Sentenza n. 402/99

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SENTENZA N. 402

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, commi 5, 6 e 9, della legge 31 ottobre 1988, n. 480 (Modificazioni della normativa relativa al fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea) (recte: dell’art. 24, commi 5, 6 e 9, della legge 13 luglio 1965, n. 859 (Norme di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea), come sostituito dall’art. 8, comma 1, della legge 31 ottobre 1988, n. 480), promosso con ordinanza emessa il 14 gennaio 1998 dal Pretore di Busto Arsizio nel procedimento civile vertente tra Oldrà Marta ed altro e l’INPS, iscritta al n. 317 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 1998.

Visti gli atti di costituzione di Oldrà Marta ed altro e dell’INPS, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 6 luglio 1999 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

uditi gli avvocati Massimo Luciani per Oldrà Marta ed altro, Vincenzo Morielli per l’INPS e l’Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— Con ricorso al Pretore di Busto Arsizio, la vedova ed il figlio superstiti di un pilota collaudatore, deceduto per causa di servizio, convenivano in giudizio l’INPS, titolare del Fondo di previdenza per il personale di volo, chiedendo che la pensione di reversibilità loro spettante fosse calcolata, ai sensi della legge 13 luglio 1965, n. 859 (Norme di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea), sulla retribuzione media effettivamente percepita dal loro dante causa negli anni 1988-1993, e non su quella percepita nello stesso periodo dal personale dipendente dall’azienda di navigazione aerea maggiormente rappresentativa, come previsto dalla legge 31 ottobre 1988, n. 480 (Modificazioni della normativa relativa al fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea) che ha emendato la precedente legge n. 859.

Il Pretore ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, commi 5, 6 e 9, della suddetta legge n. 480 del 1988 (recte: dell’art. 24, commi 5, 6 e 9, della citata legge n. 859 del 1965, come sostituiti dall’art. 8, comma 1, della legge n. 480 del 1988), per contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

Il giudice a quo, innanzitutto, ritiene che la predetta questione sia rilevante nel giudizio pretorile, in quanto ai ricorrenti spetta la pensione di reversibilità, non più nella misura stabilita dalla legge n. 859 del 1965 (nel testo previgente al 1988), ma nella misura assai inferiore fissata dalle norme impugnate.

La questione si presenterebbe poi non manifestamente infondata, in quanto le norme impugnate, in presenza di situazioni differenti, avrebbero introdotto un trattamento indifferenziato.

Infatti, i piloti collaudatori, in considerazione dei gravi rischi che corrono, percepiscono una retribuzione decisamente più elevata rispetto a quella dei piloti delle compagnie di navigazione aerea e, conseguentemente, sono assoggettati ad una contribuzione maggiore.

Eppure la legge, mentre pone quale base di calcolo per il computo dei contributi la retribuzione effettivamente percepita dai collaudatori, stabilisce poi per la corresponsione della pensione un limite, calcolato facendo riferimento alla media delle retribuzioni percepite dalla diversa categoria dei piloti di linea.

2.— Si sono costituiti in giudizio i ricorrenti nel giudizio pretorile.

Essi sottolineano che, per quanto non in modo espresso nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione, risulterebbe dalla motivazione dell’ordinanza stessa che il giudice a quo chiede alla Corte costituzionale di eliminare la parificazione tra la categoria dei piloti collaudatori e quella dei piloti di voli commerciali dipendenti dalla azienda nazionale di navigazione aerea maggiormente rappresentativa, ripristinando così per i primi il trattamento previdenziale stabilito dalla legge n. 859 del 1965 nel testo previgente al 1988.

Infatti, né le ragioni del contenimento della spesa pensionistica, né quelle della solidarietà categoriale potrebbero sorreggere “l’assurda scelta normativa” di equiparare categorie assolutamente non paragonabili, come i piloti dei voli commerciali ed i piloti collaudatori, i quali ultimi svolgono un’attività ad altissimo rischio, che per questo motivo è maggiormente retribuita ed è assoggettata a maggiori contribuzioni.

In questo modo il legislatore avrebbe imposto “una sorta di solidarietà unidirezionale, tutta a carico della categoria dei piloti collaudatori, senza una ragione giustificativa”. Infatti la normativa impugnata non fisserebbe semplicemente dei limiti pensionistici, ma imporrebbe “l’astratta, artificiosa e arbitraria equiparazione fra categorie diverse di lavoratori, con diverse attitudini, diverse abilità e soprattutto diversi rischi professionali”.

3.— Si è costituito in giudizio l’INPS, titolare del Fondo volo, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

Secondo l’Istituto, il riferimento delle norme impugnate alla media delle retribuzioni soggette a contributo implica che le eventuali variazioni di retribuzioni e contribuzioni concorrano ad un trattamento omologo: si tratterebbe, quindi, dell’applicazione del principio solidaristico, che non vulnera il principio di uguaglianza.

4.— E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o la manifesta infondatezza della questione in oggetto.

