Sentenza n. 57/2000

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SENTENZA N. 57

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

- Dott. Franco BILE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 16 luglio 1998 con la quale la Camera dei deputati ha negato l'autorizzazione alla acquisizione ed alla utilizzazione dei tabulati documentanti il traffico telefonico relativo alle utenze in uso all'on. Gaspare Giudice, promosso con ricorso della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, notificato il 16 aprile 1999, depositato in Cancelleria il 27 successivo ed iscritto al n. 16 del registro conflitti 1999.

  Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;

  udito nell'udienza pubblica del 9 novembre 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto;

  uditi l'avvocato Adelmo Manna per la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo e il dott. Pietro Grasso Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo e l'avvocato Giuseppe Abbamonte per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

  1.- Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, in data 9 giugno 1998, richiedeva alla Camera dei deputati, ai sensi dell'art. 68, terzo comma, della Costituzione, varie autorizzazioni a procedere, tra cui quella per l'acquisizione ed utilizzazione di dati del traffico telefonico relativi ad utenze in uso al deputato Gaspare Giudice, indagato per vari delitti commessi in Palermo ed in altre località del territorio nazionale (associazione per delinquere di tipo mafioso; fatti di bancarotta fraudolenta nella procedura di concordato preventivo; riciclaggio; false comunicazioni sociali; bancarotta fraudolenta; estorsione).

  La richiesta di acquisizione non era stata preceduta da alcun provvedimento del giudice per le indagini preliminari, emesso ai sensi dell'art. 267 del codice di procedura penale.

  Con nota integrativa del 29 giugno 1998 lo stesso Procuratore precisava alla Camera dei deputati che la richiesta, "ancorchè non obbligatoria", in mancanza di espressa previsione normativa al riguardo, era stata formulata nell'eventualità che si ritenesse assoggettabile all'autorizzazione di cui all'art. 68, terzo comma, Cost. anche l'utilizzazione di tabulati relativi al traffico telefonico.

  2.- La Camera dei deputati, con deliberazione del 16 luglio 1998, difformemente dalla proposta in data 13 luglio 1998 della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio, negava l'autorizzazione ad acquisire tali tabulati.

3.- Il predetto ufficio del pubblico ministero, con ricorso depositato il 28 ottobre 1998, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, chiedendo alla Corte:

  a) di dichiarare che spetta al pubblico ministero l'acquisizione e l'utilizzazione dei tabulati documentanti i dati del traffico delle utenze telefoniche in uso a membri del Parlamento sottoposti ad indagine, previa osservanza delle garanzie previste dagli artt. 15 della Costituzione e 256 del codice di procedura penale;

  b) di annullare il diniego di autorizzazione all'acquisizione ed all'utilizzazione dei tabulati documentanti il traffico telefonico relativo alle utenze in uso all'on. Giudice.

  Il Procuratore della Repubblica lamenta che l'impugnata deliberazione della Camera dei deputati sia stata assunta in violazione degli artt. 68, 101, 102, 104 e 112 della Costituzione.

  Al riguardo, premesso di essere legittimato a sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto organo funzionalmente e territorialmente competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere giudiziario (artt. 69 ss. del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12; 50 ss. cod. proc. pen.) in ordine allo svolgimento delle indagini finalizzate all'esercizio dell'azione penale per i reati suddetti, il Procuratore della Repubblica deduce che tale deliberazione é stata assunta nonostante la carenza assoluta di potere in merito, attesa l'inapplicabilità del regime giuridico delle intercettazioni telefoniche (con le connesse garanzie previste per i membri del Parlamento) alla diversa fattispecie concernente l'acquisizione dei tabulati telefonici, così da condizionare illegittimamente l'esercizio dell'azione penale - obbligatorio ai sensi dell'art. 112 Cost. - attribuito esclusivamente al pubblico ministero e soggetto soltanto alla legge, salvo il controllo del giudice.

