Ordinanza n. 238/99

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ORDINANZA N. 238

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI    "

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 16 settembre 1998 della Camera dei deputati relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, promosso dal Tribunale di Roma – sez. 10a penale, con ricorso depositato il 22 gennaio 1999 ed iscritto al n. 107 del registro ammissibilità conflitti.

  Udito nella camera di consiglio del 12 maggio 1999 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 22 gennaio 1999, il Tribunale di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato in relazione alla deliberazione del 16 settembre 1998 con la quale la Camera dei deputati ha approvato la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere di dichiarare che i fatti per i quali é in corso il procedimento penale instaurato davanti allo stesso Tribunale nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi - imputato del delitto di diffamazione a mezzo stampa per avere, con dichiarazioni rese ad agenzie giornalistiche, offeso, anche con l’attribuzione di fatto determinato, la reputazione di Giancarlo Caselli, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo - concernono opinioni espresse dal deputato Sgarbi nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che le dichiarazioni per cui é giudizio costituirebbero, secondo il Tribunale ricorrente, condotta esulante dall’esercizio delle funzioni di parlamentare, onde la Camera dei deputati avrebbe, con la deliberazione di insindacabilità, illegittimamente esercitato il proprio potere, avendo arbitrariamente valutato il presupposto del collegamento delle opinioni espresse con la funzione parlamentare;

che, pertanto, il ricorrente chiede dichiararsi che "non spettava alla Camera dei deputati la valutazione della condotta attribuita all’on. Vittorio Sgarbi, in quanto estranea alla previsione dell’art. 68 comma 1 Cost.", e conseguentemente annullarsi la relativa deliberazione adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 16 settembre 1998.

Considerato che in questa fase la Corte é chiamata, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esista "la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza", fermo restando il potere della Corte, a seguito del giudizio, di pronunciarsi su ogni aspetto del conflitto, ivi compresa la sua ammissibilità;

che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il conflitto promosso dall’autorità giudiziaria, chiamata a giudicare della eventuale responsabilità di un parlamentare in relazione a dichiarazioni da lui rese, nei confronti della Camera, che ha valutato tali dichiarazioni come costituenti opinioni espresse dal deputato o dal senatore nell’esercizio delle sue funzioni, in ordine alla riconducibilità delle dichiarazioni stesse alla previsione dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, verte su attribuzioni costituzionalmente garantite agli organi della giurisdizione, che si assumono lese dalla deliberazione dell’Assemblea parlamentare, ed insorge fra organi competenti a dichiarare in via definitiva la volontà del potere cui appartengono (cfr., da ultimo, ordinanze nn. 37, 254 e 469 del 1998): onde il presente conflitto deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell’art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Roma, nei confronti della Camera dei deputati, con l’ordinanza in epigrafe;

dispone: a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione al ricorrente della presente ordinanza; b) che, a cura del ricorrente Tribunale di Roma, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione di cui sub a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine fissato dall’art. 26, terzo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in cancelleria l’11 giugno 1999.