Sentenza n. 12/2000

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SENTENZA N. 12

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

- Dott. Franco BILE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota del Ministero per le politiche agricole – Direzione Generale politiche comunitarie e internazionali, div. III, prot. E/898, del 4 settembre 1997, recante “Interpretazione Legge n. 662/96, art. 2, comma 173 – Quote latte”, promosso con ricorso della Regione Lombardia, notificato il 18 novembre 1997, depositato in cancelleria il 26 successivo ed iscritto al n. 54 del registro conflitti 1997.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 novembre 1999 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

uditi l’avvocato Massimo Luciani per la Regione Lombardia e l’avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. — La Regione Lombardia, con ricorso notificato il 18 novembre 1997 e depositato il 26 novembre 1997, propone conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota del Ministero per le politiche agricole, Direzione generale delle politiche comunitarie e internazionali, in data 4 settembre 1997, avente ad oggetto “Interpretazione della legge n. 662 del 1996, art. 2, comma 173 - Quote latte”, per violazione degli articoli 3, 97, 117, 118 e 41 della Costituzione, anche in riferimento alla legge 26 novembre 1992, n. 468 (Misure urgenti nel settore lattiero-caseario) e alla legge 28 marzo 1997, n. 81 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 1997, n. 11, recante misure straordinarie per la crisi del settore lattiero-caseario ed altri interventi urgenti a favore dell’agricoltura), nonché per contrasto con i principî costituzionali di affidamento, di leale collaborazione e di efficacia della legge nel tempo.

La ricorrente premette che il comma 54 dell’articolo 1 della legge 28 marzo 1997, n. 81, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 1997, n. 11, stabilisce che “a decorrere dal periodo 1997-1998, i commi 10 e 11 dell’art. 10 della legge 26 novembre 1992, n. 468, sono abrogati”, e ricorda che i commi citati prevedevano riduzioni di quota nella misura, a seconda dei casi, del 10 per cento o del 15 per cento, con costituzione di un’apposita riserva regionale, nelle ipotesi di cessione o affitto di quota latte senza alienazione dell’azienda agricola.

La Regione rileva, poi, che la nota ministeriale, oggetto di ricorso, contiene un’interpretazione della decorrenza temporale dell’abrogazione dei commi 10 e 11 dell’art. 10 della legge n. 468 del 1992, disposta dall’art. 1, comma 54, della legge n. 81 del 1997, che comporterebbe la applicazione della riduzione ai quantitativi oggetto dei contratti di cessione stipulati nel 1996.

Tale interpretazione, ad avviso della Regione Lombardia, contrasterebbe con la lettera del citato art. 1, comma 54, della legge n. 81 del 1997, con la normativa comunitaria e nazionale che fissa il periodo di produzione lattiera dal 1° aprile al 31 marzo successivo di ciascun anno, e con l’art. 10, comma 6, della legge n. 468 del 1992, come modificato dall’art. 2, comma 173, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), il quale stabilisce che le cessioni di quote sono efficaci “a partire dal periodo successivo a quello in cui è avvenuta la stipulazione”.

Del resto – aggiunge la ricorrente – una differente e corretta interpretazione era già stata adottata dal competente ufficio regionale con una nota pubblicata sul Bollettino Ufficiale del 21 aprile 1997, nella quale si affermava che “i quantitativi ceduti – oggetto dei contratti di cessione stipulati per la campagna 1997/1998 e trasmessi alla Regione da parte dei produttori – sono da considerarsi esenti dal taglio di quota previsto in precedenza”.

Secondo la Regione Lombardia, l’intervento amministrativo statale denunciato, oltre che contrario “ai più elementari ed usuali criteri ermeneutici”, violerebbe, altresì, le competenze regionali in materia, in quanto opererebbe “una imprevedibile quanto grave lesione dei poteri di governo regionale di settore, sulla base di una interpretazione del dato normativo primario assolutamente ingiustificata”. E l’invasione della sfera di competenze regionali sarebbe, nel caso, ancora più grave, perché tali competenze erano già state effettivamente esercitate dalla Regione, con comunicazione alla stessa autorità ministeriale, che non aveva ritenuto in alcun modo di contestarle. La nota ministeriale censurata sarebbe, quindi, in contrasto anche con il principio di leale collaborazione.

Ad avviso della ricorrente, inoltre, la nota denunciata violerebbe gli artt. 3 e 41 della Costituzione, in quanto l’iniziativa economica dei produttori e il loro legittimo affidamento verrebbero pregiudicati da un’interpretazione che conferisce ultrattività a una norma abrogata.

2. — Nel giudizio innanzi alla Corte si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso proposto dalla Regione Lombardia sia dichiarato infondato.

Nell’imminenza dell’udienza, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria nella quale rileva che l’art. 2, comma 3, lettera c), del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411 (Misure urgenti per gli accertamenti in materia di produzione lattiera), come convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1998, n. 5, ha precisato che “i quantitativi trasferiti mediante contratti di sola quota con validità per i periodi 1997-1998 e successivi non sono assoggettati ad alcuna riduzione percentuale”.

In tal modo, ad avviso dell’Avvocatura, si sarebbe interpretata in sede legislativa la norma abrogatrice contenuta nell’art. 1, comma 54, della legge n. 81 del 1997, di conversione del decreto-legge n. 11 del 1997, e sarebbe, quindi, rimasto senza oggetto il conflitto proposto dalla ricorrente e venuta meno la ragione del contendere.

3. — In prossimità dell’udienza la Regione Lombardia, ha depositato una memoria, nella quale insiste per l’accoglimento del ricorso.

