Ordinanza n. 230/2000

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ORDINANZA N. 230

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Francesco GUIZZI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge (recte: d.P.R.) 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni), promosso con ordinanza emessa il 21 gennaio 1998 dal Pretore di Milano nel procedimento civile Valenti Carolina contro Notaro Carmelo ed altro, iscritta al n. 305 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2000 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto che nel corso di un procedimento di espropriazione presso terzi, il Pretore di Milano, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge (recte: d.P.R.) 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni) in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 35 e 36 della Costituzione, nella parte in cui non consentono la pignorabilità, quantomeno nella misura di un quinto, delle pensioni, per crediti derivanti da rapporto di lavoro subordinato e per i quali il titolare di pensione sia debitore in qualità di datore di lavoro;

che siccome le pensioni sono pignorabili nei limiti di cui all'art. 2 del d.P.R. n. 180 del 1950, la previsione legislativa della loro generale impignorabilità per tutti gli altri crediti sembrerebbe violare i citati parametri costituzionali qualora il credito per il quale si proceda ad esecuzione forzata sia originato da un pregresso rapporto di lavoro tra il creditore procedente, in qualità di lavoratore subordinato ed il debitore titolare di pensione, in qualità di datore di lavoro e ciò, in primo luogo, con riferimento al diritto alla retribuzione enunciato dall'art. 36 Cost.;

che vi sarebbe violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. attesa la pignorabilità, nella misura di un quinto della pensione per i debiti contratti dal titolare della stessa nei confronti di enti o imprese in virtù del pregresso rapporto di lavoro. In tal modo, si esporrebbe il titolare di pensione al pignoramento dell'emolumento nei confronti dei suoi datori di lavoro e lo si sottrarrebbe all'esecuzione forzata nei confronti dei suoi dipendenti da lavoro subordinato;

che nel presente giudizio di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che ha concluso chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata, come questa Corte si è più volte pronunciata sui limiti di pignorabilità delle pensioni affermando l'indubbia peculiarità di tale settore, che giustifica il regime generale dell'impignorabilità delle stesse in tutti i settori lavorativi, in ossequio alle finalità previdenziali che lo sorreggono (sentenze n. 51 del 1991 e n. 231 del 1989). Inoltre, non sarebbe censurabile, sotto il profilo del principio di uguaglianza, la facoltà del legislatore di disciplinare in maniera differenziata l'intervento degli strumenti di esecuzione civile sulle retribuzioni e sulle pensioni, in quanto la differenza di regime trova pur sempre fondamento nell'intrinseca diversità di due situazioni giuridiche, che rispondono a principi e finalità diversi quali quelli espressi ex artt. 36 e 38 Cost.;

che infine, con riguardo all'art. 24 Cost., nessuna limitazione del diritto alla tutela giurisdizionale può ravvisarsi nella specie, perché l'esclusione delle pensioni dal novero dei beni sequestrabili o pignorabili per il soddisfacimento di crediti non qualificati deve ritenersi espressione “della facoltà discrezionale del legislatore, non preclusa dalla norma costituzionale invocata, di subordinare in alcuni casi l'esperimento del diritto del privato alla tutela di altri interessi generali o di preminente valore pubblico come, nel caso, quelli garantiti dall'art. 38 della Costituzione”.

Considerato che il rimettente nel denunciare gli artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 180 del 1950 in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 35 e 36 della Costituzione nella parte in cui non consentono la pignorabilità, quantomeno nella misura di un quinto, delle pensioni per crediti derivanti da rapporto di lavoro subordinato e per i quali il titolare di pensione sia debitore in qualità di datore di lavoro chiede a questa Corte una pronuncia additiva circa l’estensione della normativa censurata al rapporto di lavoro di diritto privato;

che è palese l’errore in cui è incorso il rimettente individuando la disposizione censurata negli articoli citati che riguardano la disciplina del sequestro, pignoramento e della cessione degli stipendi salari e pensioni dei dipendenti pubblici, attesa la natura privatistica del rapporto giuridico della fattispecie al suo esame, disciplinato da norme diverse da quelle denunziate;

che pertanto, per giurisprudenza di questa Corte, la questione difetta di rilevanza e, dunque, va dichiarata manifestamente inammissibile ove prospettata da un giudice che non deve fare applicazione delle norme impugnate in quanto attinenti a profili estranei alla sua cognizione (ordinanze nn. 96 e 99 del 1999).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni) sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 35 e 36 della Costituzione dal Pretore di Milano con l’ordinanza del 21 gennaio 1998.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2000.

Francesco GUIZZI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 giugno 2000.