Ordinanza n. 13/2000

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ORDINANZA N. 13

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

 - Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

 - Prof. Francesco GUIZZI

 - Prof. Cesare MIRABELLI 

 - Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 408, comma 3, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 30 novembre 1998 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di C. L., iscritta al n. 62 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino ha sollevato, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 408, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che la persona offesa abbia la facoltà di estrarre copia degli atti di cui può prendere visione;

che il rimettente premette:

- che il pubblico ministero aveva formulato richiesta di archiviazione, avverso la quale la persona offesa aveva presentato opposizione, indicando l'oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova;

- che il pubblico ministero, espletate le indagini disposte ai sensi dell'art. 409, comma 4, cod. proc. pen., aveva reiterato la richiesta di archiviazione e che, a seguito della notificazione del relativo avviso, il difensore della persona offesa aveva chiesto copia degli atti dell'indagine suppletiva, rilevando - ad avviso del rimettente «non senza ragione» - essere «del tutto illogico ed assurdo che un difensore, al fine di fare fino in fondo il proprio dovere, debba essere costretto ad opera di amanuense ...», ma il pubblico ministero aveva respinto l'istanza, in base al rilievo che a norma dell'art. 408 cod. proc. pen. al difensore spetta solo il diritto di «prendere visione del fascicolo»;

- che la persona offesa aveva nuovamente presentato opposizione alla richiesta di archiviazione, eccependo, in via principale, la nullità del procedimento «per inosservanza delle norme che consentono al difensore di estrarre copia degli atti del procedimento una volta che allo stesso sia consentito prenderne visione»;

che il rimettente osserva che nel caso in esame «non sarebbe sorto alcun problema se il p.m. si fosse adeguato alla sentenza delle S.U. della S.C. 3/2-14/4/1995, ric. Sciancalepore, ed avesse acconsentito all'estrazione di copia informale» degli atti quando il difensore ne aveva fatto richiesta;

che, invece, il diritto di difesa era stato «ingiustificatamente ostacolato e compromesso dal mancato riconoscimento della facoltà del difensore di estrarre copia degli atti dell'indagine suppletiva, tenuto conto del breve margine di tempo per proporre opposizione e della intuibile difficoltà di stabilire un tempestivo contatto da parte del difensore (presso il cui studio sono, ex art. 33 disp. att. cod. proc. pen., depositati gli avvisi) con il suo cliente»;

che, a sostegno di tali argomentazioni, il rimettente rinvia a quanto affermato in relazione ad un caso analogo da questa Corte nella sentenza n. 192 del 1997, menzionando, in particolare, quel passaggio della decisione ove, con riferimento alla ratio dell'istituto, la Corte aveva rilevato che «il deposito degli atti in cancelleria a disposizione delle parti deve, di regola, comportare necessariamente, insieme al diritto di prenderne visione, la facoltà di estrarne copia».

Considerato che il giudice rimettente, da un lato rileva che «non sarebbe sorto alcun problema» se il pubblico ministero, a seguito della richiesta del difensore della persona offesa, si fosse adeguato ad uno specifico precedente delle Sezioni Unite ed avesse acconsentito al rilascio di copia informale degli atti, dall'altro, e soprattutto, coglie la forza espansiva delle argomentazioni poste a fondamento della sentenza di questa Corte n. 192 del 1997, mostrando di non condividere l'interpretazione della norma denunciata che sta alla base del provvedimento reiettivo del pubblico ministero;

che nel caso di specie il rimettente, avendo la disponibilità degli atti trasmessi dal pubblico ministero unitamente alla richiesta di archiviazione a norma dell'art. 408, comma 1, cod. proc. pen., avrebbe quindi potuto rilasciare egli stesso le copie richieste alla luce della sentenza n. 192 del 1997;

che, ove la norma consenta una interpretazione conforme a Costituzione, il giudice è tenuto a farla propria, dovendo sollevare questione di legittimità costituzionale solo se risulta impossibile darne una interpretazione costituzionalmente corretta (cfr. in particolare la sentenza n. 356 del 1996);

che l'ordinanza di rimessione prospetta, invece, il dubbio di costituzionalità riferendosi alla interpretazione del pubblico ministero senza condividerla ed è del tutto carente di motivazione in ordine alle ragioni per cui il giudice non ha ritenuto di applicare la norma denunciata alla stregua dell'interpretazione, da lui stesso propugnata, conforme a Costituzione;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 408, comma 3, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2000.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 17 gennaio 2000.