccombenza di una delle parti, con sensibile alterazione della parità delle parti nel processo e in violazione diretta del diritto di difesa ed indiretta del principio di eguaglianza, che imporrebbe “l’equidistanza di chi eserciti nel processo attività idonea ad influire sul giudizio”;

che, secondo il giudice a quo, le disposizioni censurate sarebbero in contrasto con l’art. 3 della Costituzione anche per l’ingiustificata diversità di trattamento che i periti, ausiliari del giudice, ricevono in caso di gratuito patrocinio (recte: patrocinio a spese dello Stato) ai sensi degli artt. 13 e 14 della legge 11 agosto 1973, n. 533 (Disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria) rispetto a quello loro riservato in ipotesi di gratuito patrocinio ai sensi del regio decreto n. 3282 del 1923 (in quanto nel rito speciale del lavoro il compenso del consulente tecnico d’ufficio è anticipato dallo Stato);

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.

Considerato che il Tribunale di La Spezia, in composizione monocratica, dubita, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale delle disposizioni di cui all’articolo 11, numeri 3 e 4, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282, “nella parte in cui non prevedono che siano anticipate dal pubblico erario anche le somme spettanti ai periti nominati dal giudice a titolo di compenso per l’opera prestata, salva annotazione a debito e ripetizione nelle forme di cui al medesimo articolo 11, numeri 3 e 4”;

che, secondo il remittente, la circostanza che la prestazione del perito, a parte il caso del tutto aleatorio ed ipotetico della ripresa dell’indigente dallo stato di povertà, abbia possibilità di essere remunerata soltanto se rimanga soccombente la parte non ammessa al gratuito patrocinio, comporterebbe violazione del diritto di difesa e insieme del principio di parità delle parti, in forza del quale deve essere assicurata l’equidistanza di chi eserciti nel processo un’attività destinata ad influire sul giudizio;

che la questione è irrilevante, dal momento che, come riferisce lo stesso giudice a quo, l’incarico peritale ha già avuto svolgimento ed egli è chiamato a pronunciarsi sulla liquidazione del compenso, sicché, quand’anche la questione dovesse essere accolta, giammai la decisione di questa Corte potrebbe rimuovere il vulnus al diritto di difesa e alla parità delle parti che il remittente opina possa derivare dall’applicazione delle disposizioni censurate;

che il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 11, numeri 3 e 4, del regio decreto n. 3282 del 1923, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, anche sotto altro profilo, deducendo la disparità di trattamento tra i consulenti tecnici nominati nei giudizi in cui trova applicazione la disciplina di cui al citato regio decreto e quelli nominati nelle controversie individuali di lavoro e in quelle in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, in relazione alle quali l’art. 14, secondo comma, della legge 11 agosto 1973, n. 533, stabilisce che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato produce l’effetto dell’anticipazione, a carico dello erario, dei compensi spettanti ai consulenti tecnici d’ufficio;

che anche sotto questo profilo la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, per ragioni analoghe a quelle esposte nell’ordinanza n. 200 del 2000: una pronuncia della Corte costituzionale non potrebbe assimilare gli effetti dell’ammissione al gratuito patrocinio disposta dalla speciale commissione prevista dall’articolo 5 del regio decreto n. 3282 del 1923 sul presupposto dello stato di povertà a quelli dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che si fonda su presupposti non coincidenti, rientra nella competenza del giudice che procede ed ha una portata più ampia;

che la disciplina del gratuito patrocinio dei poveri e quella del patrocinio a spese dello Stato, pur collocandosi entrambe nel solco tracciato dall’articolo 24, terzo comma, della Costituzione, danno luogo a sistemi fra loro diversi non solo per presupposti, procedimento ed effetti dei provvedimenti di ammissione, ma anche per la concezione che rispettivamente le ispira: la prima è improntata alla solidarietà tra persone, e grava di oneri, presumibilmente sporadici, soggetti iscritti in speciali albi e che proprio dall’iscrizione traggono di norma anche opportunità professionali remunerate; la seconda rimanda a un’idea della solidarietà che postula l’intervento e il sostegno finanziario dello Stato;

che l’unificazione degli istituti volti a dare attuazione all’articolo 24, terzo comma, della Costituzione non può avvenire mediante sentenze della Corte intese a far trasmigrare singole disposizioni da un sistema all’altro, ma postula una radicale riforma alla quale solo il legislatore può attendere;

che, pertanto, in relazione ad entrambi i profili prospettati, la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11, numeri 3 e 4, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282 (Approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di La Spezia, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 luglio 2000.