Ad avviso della ricorrente, l’entrata in vigore del decreto-legge n. 411 del 1997, convertito, con modificazioni, nella legge n. 5 del 1998, non avrebbe integralmente innovato la pregressa situazione normativa, in quanto l’art. 2, comma 3, lettera c), della legge citata non chiarirebbe “se sono indenni dal taglio di quota i quantitativi trasferiti mediante contratti di sola quota per i periodi 1997/1998 e successivi sia in riferimento alla quota A che in riferimento alla quota B”.

Né, secondo la Regione, l’esaurimento della campagna 1997-1998 comporterebbe la sopravvenuta cessazione della materia del contendere o la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso in discussione, in quanto non sarebbero stati ancora diramati i quantitativi di riferimento definitivi assegnati a ciascun operatore e non sarebbero state ancora effettuate le operazioni di compensazione.

Considerato in diritto

1. — Sul ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Lombardia, questa Corte è stata chiamata a decidere se spetti allo Stato, e per esso al Ministero per le politiche agricole, attraverso una nota della Direzione generale delle politiche comunitarie e internazionali, interpretare la disciplina legislativa in materia di cessione di quote latte, quale risulta dall’articolo 1, comma 54, del decreto-legge 31 gennaio 1997, n. 11, come convertito dalla legge 28 marzo 1997, n. 81, nel senso che siano esentati dalla riduzione della quota in caso di vendita solo i contratti stipulati in data successiva all’entrata in vigore di tale legge, e non anche quelli conclusi precedentemente. E’ avviso della ricorrente che una simile interpretazione leda le competenze regionali e sia stata adottata dal Ministero in violazione di una serie di parametri costituzionali, identificati, nel ricorso, negli articoli 3, 41, 97, 117 e 118 della Costituzione, nonché nei principî di affidamento, di leale cooperazione tra Stato e Regioni e di efficacia della legge nel tempo.

2. — A una pronuncia sul merito del presente conflitto di attribuzione osta la sopravvenuta legge 27 gennaio 1998, n. 5, che, nel convertire il decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, ha determinato il venir meno della materia del contendere.

3. — In base all’articolo 10, comma 10, della legge 26 novembre 1992, n. 468, la cessione di quota latte a titolo di vendita o di affitto dava luogo a una riduzione del 15 per cento della quota stessa, con devoluzione di tale percentuale ad un’apposita riserva regionale. La quota veniva ridotta nella misura del 10 per cento in caso di operazioni di cessione di entità non eccedente i seicento quintali. Secondo l’articolo 10, comma 11, della stessa legge, le Regioni dovevano poi provvedere alle riassegnazioni dei quantitativi risultanti dalle riduzioni delle quote oggetto di cessione, sentite le organizzazioni sindacali agricole più rappresentative, entro il termine di dodici mesi dalla disponibilità, venendo altrimenti i predetti quantitativi fatti confluire nella riserva nazionale.

Il decreto-legge 31 gennaio 1997, n. 11, come modificato dalla legge di conversione n. 81 del 1997, ha stabilito, al comma 54 dell’articolo 1, che, a decorrere dal periodo 1997-1998, i commi 10 e 11 dell’articolo 10 della legge n. 468 del 1992, sono abrogati. Da questa disposizione abrogatrice ha preso le mosse la Regione Lombardia che, in un comunicato della Direzione generale dell’agricoltura, ha chiarito il proprio orientamento interpretativo secondo il quale i quantitativi oggetto dei contratti di cessione stipulati per la campagna 1997-1998 e trasmessi alla Regione da parte dei produttori, sono da considerarsi, ai sensi della nuova normativa, esenti dal taglio di quota previsto in precedenza. Ma questa stessa disposizione ha dato luogo al diverso orientamento interpretativo del Ministero per le politiche agricole, in virtù del quale l’abrogazione delle disposizioni che prevedevano la riduzione del 10 o del 15 per cento della quota latte ceduta avrebbe avuto riguardo ai contratti stipulati nel periodo 1997-1998, destinati ad avere effetto nel periodo 1998-1999, sicché il taglio di quota avrebbe dovuto essere comunque effettuato in relazione ai contratti stipulati prima della entrata in vigore della legge n. 81 del 1997 in base alla legge n. 468 del 1992, ancorché abrogata.

4. — Il contrasto sul punto tra Ministero e Regione è stato risolto dalla legge 27 gennaio 1998, n. 5, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, che all’articolo 2, comma 3, lettera c), formulando nuovamente la disposizione abrogatrice contenuta nell’articolo 1, comma 54, del decreto legge n. 11 del 1997, convertito dalla legge n. 81 del 1997, ha reso chiaro che “i quantitativi trasferiti mediante contratti di sola quota con validità per i periodi 1997-1998 e successivi non sono assoggettati ad alcuna riduzione percentuale”; d’altra parte, i contratti valevoli a partire dal periodo 1997-1998 non possono essere altri che quelli conclusi entro il 31 dicembre 1996, secondo quanto si desume dall’articolo 10, comma 6, della legge n. 468 del 1992, come modificato dall’articolo 2, comma 173, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

La sopravvenienza della nuova disposizione, dalla quale risulta una soluzione interpretativa conforme alla prospettazione della ricorrente, ha determinato la cessazione della materia del contendere in ordine alla nota ministeriale oggetto del presente conflitto, giacché l’ulteriore questione in relazione alla quale, ad avviso della ricorrente, permarrebbe una situazione di incertezza – se, cioè, per i periodi 1997-1998 e successivi, i contratti di trasferimento siano indenni da taglio in riferimento sia alla quota A che alla quota B – non è affrontata dalla nota ministeriale censurata e non è compresa nel thema decidendum fissato dal ricorso introduttivo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Lombardia nei confronti dello Stato con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2000.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 17 gennaio 2000.