Sentenza n. 1 del 2000

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SENTENZA N. 1

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2751-bis, numero 3, e 2777, lettera b), del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 3 agosto 1998 dal Tribunale di Vicenza nel procedimento civile vertente tra Belluzzo s.r.l. e H.B. s.r.l., in liquidazione e in concordato preventivo, iscritta al n. 872 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 1998.

Udito nella camera di consiglio del 13 ottobre 1999 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Tribunale di Vicenza, con ordinanza emessa il 3 agosto 1998, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2751-bis, numero 3, del codice civile (e, per quanto occorra, dell’art. 2777, lettera b), cod. civ.) "nella parte in cui prevede che hanno privilegio sui mobili i crediti riguardanti le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia e non i crediti per provvigioni dovute all’agente".

2. - Premette il rimettente, quanto alla rilevanza della questione, che il giudizio a quo ha ad oggetto l’impugnazione, proposta da una società a responsabilità limitata, di una sentenza del Pretore di Vicenza che ha negato la natura privilegiata del credito per provvigioni vantato da detta società sull’assunto che il privilegio non possa essere riconosciuto allorchè l’agente creditore sia una società di capitali.

Il rimettente osserva che é consolidata, nella giurisprudenza di legittimità, un’interpretazione dell’art. 2751-bis, numero 3, cod. civ. secondo la quale il privilegio generale sui mobili, da cui sono assistiti i crediti per provvigioni e indennità derivanti dal rapporto di agenzia, trova applicazione indipendentemente dal fatto che l’agente sia una persona fisica o una società, atteso che la norma, a differenza delle altre contenute nel medesimo articolo, non fa riferimento ai soggetti titolari del credito, ma solo al rapporto da cui il credito stesso deriva.

Alla stregua di tale interpretazione, assunta come diritto vivente, l’appello andrebbe dunque accolto.

3. - Ritiene peraltro il rimettente che la norma, così interpretata, apprestando la medesima tutela a crediti tra loro disomogenei quanto alla causa, violerebbe il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., tanto più che tutti i crediti di cui all’art. 2751-bis cod. civ. sono collocati dall’art. 2777 cod. civ., nell’ordine dei privilegi, prima di ogni altro credito e dopo soltanto quelli per spese di giustizia; e che, in particolare, l’art. 2777, lettera b), cod. civ. (recte: art. 2777, secondo comma, lettera b), cod. civ.) pone sullo stesso piano i privilegi di cui ai numeri 2 e 3 dell’art. 2751-bis cod. civ.

Osserva, in particolare, il giudice a quo che l’art. 2751-bis cod. civ. - secondo l’opinione più diffusa in dottrina e giurisprudenza - ha la funzione di "attuare nella fase di realizzazione dei crediti il principio costituzionale della tutela del lavoro in tutte le forme ed applicazioni mediante l’attribuzione di un privilegio di grado eminente non solo ai crediti di lavoro subordinato, ma a tutti i crediti che, derivando da prestazioni di attività lavorative, hanno in comune la funzione di procurare al lavoratore i mezzi di sostentamento per sè e per la sua famiglia". Ed invero, i crediti considerati dall’art. 2751-bis cod. civ. - ad eccezione appunto di quelli derivanti dal rapporto di agenzia - sono tutti riferiti a prestazioni di lavoro, subordinato o autonomo, eseguite personalmente dal titolare del diritto. Tanto é vero che la giurisprudenza della Corte di cassazione non riconosce il privilegio del prestatore d’opera intellettuale al credito per retribuzione delle società di revisione contabile, sull’assunto che la norma (art. 2751-bis, numero 2), facendo riferimento esclusivo alla retribuzione del professionista (o prestatore d’opera intellettuale) individuale, non é estensibile alle società che svolgono attività identiche alle professioni intellettuali, in considerazione della confusione, che si verifica nell’ambito societario, tra la remunerazione del capitale e la retribuzione di attività lavorative.

Rileva ancora il rimettente che il privilegio di cui all’art. 2751-bis é sì attribuito anche a crediti derivanti da attività svolte in forma associata (numeri 5 e 5-bis), ma solo quando si tratti di società aventi scopo mutualistico (cooperative di produzione e lavoro e di trasformazione di prodotti agricoli) o in cui "la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e (a condizione) che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale", secondo la previsione dell’art. 3 della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l’artigianato). E ciò sulla premessa che i crediti che derivano, per le cooperative o le imprese artigiane, dalla vendita di prodotti o dalla prestazione di servizi rappresentano il corrispettivo di un’attività lavorativa.