  Il ricorrente aggiunge che l'illegittimità della delibera, la quale interferisce sul potere di acquisire importanti elementi investigativi e probatori circa i rapporti tra il deputato Giudice e gli esponenti dell'organizzazione criminale denominata "Cosa Nostra", é resa evidente anche:

  a) dall'autorizzazione concessa con la medesima delibera dalla Camera dei deputati, all'utilizzazione delle conversazioni telefoniche tra il parlamentare Giudice ed altri coindagati, intercorse su utenze telefoniche in uso a questi ultimi; b) dalla carenza di motivazione del diniego di autorizzazione ad acquisire ed utilizzare i tabulati telefonici in questione, nonostante che l'ufficio del pubblico ministero avesse sottolineato (con nota integrativa del 29 giugno 1998) la rilevanza investigativa del mezzo istruttorio e la diversa disciplina normativa di quest'ultimo, rispetto alle intercettazioni telefoniche (con le correlate garanzie per i parlamentari).

  4.- Questa Corte, con ordinanza n. 60 del 24 febbraio-4 marzo 1999, ha dichiarato ammissibile il conflitto.

  5.- Il ricorrente ha notificato in data 16 aprile 1999 il ricorso e l'ordinanza alla Camera dei deputati, depositandoli poi, in data 27 aprile 1999, con la prova dell'avvenuta notificazione, presso la cancelleria della Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

  6.- Con atto depositato il 4 maggio 1999 si é costituita in giudizio la Camera dei deputati, che ha concluso per il rigetto del ricorso: a) con dichiarazione della spettanza alla Camera dei deputati del potere esercitato, perchè rientrante nei limiti "delle sue funzioni, delle previsioni dell'art. 68, primo comma della Costituzione e degli estremi di fatto legittimamente acquisiti"; b) con annullamento dell'ordinanza che ha sollevato il conflitto; c) con dichiarazione della "spettanza alla Camera del potere di negare l'uso dei tabulati telefonici delle utenze dei deputati".

  La Camera - richiamata la giurisprudenza costituzionale in materia di intercettazioni telefoniche, di acquisizione dei tabulati relativi al traffico telefonico nonchè di libertà e segretezza delle comunicazioni - sottolinea la peculiarità della posizione del cittadino investito di mandato parlamentare, della quale l'inviolabilità di ogni forma di comunicazione costituisce una componente essenziale, in quanto irrinunciabile strumento dell'attività e della sovranità del Parlamento nel suo complesso: donde la necessità, ai sensi dell'art. 68 della Costituzione, di sottoporre alla previa autorizzazione della Camera di appartenenza, da adottarsi secondo criteri di apprezzamento politico-costituzionale, (anche) l'acquisizione dei dati esteriori delle conversazioni telefoniche di un parlamentare. Nella specie, secondo la Camera dei deputati, vi é stata una valutazione particolarmente selettiva delle varie richieste del pubblico ministero, tanto da essere stata negata soltanto l'autorizzazione all'acquisizione dei tabulati relativi all'utenza telefonica del deputato Giudice, al fine precipuo di tutelare "il bene della riservatezza del telefono proprio del parlamentare", in ragione di complesse motivazioni "che vanno dalla tutela della persona, nella sua complessità fisiopsichica particolarmente esposta nell'esercizio del mandato parlamentare, agli interessi di politica generale, di apparati pubblici, partitici, ecc.".

  7.- Nell'imminenza dell'udienza ciascuna delle parti ha depositato una memoria.

  7.1.- Il ricorrente, nel richiamare le sentenze di questa Corte n. 81 del 1993 e 281 del 1998, ribadisce che l'intercettazione telefonica (consistente nella captazione del contenuto di una comunicazione nel momento stesso in cui questa avviene) é fattispecie diversa da quella dell'acquisizione dei tabulati del traffico telefonico (relativa ai dati "esteriori", a disposizione del gestore del servizio, di comunicazioni già avvenute) e che, pertanto, sono riferibili a quest'ultima solo le garanzie di cui all'art. 15 della Costituzione e non anche quelle dettate per la prima - con norma non interpretabile estensivamente - dall'art. 68, comma terzo, della Costituzione, a meno di "frustrare irrimediabilmente l'interesse della sicurezza collettiva".

