Sentenza n. 433/99

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SENTENZA N. 433

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 37 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e rappresentanti di commercio), promosso con ordinanza emessa il 20 novembre 1998 dal Tribunale di Udine nel procedimento civile vertente tra Mauri Giovanni e l'ENASARCO, iscritta al n. 26 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1999.

 Visto l'atto di costituzione della Fondazione ENASARCO;

 udito nell'udienza pubblica del 12 ottobre 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto;

 udito l'avv.to Bartolo Spallina per la Fondazione ENASARCO.

Ritenuto in fatto

 1.- Nel corso di un giudizio di appello avverso la sentenza con cui il Pretore di Udine aveva respinto una domanda rivolta all'ENASARCO per il ricalcolo della pensione di vecchiaia sulla base dei soli contributi utili al raggiungimento dell'anzianità minima, il Tribunale di Udine, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, con ordinanza emessa il 20 novembre 1998, questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione - degli artt. 10 e 37 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico a favore degli agenti e rappresentanti di commercio), nella parte in cui non prevedono, in caso di prosecuzione volontaria da parte dell'assicurato che abbia già conseguito la prescritta anzianità assicurativa, che la pensione non possa essere liquidata in misura inferiore a quella spettante al raggiungimento dell'anzianità pensionabile sulla base della sola contribuzione minima.

 Il rimettente rileva che, nella specie, tenendo conto, ai sensi della normativa denunciata, della media delle provvigioni del triennio più favorevole dell'ultimo decennio, vengono in considerazione (in quanto cronologicamente più recenti) i contributi (volontari per 4 anni) eccedenti quelli (obbligatori per 13 anni, e volontari per 2 anni), sufficienti ad integrare il minimo di anzianità contributiva (15 anni), con la conseguenza - dovuta al minor importo della contribuzione volontaria rispetto a quella obbligatoria - di un trattamento pensionistico meno favorevole rispetto a quello spettante sulla base della sola contribuzione già sufficiente ad integrare l'anzianità minima.

 Il giudice a quo, pertanto, premessa l'analogia del regime previdenziale dell'ENASARCO con quello dell'INPS, quale sottolineata dalle sentenze della Corte costituzionale n. 431 del 1991 e n. 1 del 1992, e richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 307 del 1989, n. 428 del 1992, n. 264 del 1994 e n. 338 del 1995, relative al regime previdenziale dell'INPS, dubita della legittimità costituzionale della norma denunciata, ritenendo irragionevole e lesiva del principio della tutela sociale del lavoratore una disciplina che comporti la diminuzione, a séguito della prosecuzione della contribuzione volontaria, del trattamento pensionistico già maturato con i contributi obbligatori e volontari precedentemente versati, tanto da porsi in contrasto con le finalità proprie della contribuzione volontaria e dello stesso riferimento legislativo all'ultimo periodo lavorativo, diretto a garantire una più alta base di calcolo per la liquidazione del trattamento.

 2.- Si è costituito in giudizio l'ENASARCO chiedendo la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione, in primo luogo, osservando che nella specie non solo non si sarebbe potuto liquidare alcun trattamento pensionistico sulla base dei soli contributi obbligatori (pari a 13 anni), ma neppure risulta che la pensione calcolata in base ai primi 15 anni di contribuzione sia maggiore di quella calcolata in base alla norma denunciata; in secondo luogo, rilevando che il trattamento dell'ENASARCO, avente natura integrativa rispetto al trattamento generale obbligatorio (art. 29, 2° comma, della legge n. 613 del 1966; art. 2, 1° comma, della legge n. 12 del 1973) non è comparabile con il trattamento dell'INPS, date le peculiarità di disciplina, tra cui quella di consentire all'assicurato di determinare liberamente l'ammontare del contributo volontario annuo tra un importo minimo fissato dalla legge ed un importo massimo commisurato alla media delle provvigioni liquidate negli ultimi cinque anni, anche non consecutivi, secondo l'aliquota complessiva in atto alla data di ciascun versamento (art. 8, terzo comma, della legge n. 12 del 1973).

Considerato in diritto

 1.- Il Tribunale di Udine ha sollevato questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione - degli artt. 10 e 37 della legge 2 febbraio 1973, n. 12, nella parte in cui non prevedono, nel caso di prosecuzione volontaria della contribuzione da parte dell’assicurato che abbia già conseguito la prescritta anzianità contributiva minima, che la pensione di vecchiaia non possa essere liquidata in misura inferiore a quella spettante al raggiungimento dell’anzianità pensionabile sulla base della sola contribuzione minima.

