Ordinanza n. 239/2000

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ORDINANZA N. 239

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 645, secondo comma, 647 e 165, primo comma, del codice di procedura civile, promossi con ordinanze emesse il 23 gennaio 1999 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile Alberici Enrica contro Banca Nazionale dell’Agricoltura, iscritta al n. 361 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 1999, e il 25 ottobre 1999 dal Giudice istruttore del Tribunale di Milano nel procedimento civile Oreggia Vincenzo contro Barry Callebaut Belgium n.v., iscritta al n. 720 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2000.

 Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 10 maggio 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale di Genova, con ordinanza emessa il 23 gennaio 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 645, secondo comma, 647 e 165, primo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui fa decorrere il termine per la costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo dalla notificazione dell’opposizione anziché dalla restituzione dell’originale notificato o da altro atto cui possa ricollegarsi la conoscenza dell’inizio del decorso del termine;

che tale sistema normativo, ad avviso del giudice a quo, non sarebbe conforme a Costituzione, in quanto equipara situazioni diverse e configura una limitazione del diritto di difesa dell’opponente, al quale invece dovrebbero essere assicurate idonee garanzie difensive anche in ordine alla disciplina temporale della costituzione in giudizio;

che, in relazione al termine per la costituzione in giudizio, non sarebbe giustificato il medesimo trattamento dell’attore nel processo ordinario e in quello di opposizione a decreto ingiuntivo, stante la difformità sostanziale della posizione di tali parti, sia perché nel procedimento monitorio l’attore è sostanzialmente convenuto, essendo destinatario di un provvedimento emesso senza che egli sia stato sentito, sia perché deve tenersi conto delle conseguenze della mancata costituzione in termini, che nell’opposizione a decreto ingiuntivo sono rappresentate dalla dichiarazione di esecutorietà del decreto e dalla inammissibilità della prosecuzione del giudizio;

che nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, nel quale l’opponente si sia avvalso della facoltà di ridurre alla metà il termine di comparizione, possono verificarsi, a parere del rimettente, effetti gravemente pregiudizievoli a causa non solo della brevità del termine e della eventualità che esso scada quando l’opponente non ha avuto ancora conoscenza della notifica ma anche delle conseguenze della tardiva costituzione, che comporta il passaggio in giudicato di un provvedimento reso in assenza di contraddittorio;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, affermando che la questione è inammissibile e infondata, in quanto l’effetto riduttivo del termine, non irragionevole in relazione alle esigenze di speditezza e di tutela delle posizioni giuridiche soggettive che caratterizzano il procedimento monitorio, è determinato da una scelta dello stesso attore in opposizione;

che analoga questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 645, secondo comma, 165, primo comma, e 647 del codice di procedura civile è stata sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Milano, con ordinanza emessa il 25 ottobre 1999;

che, ad avviso del giudice a quo, il ridotto termine di cinque giorni per la costituzione dell’opponente, decorrente dalla notifica dell’opposizione, non consentirebbe al medesimo sufficienti possibilità di evitare la decadenza, poiché la restituzione da parte dell’ufficiale giudiziario dell’originale degli atti notificati non sempre avviene in breve termine, soprattutto quando la notifica sia eseguita a mezzo posta;

che tale assetto normativo determinerebbe pertanto una compressione del diritto di difesa dell’opponente, il quale, costituendosi tardivamente, subirebbe conseguenze ben più gravi rispetto a quelle previste per l’attore nel procedimento ordinario;

che il rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale in tema di decorrenza del termine di riassunzione del processo, per sottolineare come sia stata costantemente privilegiata la conoscenza reale rispetto a quella presunta, allorché l’esercizio di un potere o di una facoltà processuale sia connesso alla conoscenza di un fatto o di un atto giuridico;

che anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l’inammissibilità o l’infondatezza della questione.

