Ordinanza n. 179/2000

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ORDINANZA N. 179

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI                     

- Cesare RUPERTO                

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 80, secondo comma, del regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sull’edilizia popolare ed economica), promosso con ordinanza emessa il 30 novembre 1998 dal Pretore di Catania sezione distaccata di Acireale nel procedimento civile vertente tra l’Istituto autonomo Case Popolari di Acireale e la Cedro Costruzioni s.r.l., iscritta al n. 156 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 1999.

  Udito nella camera di consiglio del 12 aprile 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Pretore di Catania, Sezione distaccata di Acireale, con ordinanza emessa il 30 novembre 1998, ha sollevato, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, secondo comma, del regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sull’edilizia popolare ed economica), nella parte in cui dispone che i creditori degli enti costruttori di case popolari ed economiche, mutuatari della Cassa depositi e prestiti, non possono esercitare contro i medesimi enti, nè proseguire, se iniziate, azioni esecutive senza il preventivo nulla osta del Ministro per i lavori pubblici;

che il giudice a quo, ritenendo di doversi pronunciare soltanto in ordine alle spese di giudizio e di dover a tal fine applicare il principio della soccombenza virtuale - in quanto il rilascio in corso di causa del prescritto nulla osta avrebbe determinato la cessazione della materia del contendere - osserva che il citato art. 80 si pone in contrasto con il principio sancito dall’art. 24 della Costituzione, in quanto subordina l’esercizio dell’azione esecutiva al preventivo nulla osta del Ministro per i lavori pubblici, senza vincolare l’emanazione del provvedimento ad alcuna condizione ed affidandolo quindi alla massima discrezionalità della detta autorità.

Considerato che il rimettente solleva la questione di legittimità costituzionale in esame sul presupposto di dover fare applicazione della norma impugnata ai fini della regolamentazione delle spese processuali, essendo cessata la materia del contendere nel giudizio a quo;

che nel processo civile la statuizione sulle spese é rimessa alla valutazione del giudice del merito, il quale nel concreto esercizio di tale potere incontra un unico limite, consistente nel divieto di condannare al pagamento delle spese la parte totalmente vittoriosa;

che la disciplina dettata dagli artt. 91 e 92 del codice di procedura civile consente al giudice la scelta tra una pluralità di statuizioni in ordine alle spese, o di condanna o di compensazione totale o parziale delle stesse;

che nella fattispecie, nella quale si é verificata la cessazione della materia del contendere, il rimettente avrebbe dovuto motivare e specificare le ragioni della necessità di ripartire le spese secondo il principio della soccombenza, non essendo questo, come si é detto, l’unico criterio possibile di regolamentazione delle spese;

che la carenza di motivazione sul punto incide negativamente sull’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale, la cui rilevanza deve essere valutata sulla base di un’adeguata esposizione delle ragioni che imporrebbero al rimettente l’applicazione del principio della soccombenza;

che, difettando nella specie tale motivazione, la questione deve dichiararsi manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, secondo comma, del regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sull’edilizia popolare ed economica), sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Catania, sezione distaccata di Acireale, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 maggio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria l'8 giugno 2000.