Secondo la difesa erariale, la questione sollevata è innanzitutto inammissibile, in quanto non risulterebbe illustrata la posizione giuridica ed economica del dante causa dei ricorrenti in rapporto alla normativa precedente a quella impugnata, per cui vi sarebbe un difetto di motivazione sulla rilevanza della questione.

Nel merito, l’Avvocatura dello Stato esclude che sussista una violazione dell’art. 3 della Costituzione, poiché nel nostro ordinamento non sarebbe vietato al legislatore modificare sfavorevolmente i rapporti giuridici di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti.

Rientrerebbe perciò nella discrezionalità legislativa anche la determinazione dell’ammontare delle prestazioni sociali e delle variazioni delle stesse, al fine di contemperare le esigenze di vita dei lavoratori con le disponibilità finanziarie del bilancio pubblico.

5.— Nell’imminenza dell’udienza di discussione, i ricorrenti nel giudizio principale hanno depositato una memoria illustrativa.

In essa contestano, innanzitutto, l’eccezione di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, sollevata dall’Avvocatura dello Stato e relativa alla mancata esposizione, nell’ordinanza di rimessione, della posizione del loro dante causa in rapporto alla precedente normativa previdenziale di cui alla legge n. 859 del 1965.

Secondo le parti private, il giudice a quo dà atto che la pensione di reversibilità per cui è causa andava calcolata sulla base dell’ultimo quinquennio di attività del defunto (1988-1993): pertanto il trattamento pensionistico va determinato sulla base della legge n. 480 del 1988, modificativa della precedente legge n. 859 del 1965, e non più del testo originario di quest’ultima legge, la cui inapplicabilità alla causa non andava motivata, ma semplicemente constatata.

Nel merito, le parti private contestano le deduzioni della difesa erariale, secondo cui non vi sarebbe alcuna disparità, ma soltanto una diversità di trattamento dei collaudatori, dovuta all’incidenza del decorso temporale. Al contrario, il legislatore avrebbe isolato la categoria dei piloti collaudatori, pregiudicandola attraverso un trattamento omogeneo rispetto a quello previsto per un’altra categoria del tutto differente.

La loro condizione sarebbe, infatti, del tutto peculiare: dipendono non da imprese di navigazione aerea, ma da imprese di costruzione aeronautica e vedono il proprio rapporto di lavoro regolato da uno specifico contratto collettivo (diverso da quello di tutti gli altri piloti), che ne identifica le mansioni, radicalmente diverse da quelle dei comuni piloti.

La più alta retribuzione percepita dai collaudatori non sarebbe un privilegio, ma il giusto corrispettivo di una attività usurante e notevolmente rischiosa: tale retribuzione, secondo i principi generali, deve avere un corrispondente trattamento pensionistico, che può anche non coincidere perfettamente con la retribuzione, ma che non può essere limitato assumendo come parametro il limite previsto per un’altra categoria.

6.— Anche l’INPS ha depositato una memoria a sostegno della infondatezza della questione.

Secondo l’Istituto, la Corte costituzionale avrebbe già chiarito che sono affidati alla discrezionalità del legislatore la determinazione dell’ammontare delle prestazioni previdenziali e le variazioni dei trattamenti. Il raggiungimento di un trattamento pensionistico massimo non sarebbe invece un obiettivo costituzionalmente protetto, ma potrebbe soltanto rientrare in linee di tendenza giustificate da situazioni peculiari e particolari (come precisato nella sentenza n. 459 del 1993).

Pertanto, in presenza di esigenze di contenimento della spesa pubblica e nell’ottica del principio solidaristico che contraddistingue il nostro sistema previdenziale, il legislatore potrebbe disciplinare diversamente le prestazioni pensionistiche, a condizione di assicurare un trattamento più che decoroso: come avverrebbe nel caso di specie, considerata l’entità media delle retribuzioni prese in considerazione ai fini della determinazione della pensione dei collaudatori.

7.— Nell’udienza di discussione le parti hanno ribadito le rispettive deduzioni.

Considerato in diritto

1.— Il Pretore di Busto Arsizio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, commi 5, 6 e 9, della legge 13 luglio 1965, n. 859 (Norme di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea), come sostituito dall’art. 8, comma 1, della legge 31 ottobre 1988, n. 480 (Modificazioni della normativa relativa al fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea), per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, avendo dette norme ridotto il trattamento previdenziale spettante ai piloti collaudatori per equipararlo a quello della differente categoria dei piloti di linea.

2.— Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità formulata dall’Avvocatura dello Stato, secondo la quale vi sarebbe un difetto di motivazione sulla rilevanza della questione, in quanto non risulterebbe illustrata la posizione giuridica ed economica del dante causa dei ricorrenti anche in rapporto alla normativa precedente a quella impugnata.

In realtà la rilevanza della questione risulta sufficientemente motivata. Il giudice a quo ha precisato che la pensione di reversibilità per cui è causa va calcolata sulla base dell’ultimo quinquennio di attività del defunto, corrispondente al periodo 1988-1993, e che pertanto il trattamento pensionistico dovrebbe determinarsi ai sensi della legge n. 480 del 1988, modificativa della precedente legge n. 859 del 1965. E proprio le innovazioni apportate dalla legge n. 480 del 1988 sono oggetto delle sollevate censure di costituzionalità.