Considerato che l’identità delle questioni sollevate dai rimettenti consente la riunione dei procedimenti;

che le censure hanno ad oggetto la disciplina della costituzione in giudizio dell’opponente a decreto ingiuntivo, la quale disciplina fa decorrere il termine di costituzione dalla notifica dell’opposizione, anziché dalla restituzione dell’originale notificato o da altro atto cui possa ricollegarsi la conoscenza dell’inizio del decorso del termine;

che, come sostengono i rimettenti, nell’ipotesi di riduzione del termine di comparizione - cui è correlata la riduzione del termine di costituzione - l’opponente potrebbe venire a conoscenza della eseguita notifica quando il termine di costituzione, già di per sé particolarmente breve, sia ormai scaduto e sarebbe perciò pregiudicato dagli effetti della tardiva costituzione, consistenti nella inammissibilità dell’opposizione e nella esecutorietà del decreto ingiuntivo;

che, ad avviso dei giudici a quibus, tale disciplina determinerebbe anzitutto una disparità di trattamento, sotto il profilo della equiparazione di situazioni diverse, poiché la medesima inosservanza del termine di costituzione da parte dell’attore produrrebbe effetti ben più gravi nell’opposizione a decreto ingiuntivo rispetto alle conseguenze che si verificano nel procedimento ordinario, nel quale la citata inosservanza del termine non precluderebbe la tutela giurisdizionale;

che la dedotta disparità di trattamento si basa sul raffronto di situazioni tra loro non comparabili, in quanto il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo presenta nella fase introduttiva caratteristiche comuni non già all’ordinario processo di cognizione quanto piuttosto al giudizio di impugnazione, tant’è vero che un’ipotesi similare a quella denunciata si verifica allorché l’appellante chieda la riduzione dei termini di comparizione e sia perciò tenuto a costituirsi nel termine di cinque giorni dalla notifica dell’atto di citazione, a pena di improcedibilità dell’appello e con le conseguenze derivanti dal passaggio in giudicato della sentenza impugnata;

che i giudici a quibus lamentano inoltre la lesione del diritto di difesa dell’opponente a decreto ingiuntivo, cui non sarebbe garantita la possibilità di conoscere il momento iniziale di decorrenza del termine di costituzione;

che le pronunce richiamate dai rimettenti - con le quali questa Corte ha affermato che la garanzia riconosciuta dall’art. 24 della Costituzione deve estendersi alla conoscibilità del momento iniziale di decorrenza di un termine, al fine di assicurarne all’interessato l’utilizzazione nella sua interezza - riguardano discipline normative che fissavano la decorrenza di un termine di decadenza in relazione alla data della pronuncia, del deposito o dell’affissione di un provvedimento, anziché dalla comunicazione di esso all’interessato, e che, pertanto, sono state ritenute non conformi al citato principio costituzionale;

che il medesimo principio non è però invocabile nella fattispecie, nella quale è lo stesso opponente a porre le premesse per la sua costituzione nel termine ridotto, avvalendosi della facoltà di dimidiare il termine di comparizione;

che, in particolare, il debitore ingiunto, il quale decida di abbreviare i tempi di instaurazione del contraddittorio, è certamente consapevole del particolare onere di diligenza connesso a tale scelta e delle conseguenze che le norme processuali collegano alla tardiva costituzione in giudizio;

che, quindi, sotto tale profilo, è insussistente la lamentata lesione del diritto di difesa;

che, infine, la soluzione auspicata dai rimettenti, i quali vorrebbero far decorrere il termine di costituzione dell’opponente “dalla restituzione dell’originale notificato o da altro atto cui possa ricollegarsi la conoscenza dell’inizio del decorso del termine”, introdurrebbe nel processo un elemento di assoluta incertezza per l’impossibilità di controllo da parte del giudice, non essendo accertabile, in difetto di specifica previsione normativa, il momento della conoscenza o conoscibilità dell’avvenuta notifica;

che la questione deve pertanto dichiararsi manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 645, secondo comma, 647 e 165, primo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Genova e dal Giudice istruttore del Tribunale di Milano con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 giugno 2000.