Ordinanza n. 177/2000

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ORDINANZA N. 177

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 63, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 7 ottobre 1998 dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, sul ricorso proposto da Oliveri Giuseppe contro il Ministero dell’Interno, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Udito nella camera di consiglio del 12 aprile 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

  Ritenuto che, con ordinanza del 7 ottobre 1998, la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, ha proposto, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 63, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza), "nella parte in cui disponendo che la differenza tra l’orario fissato al primo comma e quello indicato nel comma successivo sia retribuita come prestazione di lavoro straordinario", non ne prevede l’inclusione nella base pensionabile;

che la questione é stata sollevata nel corso di un giudizio promosso da un dirigente superiore della Polizia di Stato, il quale ¾ a seguito della cessazione dal servizio ed il collocamento in posizione di ausiliaria dall’11 ottobre 1987, con attribuzione, dapprima, dell’assegno privilegiato di 6° categoria e, successivamente, dall’11 ottobre 1991, della pensione privilegiata di 6° categoria a vita ¾ ha chiesto "la riliquidazione del trattamento pensionistico privilegiato in godimento, con l’inclusione nella base pensionabile delle due ore di lavoro straordinario obbligatorio e continuativo retribuito ai sensi" della denunciata disposizione;

  che l’ordinanza ¾ osservato che l’art. 53 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, non contempla, nella determinazione della base pensionabile, il compenso per lavoro straordinario ¾ rileva che tuttavia "lo straordinario del quale si discute solo nominalmente può essere definito tale" e ciò in quanto l’art. 63 della legge n. 121 del 1981 ha previsto turni di lavoro giornaliero articolati sulla base di 42 ore settimanali, retribuendo, però, come prestazione straordinaria le 2 ore eccedenti le 40 ore "previste a regime";

  che il rimettente, dopo aver evidenziato che una tale situazione si é protratta anche successivamente all’entrata in vigore della legge n. 121 del 1981 (per effetto di analoghe disposizioni poste dalla contrattazione collettiva e recepite dall’art. 7 del d.P.R. n. 69 del 1984 e dall’art. 1 del d.P.R. n. 234 del 1988), esclude che l’articolazione così data all’orario di servizio possa "far acquisire alla suddetta eccedenza nominale la vera natura di lavoro straordinario", posto che il ricorso al lavoro straordinario "non può che essere di natura eccezionale e per contingenti ed imprevedibili esigenze di servizio";

che, secondo il giudice a quo, ne risulterebbe un vulnus all’art. 3 della Costituzione, a causa della "illogica ed incomprensibile disparità di trattamento rispetto alla generalità dei dipendenti pubblici", dalla cui base pensionabile sono escluse le "sole vere, effettive ed occasionali ore di straordinario".

Considerato che la disciplina dell’orario di lavoro apprestata dalla censurata disposizione ha avuto durata limitata nel tempo, posto che, da un lato, lo stesso art. 63 della legge n. 121 del 1981 circoscrive ad un periodo di tre anni, dall’entrata in vigore della legge medesima, la formazione di turni di lavoro giornaliero "sulla base di quarantadue ore settimanali" (secondo comma), e, dall’altro, le norme di cui al d.P.R. n. 89 del 1984 ed al d.P.R. n. 234 del 1988 non trovano applicazione nei confronti del personale dirigenziale della Polizia di Stato, così come stabilito dai decreti medesimi;

che l’ordinanza di rimessione ¾ avuto riguardo, da un canto, al momento in cui il ricorrente nel giudizio principale ha maturato i requisiti per il trattamento pensionistico e, dall’altro, ai termini temporali di vigenza della norma sospettata di incostituzionalità ¾ non fornisce alcuna motivazione circa l’applicabilità nel giudizio a quo della disposizione denunciata, così come sarebbe stato invece necessario al fine del vaglio di ammissibilità sul requisito della rilevanza della sollevata questione di costituzionalità, secondo quanto richiesto dall’art. 23 della legge n. 87 del 1953 (vedi, tra le tante, ordinanze nn. 236 e 53 del 1999);

che, pur a prescindere dal segnalato difetto di motivazione, tale di per sè da ostare all’ingresso del giudizio di costituzionalità, va, per altro verso, evidenziato che il giudice a quo, nonostante argomenti diffusamente sulla natura soltanto "nominale" del compenso per lavoro straordinario contemplato dal censurato art. 63, terzo comma, della legge n. 121 del 1981, propone ugualmente la questione, senza verificare sino in fondo se le argomentazioni addotte possano portare ad un’interpretazione idonea a superare il dubbio di costituzionalità;

che, in definitiva, il rimettente non porta a compimento quel doveroso tentativo ermeneutico di ricercare un’interpretazione adeguatrice del testo di legge denunciato, al quale ciascun giudice é, comunque, tenuto prima di proporre l’incidente di costituzionalità (vedi, tra le altre, ordinanza n. 174 del 1999);

che, dunque, la questione va, in ogni caso, dichiarata manifestamente inammissibile.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 63, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, con l’ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 maggio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 5 giugno 2000.