Ordinanza n. 264/99

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ORDINANZA N. 264

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione agli artt. 218, commi 1, 2 e 5 stesso decreto legislativo, 133 del codice penale; 444 e 445 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 14 ottobre 1998 dal Pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Amadei Pierangelo, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1999.

  Visti l'atto di costituzione di Amadei Pierangelo nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che il Pretore di Brescia - nel corso di un giudizio penale, a sèguito dell'annullamento, da parte della Corte di cassazione, della sentenza resa ex art.444 cod. proc. pen. dallo stesso giudice, limitatamente all'omessa applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, di cui all'art. 222 del codice della strada - ha sollevato, con ordinanza del 14 ottobre 1998, questione di legittimità costituzionale dell'art. 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione all'art. 218, commi 1, 2 e 5 dello stesso decreto legislativo, all'art. 133 cod. pen., ed agli artt. 444 e 445 cod. proc. pen.;

  che, secondo il rimettente, le norme denunciate - imponendo al giudice l'applicazione d'ufficio della sanzione amministrativa accessoria anche con la sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., senza che il punto possa formare oggetto dell'accordo delle parti - contrastano: a) con gli artt. 101 e 111 Cost., perchè il giudice del patteggiamento é tenuto a fissare, entro il minimo ed il massimo di legge, la durata della sospensione della patente di guida, senza aver cognizione del merito della causa e senza disporre (diversamente dall'autorità amministrativa) di alcun parametro di giudizio; b) con l'art. 24 Cost., perchè l'imputato non può nè interloquire in giudizio, nè impugnare per motivi di merito la decisione sulla durata della sospensione della patente di guida;

  che si é costituita in giudizio la parte privata, chiedendo l'accoglimento della sollevata questione, in relazione a tutti i parametri costituzionali evocati, stante il contrasto dell'art. 222 del codice della strada: a) con gli artt. 132 e 133 cod. pen., "che limitano il potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena con l'obbligo di indicare i motivi che tale potere giustificano", nonchè, "soprattutto", con il principio che impone l'obbligo di motivazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali (art. 111 Cost.), sotto il profilo che il giudice del patteggiamento, dovendo prescindere dall'accertamento dell'oggettiva sussistenza del reato e della colpevolezza dell'accusato, non può motivare sulla durata della sospensione della patente di guida; b) con il diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost., sotto il profilo che in ordine alla durata della sospensione della patente di guida l'imputato non può interloquire, nè addurre prove a proprio favore, nè impugnare la decisione se non per motivi di legittimità;

  che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza della sollevata questione e richiamando la memoria presentata a questa Corte su analoghe questioni, sollevate dallo stesso Pretore con ordinanza del 16 gennaio 1998 e trattate nella camera di consiglio del 13 gennaio 1999.

  Considerato che il giudice a quo, nel prospettare la questione di legittimità costituzionale, muove dal presupposto che la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, per una durata determinata dal giudice entro il minimo ed il massimo di legge, sia accessoria all'accertamento del reato (secondo la formulazione della rubrica dell'art. 222 cod. strada) e, perciò, ad una dichiarazione di responsabilità incompatibile con la pronuncia di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen.;

  che questa Corte ha già rilevato l'erroneità di tale assunto, poichè la sanzione amministrativa di cui all'art. 222 cod. strada non presuppone, logicamente o normativamente, la declaratoria di responsabilità penale attraverso una sentenza di condanna in senso proprio, bastando invece l'accertamento del mero fatto lesivo dell'interesse pubblico: accertamento di certo compatibile con la pronuncia di cui all'art. 444 cod. proc. pen. (ordinanza n. 25 del 1999);

  che, in particolare, contrariamente a quanto opinato dal rimettente, il diritto vivente - interpretandosi l'espressione "accertamento del reato", contenuta nella rubrica dell'articolo stesso, nel senso di accertamento, nell'ambito e nei limiti del procedimento di cui all'art. 444 cod. proc. pen., del fatto lesivo dell'interesse pubblico, al quale consegue l'applicazione di una pena - impone al giudice di merito, per la determinazione della durata della sospensione della patente di guida e per la relativa motivazione, di attenersi ai parametri di cui all'art. 218 cod. strada;

  che la libertà nella scelta del procedimento di cui all'art. 444 cod proc. pen. e la discrezionalità nella valutazione prognostica degli effetti conseguenti a tale scelta, escludono che la mancata impugnabilità per vizi di merito della determinazione giudiziale della durata della sospensione della patente di guida costituisca lesione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione;

  che, pertanto, la questione proposta é manifestamente infondata in riferimento a tutti i parametri evocati.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione agli artt. 218, commi 1, 2 e 5 dello stesso decreto legislativo, 133 del codice penale, 444 e 445 del codice di procedura penale, sollevata - in riferimento agli artt. 101, 111 e 24 della Costituzione - dal Pretore di Brescia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 giugno 1999.