Ordinanza n. 321/99

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ORDINANZA N. 321

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Dott.   Renato GRANATA, Presidente

-     Prof.    Giuliano VASSALLI                       

-     Prof.    Francesco GUIZZI                           

-     Prof.    Cesare MIRABELLI                          

-     Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

-     Avv.    Massimo VARI                                   

-     Dott.   Cesare RUPERTO                            

-     Dott.   Riccardo CHIEPPA                         

-     Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

-     Prof.    Valerio ONIDA                                

-     Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

-     Avv.    Fernanda CONTRI                           

-     Prof.    Guido NEPPI MODONA                

-     Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI                            

-     Prof.    Annibale MARINI                           

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio sull'ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna - sorto a seguito della sua richiesta del 3 maggio 1999 di non doversi procedere nei confronti di funzionari del SISDE e di funzionari di polizia - con ricorso depositato il 6 luglio 1999 ed iscritto al n. 124 del registro ammissibilità conflitti.

  Udito nella camera di consiglio del 14 luglio 1999 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che con ricorso del 5 luglio 1999, depositato il 6 luglio 1999, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, previa la necessaria deliberazione del Consiglio dei ministri assunta in data 30 giugno 1999, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del pubblico ministero, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, in relazione alla richiesta, dal medesimo presentata in data 3 maggio 1999 al Giudice per le indagini preliminari presso lo stesso Tribunale, di non doversi procedere nei confronti di funzionari del SISDE e di funzionari di polizia che con essi avevano collaborato, per la esistenza di un segreto di Stato ritualmente opposto dal Presidente del Consiglio dei ministri ex art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801 (Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato) e "confermato dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 110 e 410 del 1998";

che il ricorrente, in relazione a tale attività del pubblico ministero, consistente nella richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari per l’esistenza di un segreto di Stato, solleva l’odierno conflitto, ritenendo la motivazione della richiesta del pubblico ministero contraddittoria e atta a provocare, da parte del giudice, il provvedimento di fissazione dell’udienza in camera di consiglio, ex art. 409, comma 2, cod. proc. pen.;

che il ricorrente lamenta altresì che la detta richiesta é stata corredata di tutta la documentazione, anche segretata, la quale accompagnava le precedenti richieste di rinvio a giudizio e che il Procuratore della Repubblica invece di restituire i documenti segretati ai legittimi detentori e di avanzare richiesta di non doversi procedere, ha in realtà nuovamente violato il segreto, attentando alle prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri;

che, in particolare, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’iniziativa della Procura di porre nella disponibilità del giudicante gli atti segretati non solo contrasta con le statuizioni contenute nelle citate sentenze della Corte nn. 110 e 410 del 1998, ma determina anche gli ulteriori effetti di rendere conoscibili dal giudice per le indagini preliminari, in sede di delibazione della menzionata richiesta di archiviazione, emergenze documentali di cui il medesimo giudice non dovrebbe prendere cognizione e di offrire la documentazione segreta alla pubblicità dell’udienza;

che, pertanto, il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto nuovo conflitto, deducendo la violazione degli artt. 1, 5, 52, 87, 94, 95, 102 e 126 della Costituzione, in relazione agli artt. 12 e 16 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, agli artt. 202, 256 e 362 del codice di procedura penale, e con riferimento alle sentenze nn. 110 e 410 del 1998 della Corte costituzionale, per sentir dichiarare che non spetta al pubblico ministero corredare una richiesta di non doversi procedere per l’esistenza di un segreto di Stato dei documenti che da quel segreto di Stato sono coperti e che non spetta al pubblico ministero motivare tale richiesta in modo contraddittorio ed atto, comunque, a provocare da parte del giudice per le indagini preliminari una richiesta di ulteriori indagini o una imputazione coatta, con il conseguente annullamento della richiesta di non doversi procedere del 3 maggio 1999 e con l’ordine di restituzione dei documenti coperti da segreto di Stato ai loro legittimi detentori.

Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte costituzionale é chiamata a delibare senza contraddittorio in ordine all’ammissibilità del conflitto di attribuzione, sotto il profilo della sussistenza della "materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza", restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;

che il Presidente del Consiglio dei ministri é legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene in ordine alla tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto di Stato, non solo in base alla legge 24 ottobre 1977, n. 801, ma anche alla stregua delle norme costituzionali che ne definiscono le attribuzioni (sentenze nn. 410 e 110 del 1998; 86 del 1977; ordinanze nn. 266 del 1998 e 426 del 1997);

che anche la legittimazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna a resistere nel conflitto deve essere affermata, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte che riconosce al pubblico ministero la legittimazione ad essere parte di conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto, ai sensi dell’art. 112 della Costituzione, é il titolare diretto ed esclusivo dell’attività di indagine finalizzata all’esercizio obbligatorio dell’azione penale (sentenze nn. 410 e 110 del 1998; ordinanze nn. 266 del 1998 e 426 del 1997);

che, quanto al profilo oggettivo del conflitto, é lamentata dal ricorrente la lesione di attribuzioni costituzionalmente garantite (v. sentenze nn. 410 e 110 del 1998; 86 del 1977; ordinanze nn. 266 del 1998 e 426 del 1997);

che dal ricorso possono ricavarsi "le ragioni del conflitto" e "le norme costituzionali che regolano la materia", come richiesto dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, ricorrente;

b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, entro il termine di venti giorni dalla comunicazione, per essere successivamente depositati presso la cancelleria di questa Corte entro venti giorni dalla notificazione, a norma dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, termine che il quarto comma del citato art. 26 assegna alle parti per la costituzione in giudizio.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 16 luglio 1999.