  Il ricorrente aggiunge che la normativa di riferimento per l'acquisizione dei tabulati telefonici é costituita, oltre che dall'art. 15 Cost., unicamente dall'art. 256 del codice di procedura penale, senza che possano invocarsi gli artt. 266 e seguenti dello stesso codice, ed in particolare l'art. 266-bis, riferibile solo a comunicazioni in atto, contrariamente all'"ardita e difficilmente condivisibile" interpretazione accolta sul punto dalle sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza 13 luglio 1998, Gallieri (depositata in data 24 settembre 1998), secondo la quale anche per tale acquisizione occorrerebbe il provvedimento del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell'art. 267 del codice di procedura penale.

  Da tali premesse e dalla necessità del rispetto del principio di uguaglianza (che impone di regolare in modo difforme situazioni tra loro difformi) viene tratta la conclusione che non é necessaria l'autorizzazione a procedere della Camera dei deputati per l'acquisizione dei tabulati telefonici.

  7.2.- La Camera, insistendo per il rigetto del ricorso, osserva che l'acquisizione dei tabulati telefonici (consentendo la conoscenza di date, destinatari, frequenza e durata delle conversazioni) coinvolge il diritto fondamentale alla segretezza delle comunicazioni, differendo dalle intercettazioni, sotto tale profilo, solo per le modalità tecniche del sacrificio della segretezza: ne viene fatto conseguire, alla stregua degli ordinari canoni ermeneutici, che l'art. 68, terzo comma, della Costituzione, poichè mira ad una tutela rafforzata di quello stesso diritto, deve interpretarsi nel senso che le intercettazioni, "in qualsiasi forma", di conversazioni "o" comunicazioni ricomprendono anche l'acquisizione dei tabulati telefonici.

  Nella memoria si critica, poi, il richiamo del ricorrente agli artt. 101 (che riguarda invece i giudici), 102 (che attiene soltanto all'organizzazione della funzione giurisdizionale), 104 (che garantisce l'autonomia del potere giudiziario attraverso l'istituzione e la composizione del Consiglio superiore della magistratura), 112 (che riguarda l'obbligatorietà dell'azione penale, non impedita da speciali regolamentazioni di natura probatoria) della Costituzione.

  Nella stessa memoria, infine, si rileva che la concessione od il diniego dell'autorizzazione in esame non richiede motivazione, trattandosi di prerogativa attribuita alla Camera da norma costituzionale.

Considerato in diritto

  1.- Il conflitto di attribuzione sollevato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, e sul quale questa Corte é chiamata a decidere, trae origine dalla deliberazione con cui la Camera dei deputati, in data 16 luglio 1998, rigettando la richiesta del pubblico ministero, ha negato l'autorizzazione ad acquisire ed utilizzare i tabulati concernenti il traffico telefonico relativo alle utenze in uso al parlamentare Gaspare Giudice, indagato presso quella Procura per vari delitti ricompresi nella previsione di cui all'art. 266 del codice di procedura penale ed in particolare per il delitto di cui all'art. 416-bis del codice penale.

  Secondo la prospettazione del ricorrente, tale deliberazione é stata assunta nonostante la carenza assoluta di potere della Camera, essendo il regime giuridico delle intercettazioni telefoniche (con le connesse garanzie riservate ai membri del Parlamento dall'art. 68, terzo comma, Cost.) inapplicabile alla diversa fattispecie dell'acquisizione dei tabulati telefonici, rientrante nelle attribuzioni del pubblico ministero e il cui esercizio rimane soggetto alle sole garanzie previste dagli artt. 15 Cost. e 256 cod. proc. pen. Donde la denunciata illegittimità della deliberazione stessa, "accentuata anche dalla mancanza di qualsiasi motivazione, esplicita o implicita", del diniego d'autorizzazione.