3.— Nel merito, la questione è infondata.

La normativa impugnata stabilisce dei limiti alle prestazioni pensionistiche per tutti i piloti, siano essi dipendenti da aziende di navigazione aerea (i piloti di linea) ovvero da aziende di costruzione aeronautiche (i collaudatori): ai fini del trattamento previdenziale risultano perciò equiparate le due categorie di lavoratori, considerate unitariamente.

Come risulta dai lavori preparatori, il disegno di legge n. 2573, presentato dal Governo e poi tradotto, con modificazioni, nella legge n. 480 del 1988, è stato originato dalla necessità di ridurre il crescente deficit del Fondo di previdenza per il volo, gestito dall’INPS: l’imposizione di un limite alle prestazioni pensionistiche per gli iscritti al Fondo ne rappresentava, quindi, l’elemento principale, chiaramente perseguito. L’equiparazione ai fini previdenziali dei collaudatori con i piloti di linea costituisce, invece, una conseguenza dell’approvazione di un emendamento di iniziativa parlamentare, inteso soprattutto a fugare ogni remora all’accoglimento della richiesta dei primi di iscriversi al Fondo volo (possibilità a lungo negata dall’INPS e infine riconosciuta dalla Corte di cassazione, anche in base alla normativa previgente).

Proprio l’anzidetta equiparazione, con i conseguenti effetti pensionistici, è oggetto delle censure di costituzionalità, perché ritenuta contrastante con l’art. 3 della Costituzione.

4.— Va in generale ricordato che «il parametro della eguaglianza non esprime la concettualizzazione di una categoria astratta, staticamente elaborata in funzione di un valore immanente dal quale l’ordinamento non può prescindere, ma definisce l’essenza di un giudizio di relazione che, come tale, assume un risalto necessariamente dinamico» (sentenza n. 89 del 1996). Invero qualunque disciplina è destinata per sua stessa natura a stabilire regole e, dunque, ad operare assimilazioni e distinzioni; per cui ogni normativa positiva finisce per introdurre nell’ordinamento fattori di omologazione e di differenziazione rispetto alla gamma delle possibili situazioni concrete.

In particolare, non tutte le singole situazioni diverse devono ricevere proprie differenti discipline, purché l’unificazione del trattamento abbia una sua causa razionale. Né è consentito a questa Corte sostituirsi alle scelte legislative con un giudizio sull’opportunità dell’omologazione o della differenziazione delle discipline.

Se, quindi, non è censurabile, per contrasto con il principio di uguaglianza, qualsiasi omologazione di disciplina di situazioni diverse, e nemmeno qualsiasi eventuale disarmonia o incoerenza che una normativa possa, sotto alcuni profili o per talune conseguenze, lasciar trasparire, l’illegittimità è ravvisabile solo nel caso di sicura carenza di una adeguata giustificazione della disciplina introdotta.

5.— Tale carenza di causa unificatrice del trattamento previdenziale non sussiste nella specie. Senza entrare nel merito delle differenze di attività, di rischio e di trattamento economico esistenti tra i collaudatori ed i piloti di linea, va rilevato che non è precluso al legislatore, nell’ambito di un esercizio non irragionevole della sua discrezionalità, parificare ai fini delle prestazioni pensionistiche i lavoratori iscritti ad uno stesso fondo previdenziale che rivestano qualifiche assimilabili.

Le peculiarità delle varie attività svolte da alcuni degli appartenenti al fondo possono riverberarsi sulla disciplina del rapporto di lavoro e tradursi eventualmente nella previsione di specifiche coperture assicurative, secondo quanto risulta dai contratti collettivi di lavoro. Ma queste peculiarità non sono tali da rendere irragionevole l’omologazione del trattamento pensionistico.

Non è dunque arbitraria l’equiparazione degli iscritti al medesimo fondo di previdenza che siano conduttori di aeromobili, anche perché – dato l’esiguo numero dei collaudatori – non era congruo creare un apposito fondo che risultasse finanziariamente autosufficiente. Altrettanto ragionevole è che il limite, che il legislatore ha voluto imporre alle prestazioni pensionistiche ricevute dagli iscritti, sia calcolato sulla base della retribuzione percepita dai lavoratori appartenenti a quella tra le due categorie con il maggior numero di addetti (i piloti di linea) e, all’interno di questa, facendo riferimento ai dipendenti dell’azienda di navigazione aerea maggiormente rappresentativa, secondo le loro diverse qualifiche, a cui sono state equiparate, con apposite tabelle di equipollenza, quelle corrispondenti dei collaudatori.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, commi 5, 6 e 9, della legge 13 luglio 1965, n. 859 (Norme di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea), come sostituito dall’art. 8, comma 1, della legge 31 ottobre 1988, n. 480 (Modificazioni della normativa relativa al fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Busto Arsizio con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 29 ottobre 1999.