 Il rimettente prospetta l’ipotesi di un assicurato che, dopo aver conseguito la prescritta anzianità contributiva minima mediante contribuzione obbligatoria e volontaria [=15 anni], abbia continuato a versare contributi volontari [=4 anni]. L’applicazione della norma denunciata, imponendo la considerazione (al fine della liquidazione della pensione) della media delle provvigioni più elevata tra quelle calcolate per ognuno dei periodi di tre anni consecutivi compresi nel decennio precedente l’ultimo versamento, comporterebbe - secondo il rimettente stesso - l’irragionevole risultato di determinare un trattamento pensionistico inferiore a quello spettante sulla base della contribuzione obbligatoria e volontaria già sufficiente a far maturare il diritto a pensione.

 2.- La questione è fondata.

 2.1.- Questa Corte, in tema di assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, ottavo comma, della legge 28 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), nella parte in cui non prevedeva che, in caso di minore contribuzione nell’ultimo quinquennio, la pensione non venisse liquidata al lavoratore in misura inferiore al trattamento spettante sulla base della precedente contribuzione, ove questa fosse già sufficiente al raggiungimento dell’anzianità contributiva minima (sentenze n. 428 del 1992 e n. 264 del 1994).

 La ratio decidendi di tali pronunce, nonché di quelle n. 201 del 1999, n. 427 del 1997, n. 388 del 1995, n. 307 del 1989, n. 822 del 1988, sullo stesso tema, è individuabile nel rilievo che, dopo il perfezionamento del requisito minimo contributivo, l’ulteriore contribuzione (obbligatoria, volontaria o figurativa), mentre vale ad incrementare il livello di pensione già consolidato, non deve comunque compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata sino a quel momento: effetto, quest’ultimo, che sarebbe, infatti, palesemente contrastante con gli artt. 3 e 38 della Costituzione (v., in particolare, sentenze n. 201 del 1999 e n. 388 del 1995).

 2.2.- Siffatto principio vale anche per la normativa ora denunciata, nella quale non è rinvenibile una clausola di salvaguardia della posizione acquisita a séguito del raggiungimento dell’anzianità minima contributiva, che «segna un limite intrinseco alla discrezionalità del legislatore nella scelta, ad esso riservata, del criterio di individuazione del periodo di riferimento della retribuzione pensionabile» (sentenza n. 388 del 1995).

 Nessuna influenza hanno infatti su quella ratio decidendi, né la circostanza che il requisito contributivo minimo sia stato nella specie raggiunto con il versamento di contributi non solo obbligatori ma anche volontari, né le peculiarità del trattamento previdenziale a carico del fondo gestito dall'ENASARCO.

 L'ininfluenza, nella specie, della natura (obbligatoria o volontaria) dei contributi versati onde perfezionare il requisito minimo contributivo, appare evidente sol che si consideri come la sopra affermata irragionevolezza della normativa derivi dal solo dato che ad un successivo apporto di contributi corrisponda una riduzione dell'importo della pensione già maturato dall'assicurato.

 Quanto poi al dedotto carattere meramente integrativo del denunciato trattamento previdenziale, basti osservare che esso non sposta i termini del problema in esame. La prevista facoltà per l’agente o rappresentante di commercio di scegliere l’importo della contribuzione volontaria tra un minimo ed un massimo, ai sensi dell’art. 8 della legge 2 febbraio 1973, n. 12, rimane palesemente estranea al principio come sopra enunciato da questa Corte. Tale facoltà, semmai, potrebbe valere ad escludere la rilevanza della sollevata questione, ma soltanto ove l’assicurato abbia in concreto versato una contribuzione volontaria in misura sufficiente ad impedire la diminuzione della pensione calcolata in base all’anzianità minima contributiva. Condizione, questa, che non ricorre nella specie, avendo il rimettente ben chiarito che l'assicurato, in base alla legge n. 12 del 1973, dovrebbe subire la riduzione dell’importo della pensione nonostante la prosecuzione (volontaria) della contribuzione dopo il perfezionamento del requisito minimo contributivo.

 3.- Da quanto sopra discende che va dichiarata l'illegittimità costituzionale, nei termini prospettati dal rimettente.

 Resta tuttavia fermo - secondo quanto già precisato da questa Corte - che la salvaguardia della posizione acquisita a séguito del raggiungimento dell’anzianità contributiva minima, comporta unicamente l’attribuzione all’assicurato della facoltà di optare per il periodo di contribuzione a lui più favorevole, senza possibilità, dunque, di sommare a questo gli eventuali altri vantaggi derivanti dalla successiva contribuzione (sentenza n. 388 del 1995).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 10 e 37 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell’Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e rappresentanti di commercio), nella parte in cui non prevedono, nel caso di prosecuzione della contribuzione da parte dell’assicurato che abbia già conseguito la prescritta anzianità contributiva minima, che la pensione di vecchiaia non possa essere liquidata in misura inferiore a quella calcolata sulla base della sola contribuzione minima.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costitu-zionale, Palazzo della Consulta, l'11 novembre 1999.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 novembre 1999.