Ordinanza n. 304/98

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ORDINANZA N. 304

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI  

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO  

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO  

- Dott. Riccardo CHIEPPA  

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 99 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il 24 giugno 1997 dal Tribunale di Vicenza nel procedimento civile vertente tra Cassa Rurale e Artigiana di Brendola - Credito Cooperativo S.c.a.r.l. e Fallimento Santacà Claudio, iscritta al n. 616 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Visto l'atto d costituzione della Cassa Rurale ed Artigiana di Brendola - Credito Cooperativo S.c.a.r.l., nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell'udienza pubblica del 30 giugno 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto;

  udito l'Avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.

  Ritenuto che il Tribunale di Vicenza, con ordinanza emessa il 24 giugno 1997, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 99 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui consente al giudice delegato al fallimento di svolgere le funzioni di giudice istruttore della causa di opposizione allo stato passivo;

  che il giudice rimettente motiva i prospettati dubbi di illegittimità costituzionale richiamando le decisioni di questa Corte riguardanti le incompatibilità nel processo penale, in particolare le sentenze n. 432 del 1995 (sulla partecipazione al dibattimento del giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale), n. 439 del 1993 (sulla partecipazione al giudizio dibattimentale del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione della pena concordata) e n. 453 del 1994 (circa la partecipazione al giudizio del G.I.P. che abbia rigettato la domanda di oblazione), osservando che tali orientamenti, mutatis mutandis, "potrebbero trovare applicazione" anche al caso denunciato;

  che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione;

  che, in proposito, l'Avvocatura ha osservato come la presenza nell'ordinamento processuale civile di accertamenti a cognizione sommaria, conclusi da un provvedimento riesaminato a cognizione piena dallo stesso giudice che l'ha emanato o da un organo di cui egli fa parte, non sia messa in forse dalla giurisprudenza di questa Corte estensiva dell'area delle incompatibilità nel processo penale, attesa la diversità tra i due settori processuali; e che, d'altronde, il giudice delegato, dopo aver operato nella fase essenzialmente "cartolare" di verificazione dello stato passivo, partecipa ad un giudizio a cognizione piena, in cui potranno ammettersi nuovi e diversi mezzi istruttori - normalmente preclusi nella prima fase -, all'esito dei quali appare del tutto plausibile che egli modifichi il convincimento precedentemente espresso;

  che nel giudizio davanti a questa Corte si é altresì costituita la parte privata opponente nel giudizio a quo, concludendo per la declaratoria d'illegittimità costituzionale del denunciato art. 99.

  Considerato che questa Corte ha già dichiarato non fondata la medesima questione, escludendo l'incompatibilità tra l'attività istruttoria relativa alla causa di opposizione allo stato passivo e quella svolta in precedenza dal giudice delegato per la formazione dello stato passivo;

  che in proposito essa ha osservato come l'attività relativa alla formazione dello stato passivo si caratterizzi per una verifica dei crediti effettuata con cognizione sommaria, laddove quella in sede di opposizione é finalizzata a raccogliere elementi utili alla decisione del collegio sulla base dei motivi dell'opposizione stessa, suscettibili d'introdurre nuovo materiale probatorio (sentenze n. 158 del 1970 e n. 94 del 1975);

  che il rimettente non ha prospettato argomenti in contrario, salvo a richiamare le succitate decisioni, rese con riguardo alla posizione del giudice per le indagini preliminari nel processo penale;

  che questa Corte - dopo avere osservato come la trasferibilità dei princìpi enunciati in tema di art. 34 cod. proc. pen. al processo civile non può non risentire della netta distinzione tra questo e il processo penale - proprio escludendo che la cognizione sommaria (in àmbito cautelare civile) possa pregiudicare in linea di principio la partecipazione del giudice decidente al successivo giudizio di merito a cognizione piena, ha di recente sottolineato come condizione necessaria per l'incompatibilità endoprocessuale sia la preesistenza di valutazioni ricadenti sulla medesima res judicanda (v. sentenza n. 326 del 1997), la quale nella specie non é comunque ravvisabile appunto per via della particolare sommarietà della cognizione del giudice delegato nella fase di verificazione dei crediti;

  che pertanto la proposta questione va dichiarata manifestamente infondata.                                                      

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 99 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Vicenza, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1998.

Presidente: Giuliano VASSALLI

Redattore: Cesare RUPERTO

Depositata in cancelleria il 18 luglio 1998.