  2.- Con l'ordinanza n. 60 del 1999, questa Corte, in fase delibatoria, ha dichiarato ammissibile il conflitto, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

   L'esito di quella delibazione dev'essere confermato con riguardo al profilo soggettivo e, nei limiti di cui appresso, al profilo oggettivo del conflitto.

  2.1.- Quanto al primo profilo, deve ribadirsi, in conformità alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo é legittimato a sollevare conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, poichè il pubblico ministero, nell'assolvimento della funzione di iniziativa ed esercizio dell'azione penale, dichiara definitivamente la volontà del potere cui appartiene, ai sensi dell'art. 112 della Costituzione (sentenze n. 110 del 1998, n. 379 del 1996, n. 420 del 1995, n. 462, n. 463, n. 464 del 1993; ordinanze nn. 469, 261, 178, 177, 37 del 1998). La legittimazione a resistere al conflitto dev'essere inoltre riconosciuta alla Camera dei deputati, quale organo competente a dichiarare definitivamente la propria volontà in ordine all'applicazione dell'art. 68, terzo comma, Cost. (vedi sentenze nn. 289 del 1998, 265 del 1997, 379 del 1996; ordinanze nn. 469, 261, 178, 177, 37 del 1998).

  2.2. - Sotto il profilo oggettivo, osserva la Corte che il ricorrente lamenta la lesione - da parte della Camera dei deputati - della posizione di indipendenza ed autonomia, costituzionalmente garantita al pubblico ministero (in particolare dall'art. 112 Cost.) nell'attività di indagine finalizzata all'esercizio obbligatorio dell'azione penale. Sarebbe perciò ravvisabile, nella specie, la materia di un conflitto circa la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata, per i vari poteri, da norme costituzionali.

  2.3.- Va tuttavia rilevato che il Procuratore della Repubblica di Palermo, elevando il conflitto, non denuncia un cattivo esercizio del potere da parte della Camera dei deputati, ma - con atteggiamento intimamente contraddittorio - nega in radice a quest'ultima il potere stesso di deliberare (sia negativamente, sia positivamente) in ordine all'autorizzazione ex art. 68, terzo comma, Cost., proprio da lui medesimo fatta oggetto di formale richiesta. A quest'ultimo proposito non vale richiamare in contrario la tardiva quanto ininfluente protestatio contenuta nella nota integrativa del 29 giugno 1998, con la quale esso Procuratore, nel sottolineare la rilevanza investigativa del mezzo istruttorio da disporre, precisava alla Camera dei deputati che la richiesta di autorizzazione, "ancorchè non obbligatoria", era stata "comunque formulata tenuto conto della possibilità che l'orientamento in proposito della Camera potesse essere diverso". Tale nota, difatti, lungi dal costituire una revoca della precedente richiesta, ribadisce invece l'intento di ottenere l'autorizzazione, e ciò nell'ottica di un'opzione interpretativa (anche se non prospettata come l'unica possibile in astratto) ricomprendente nel regime autorizzatorio delle intercettazioni telefoniche previsto dall'art. 68, terzo comma, Cost. anche l'acquisizione e utilizzazione dei tabulati che documentano il traffico telefonico relativo all'utenza dei parlamentari.

  3.- Quanto sopra - che é rilevabile dal contesto del ricorso, e non é rimasto smentito nel corso della seconda fase del presente giudizio - comporta di per sè che il conflitto venga dichiarato inammissibile, con assorbimento d'ogni altra pur prospettabile ragione d'inammissibilità.

  Proprio a stregua del principio di non contraddizione, infatti, un'autorità che prima si rivolga formalmente ad altra per ottenere l'emissione di un certo atto, non può poi (secundum eventum) lamentare la lesione della propria sfera di attribuzioni adducendo, come unico motivo in sede di conflitto, non già il cattivo esercizio, ma addirittura la carenza assoluta del potere stesso di deliberare in merito a una cotale richiesta.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2000.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 15 febbraio 2000.