Ordinanza n. 63/99

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ORDINANZA N. 63

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 32, comma 2, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), così come modificato dall'art. 5, commi 6 e 7, del decreto-legge 2 ottobre 1995, n. 415, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 29 novembre 1995, n. 507 promosso con ordinanza emessa il 30 settembre 1997 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Amati Tullia e il Ministero delle finanze iscritta al n. 859 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto che nel corso del giudizio civile promosso da Amati Tullia nei confronti del Ministero delle finanze il Pretore di Roma ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, comma 2, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), così come modificato dall'art. 5, commi 6 e 7, del decreto-legge 2 ottobre 1995, n. 415, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 29 novembre 1995, n. 507;

che la norma impugnata dispone, a decorrere dal 1° gennaio 1995, un aumento dei canoni dei beni immobili dello Stato (demaniali e patrimoniali), destinati ad uso abitativo, concessi o locati a privati, nella misura del doppio o del quintuplo a seconda che il reddito annuo del nucleo familiare cui appartiene il conduttore sia superiore od inferiore ad ottanta milioni di lire;

che, secondo il giudice rimettente, siffatta previsione, benchè parzialmente modificata dall'art. 5, commi 6 e 7, del decreto-legge 2 ottobre 1995, n. 415 sopra richiamato, crea una serie di ingiustificate discriminazioni, poichè da un lato assoggetta all'aumento soltanto gli immobili appartenenti allo Stato e non anche quelli degli enti territoriali minori, e dall’altro fissa tale incremento sulla base di due sole fasce di reddito, il che implica grandi differenze tra soggetti che godono di redditi di poche lire superiori o inferiori ad ottanta milioni;

che il testo della norma impugnata lascia intendere senza possibilità di dubbio che l'aumento va applicato in costanza di rapporto contrattuale (dal 1° gennaio 1995), il che si traduce, anche per i beni dati in locazione dallo Stato iure privatorum, in una ingiustificata posizione di forza del locatore, che potrebbe essere accettabile soltanto in presenza di una concessione amministrativa;

che il Pretore sostiene la rilevanza della questione poichè il giudizio verte sul riconoscimento, chiesto dalla parte privata, che il canone é quello fissato secondo gli articoli 12-24 della legge n. 392 del 1978.

Considerato che, successivamente all’ordinanza istruttoria emessa da questa Corte in data 9 marzo 1998, la materia in oggetto é stata regolata diversamente dall’art. 23 della legge 8 maggio 1998, n. 146;

che tale norma ha stabilito, con efficacia retroattiva decorrente dal 1° gennaio 1994, che "il rapporto di locazione avente ad oggetto gli immobili del demanio e del patrimonio dello Stato destinati ad uso abitativo dei dipendenti pubblici é disciplinato dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modifiche";

che la normativa sul cosiddetto "equo canone" é stata profondamente modificata dalla successiva legge 9 dicembre 1998, n. 431, senza peraltro che le nuove norme si applichino ai giudizi in corso (art. 14, comma 5, della legge ora citata);

che dalla documentazione pervenuta a questa Corte in ossequio alle richieste istruttorie formulate risulta che nel giudizio a quo la conduttrice dell’immobile é anche una dipendente pubblica;

che pertanto, alla luce delle intervenute modifiche che costituiscono ius superveniens, é opportuno restituire gli atti al Pretore di Roma, affinchè valuti la permanenza del requisito della rilevanza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Pretore di Roma.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Fernando SANTOSUOSSO

Depositata in cancelleria il 5 marzo 1999.