La Corte di cassazione é, del resto, costante nell’affermare che il privilegio di cui all’art. 2751-bis, numero 5, cod. civ. é volto a tutelare crediti assimilabili a quelli di lavoro, in quanto integranti corrispettivi di servizi prestati da imprenditori artigiani o da enti cooperativi di produzione, e che i requisiti essenziali perchè una cooperativa di produzione e lavoro sia ammessa al privilegio di cui alla norma richiamata sono correlati, per un verso, alla effettività e "pertinenza" professionale del lavoro dei soci e, per altro verso, alla prevalenza del lavoro di questi ultimi rispetto a quello dei non soci.

Lo stesso giudice di legittimità, con riferimento al privilegio di cui all’art. 2751-bis, numero 3, cod. civ., ha invece affermato (nella sentenza n. 10241 del 1992) che il comune denominatore di tutte le ipotesi di cui all’art. 2751-bis - tale da giustificare il riconoscimento del privilegio anche a vantaggio dell’agente-società di capitali - sarebbe rappresentato dallo svolgimento di determinate attività caratterizzate non da prestazioni isolate o accidentali di opere o di servizi in genere, "bensì da una situazione di prestazione continuativa", ossia dalla professionalità dell’attività svolta.

Osserva tuttavia il rimettente che la professionalità non sembra essere elemento comune a tutte le categorie di crediti considerate dalla norma in esame, come risulterebbe in particolare evidente dal numero 2, che considera distintamente "i professionisti" (e cioé i prestatori d’opera intellettuale che si caratterizzano per il requisito della professionalità) e "ogni altro prestatore d’opera" (ivi compresi, dunque, i prestatori d’opera intellettuale privi del suddetto carattere). Mentre, di contro, non tutti i crediti derivanti da attività svolte con carattere di professionalità (come sono, in generale, tutte le attività imprenditoriali) sono assistiti dal suddetto privilegio.

Resterebbe pertanto confermato - ad avviso del giudice a quo - che l’art. 2751-bis cod. civ. costituisce la sedes materiae dei privilegi attribuiti ai crediti aventi per oggetto corrispettivi di prestazioni di lavoro eseguite personalmente dal creditore, come emergerebbe del resto con chiarezza anche dai lavori preparatori della legge 29 luglio 1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla legge 30 aprile 1969 n. 153 in materia di privilegi), che ha introdotto nel codice detta norma.

Tutto ciò premesso, il rimettente ritiene che l’art. 2751-bis, numero 3, cod. civ., come interpretato dal giudice di legittimità, sia in contrasto con il principio di eguaglianza, in quanto, da un lato, offrirebbe uguale tutela a crediti disomogenei quanto alla causa e, dall’altro, determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra gli imprenditori che esercitano attività di agenzia, i quali godono del privilegio, e tutti gli altri imprenditori, i cui crediti non sono assistiti da uguale causa di prelazione.

Considerato in diritto

 

1. Il Tribunale di Vicenza, chiamato a decidere sulla collocazione di un credito, vantato da una società a responsabilità limitata a titolo di provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2751-bis, numero 3, del codice civile (e, per quanto occorra, dell’art. 2777, lettera b), cod. civ., recte: art. 2777, secondo comma, lettera b), cod. civ.) nella parte in cui dette norme attribuiscono natura privilegiata ai crediti per provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia e alle indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo, indipendentemente dalla qualità rivestita dal soggetto creditore.

In particolare, secondo il Tribunale rimettente, il riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2751-bis, numero 3, cod. civ. anche alle società di capitali che svolgono attività di agenzia si pone in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza della inclusione - in una norma la cui ratio deve individuarsi nella tutela, in sede esecutiva, del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni - di un privilegio a favore di soggetti, quali appunto le società di capitali, caratterizzati dall’esercizio collettivo dell’impresa. Mentre, sotto altro profilo, la norma, come sopra interpretata, verrebbe a creare una illegittima disparità di trattamento tra l’agente che opera sotto forma di società di capitali i cui crediti sarebbero garantiti da privilegio e gli imprenditori che svolgono altre attività ed i cui crediti sarebbero privi di analoga tutela.

