Ordinanza n. 233/2000

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ORDINANZA N. 233

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 159 del codice penale, promossi con due ordinanze emesse il 23 giugno 1999 dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Capri, nei procedimenti penali a carico di B. G. ed altri e di S. G.L., iscritte ai nn. 478 e 479 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1999.

 Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio ministri;

 udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

 Ritenuto che con due ordinanze di identico tenore il Tribunale di Napoli in composizione monocratica, sezione distaccata di Capri, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 del codice penale, nella parte in cui non prevede, per tutti i reati e a prescindere dallo stato detentivo dell'imputato, la sospensione del corso della prescrizione ove si verifichino cause di sospensione dei termini della custodia cautelare;

 che in entrambe le ordinanze il rimettente premette:

- che all'udienza di discussione le parti avevano chiesto sentenza di non doversi procedere per essere i reati estinti per prescrizione;

- che i procedimenti avevano subito numerosi rinvii, dapprima per impedimento del difensore (r.o. n. 478 del 1999) e dell'imputato (r.o. n. 479 del 1999), quindi a causa dell'adesione dei difensori all'astensione dalle udienze per un periodo cumulativo rispettivamente di un anno, sette mesi e diciotto giorni (r.o. n. 478 del 1999) e di sei mesi e venti giorni (r.o. n. 479 del 1999);

- che, calcolando tali periodi come sospensivi del corso della prescrizione, il termine di prescrizione non sarebbe ancora scaduto, mentre, alla stregua dell'interpretazione della prevalente giurisprudenza di legittimità sull'art. 159 cod. pen., in relazione ai casi di sospensione dei termini di custodia cautelare previsti dall'art. 304 cod. proc. pen., i termini prescrizionali sarebbero già maturati;

che infatti, prosegue il rimettente, nei casi in cui l’art. 304 cod. proc. pen. prevede la sospensione dei termini di custodia per l’impedimento dell’imputato o del difensore, secondo la più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, la sospensione del corso della prescrizione del reato opera solo quando l’imputato sia effettivamente sottoposto alla misura della custodia cautelare;

che tale interpretazione determinerebbe peraltro, ad avviso del giudice a quo, il contrasto della norma censurata con i sopra richiamati parametri costituzionali: in particolare, sarebbe violato l'art. 3 Cost. perché la pretesa punitiva dello Stato risulterebbe irragionevolmente limitata ai soli casi in cui, del tutto accidentalmente, l'imputato è detenuto, e perché si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra persone imputate dei medesimi reati a seconda che siano detenute o libere, tra imputati per lo stesso fatto detenuti e non detenuti quando nei loro confronti si proceda separatamente, tra imputati non detenuti, a seconda che siano coimputati con detenuti o con non detenuti;

che, a sostegno dell'illegittimità costituzionale dell'interpretazione riservata dalla prevalente giurisprudenza di legittimità all'art. 159 cod. pen., il rimettente rileva che la modifica del primo comma di tale norma operata dall'art. 15 della legge 8 agosto 1995, n. 332 - a seguito della quale il corso della prescrizione è sospeso anche in ogni caso in cui la sospensione dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge - va letta tenendo presente il monito contenuto nella sentenza della Corte costituzionale n. 114 del 1994, che in occasione di una precedente analoga questione di legittimità sull'art. 159 cod. pen., peraltro giudicata inammissibile, aveva auspicato un intervento del legislatore volto ad evitare la paralisi dell'amministrazione della giustizia conseguente all'astensione dalle udienze dei difensori;

che, ad avviso del rimettente, la ratio della novella dell'art. 159, primo comma, cod. pen. dovrebbe dunque essere ricercata nell'esigenza di <<evitare che la pretesa punitiva dello Stato sia frustrata da situazioni di fatto non imputabili all'inerzia dei titolari di tale potestà, ma da attività poste in essere dall'imputato o dal suo difensore>>, e che in ossequio a questa ratio dovrebbe essere interpretato il richiamo alle cause che possono comportare la sospensione dei termini della custodia cautelare;

che, al riguardo, il giudice a quo richiama una decisione della stessa Corte di cassazione che ha ritenuto la norma censurata applicabile, in relazione all'art. 304 cod. proc. pen., a prescindere dall'effettivo stato di detenzione dell'imputato;

che, infine, il rimettente precisa che la questione prospettata non potrebbe essere ritenuta inammissibile perché volta ad introdurre, mediante la previsione di una nuova ipotesi di sospensione della prescrizione, una addizione in malam partem in materia penale, in quanto non sarebbe la norma in sé ad essere in contrasto con la Costituzione, ma l'interpretazione ad essa riservata dalla Cassazione;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata, in quanto alla Corte viene chiesto di <<compiere una opzione tra un'"interpretazione" che il rimettente giudica maggiormente consona ai principi costituzionali, e l'esplicita estensione del catalogo delle cause di sospensione della prescrizione>>; opzioni che sono entrambe da considerarsi precluse alla Corte costituzionale.

Considerato che le due ordinanze di rimessione sollevano identica questione, per cui deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi di costituzionalità;

che formalmente il giudice a quo chiede a questa Corte un intervento additivo sull'art. 159, primo comma, cod. pen., al fine di rendere operante la sospensione del corso della prescrizione, ove si verifichino ipotesi di sospensione dei termini della custodia cautelare, anche a prescindere dallo stato di detenzione dell'imputato, ma in realtà ritiene che a tale risultato si possa pervenire in via interpretativa, così da rendere la norma in esame conforme a Costituzione;

che, in effetti, l'impianto argomentativo dell'ordinanza di rimessione è principalmente volto a dimostrare la plausibilità di tale interpretazione della norma censurata e che, al riguardo, lo stesso rimettente menziona una delle decisioni della Corte di cassazione che hanno interpretato l'art. 159, primo comma, cod. pen. nel senso da lui auspicato;

che, in sostanza, la questione di costituzionalità risulta sollevata al fine di ottenere un avallo all'interpretazione propugnata dal rimettente, attribuendo a questa Corte un compito che rientra tra quelli tipici del giudice ordinario;

che, ove siano prospettabili diverse interpretazioni della norma censurata, di cui una ritenuta conforme a Costituzione, il giudice ha il dovere di farla propria, dovendo sollevare questione di legittimità costituzionale solo quando risulti impossibile seguire una interpretazione costituzionalmente corretta (cfr., da ultimo, sentenze n. 202 del 1999, n. 99 del 1997, n. 356 del 1996; ordinanze nn. 27 e 13 del 2000, n. 7 del 1998);

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Capri, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 giugno 2000.