2. - La questione non é fondata, nei sensi di seguito precisati.

2.1. - La premessa interpretativa da cui il rimettente muove, pur affermandone la incostituzionalità, é quella - conforme alla giurisprudenza di legittimità - secondo la quale il privilegio previsto dalla norma denunciata assisterebbe i crediti per provvigioni e indennità, comunque derivanti dal rapporto di agenzia, senza dover distinguere, sotto il profilo soggettivo, se l’agente sia una persona fisica o una società.

Tale tesi si fonda essenzialmente sul tenore letterale della norma che - diversamente dalle altre contenute nel medesimo art. 2751-bis - riconosce il privilegio di cui si tratta con riferimento non già ai soggetti titolari dei crediti, ma al tipo di credito ("le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia ... e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo"), con esclusione di qualsiasi considerazione di natura soggettiva.

2.2. - L’interpretazione accolta dal rimettente non é, tuttavia, la sola consentita dal testo e dalla ratio della disposizione impugnata, che può essere infatti intesa, in conformità alla giurisprudenza di merito e alla dottrina prevalenti, in un senso del tutto diverso, tale da superare il denunciato contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

2.3. - Va ricordato, al fine di una esatta ricostruzione del significato della disposizione, come l’art. 2751-bis sia stato introdotto nel codice civile dall’art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla legge 30 aprile 1969 n. 153 in materia di privilegi) allo scopo, reso palese dai lavori preparatori, di attribuire ai crediti dei lavoratori autonomi una tutela di grado pari a quello già riconosciuto dalla legge n. 153 del 1969 ai crediti dei lavoratori subordinati, assegnando loro il primo posto nell’ordine di prelazione di cui all’art. 2778 del codice civile. Nella relazione alla prima delle proposte di legge successivamente unificate (la n. 146 presentata il 30 maggio 1972) si afferma espressamente, a sostegno della necessità di una tale parificazione, che "la ratio legis dei numeri 4, 5 e 6 dell’art. 2751 [corrispondenti ora ai numeri 1, 2 e 3 dell’art. 2751-bis] era infatti la medesima: quella cioé di tutelare i crediti per prestazione di attività lavorativa in forma sia subordinata che autonoma", secondo il dettato dell’art. 35 Cost.

La medesima esigenza di tutela del lavoro risulta altresì posta espressamente a base dell’emendamento - successivamente approvato con ulteriori modificazioni - diretto ad attribuire analogo privilegio generale sui mobili del debitore anche ai crediti dei coltivatori diretti e delle imprese artigiane (divenuti i numeri 4 e 5 dell’art. 2751-bis).

Sembra perciò difficile contestare che la ratio dell’intero articolo 2751-bis cod. civ. sia quella di riconoscere una collocazione privilegiata a determinati crediti in quanto derivanti dalla prestazione di attività lavorativa svolta in forma subordinata o autonoma e, perciò, destinati a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore. Ratio che, del resto, inequivocamente, afferma lo stesso giudice di legittimità in riferimento alle altre ipotesi di privilegio previste dallo stesso articolo, pervenendo, in tal modo, a negare il riconoscimento della prelazione a favore dei creditori diversi dalle persone fisiche (o dai soggetti espressamente considerati nei numeri 5 e 5-bis).

2.4. - L’assimilazione, quanto ai privilegi, delle società di capitali alle persone fisiche comporterebbe, dunque, una ingiustificata equiparazione di situazioni diverse. Pertanto, alla stregua del canone ermeneutico rappresentato dalla ratio legis e di quello, più volte enunciato da questa Corte, secondo cui tra più significati possibili occorre preferire quello conforme a Costituzione, le disposizioni denunciate devono essere interpretate nel senso di escludere dal loro ambito applicativo i crediti delle società di capitali, per la diversità causale di tali crediti rispetto a quelli che il legislatore ha inteso tutelare. Con conseguente dichiarazione di infondatezza della censura di violazione dell’art. 3 Cost. sollevata dal rimettente in base ad una diversa lettura della norma denunciata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2751-bis, numero 3, e 2777, secondo comma, lettera b), del codice civile, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Vicenza con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1999.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in cancelleria il 7 gennaio 2000.