Sentenza n. 219/98

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SENTENZA N. 219

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI  

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO  

- Dott. Riccardo CHIEPPA  

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, della legge 7 aprile 1995, n. 104 (Conversione in legge del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, recante disposizioni urgenti per accelerare la concessione delle agevolazioni alle attività gestite dalla soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, per la sistemazione del relativo personale, nonchè per l'avvio dell'intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale), 14, comma 4, e 14 bis, comma 1 lettera b), e commi 3 e 4, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32 (Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimenti per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della legge 19 dicembre 1992, n. 488), convertito in legge 7 aprile 1995, n. 104, promossi con n. 4 ordinanze emesse il 24 giugno - 25 novembre 1996 e il 17 luglio - 9 dicembre 1996 (nn. 3 ordinanze) dal Tribunale Amministrativo del Lazio rispettivamente iscritte ai nn. 217, 479, 603 e 604 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 18, 30 e 39, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Visti gli atti di costituzione di Ulisse Gianfrancesco, Gugliormella Giorgio, Papaldo Angelo ed altri e di Zappella Luisa nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto;

  uditi gli avvocati Fabio Lorenzoni per Ulisse Gianfrancesco e per Gugliormella Giorgio, Giuseppe Abbamonte e Paolo De Camelis per Papaldo Angelo ed altri, Giuseppe Abbamonte e Fabio Lorenzoni per Zappella Luisa e l'Avvocato dello Stato Ivo Braguglia per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un giudizio - in cui il ricorrente, già dirigente della disciolta Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (Agensud), successivamente inserito nei ruoli dell'Amministrazione Statale e quindi collocato a riposo, aveva chiesto l'annullamento dei provvedimenti con i quali il Ministero del bilancio gli aveva attribuito un trattamento economico pressochè dimezzato rispetto a quello già goduto presso l'Agensud e durante l'iniziale periodo di servizio nella pubblica amministrazione - il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza emessa il 24 giugno 1996, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 14-bis, comma 1, lettera b) e comma 4 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, nel testo introdotto dall'art. 9 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito in legge 7 aprile 1995, n. 104 (Conversione in legge del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, recante disposizioni urgenti per accelerare la concessione delle agevolazioni alle attività gestite dalla soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, per la sistemazione del relativo personale, nonchè per l'avvio dell'intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale).

  Espone il rimettente che gl'impugnati provvedimenti, con i quali é stato rideterminato in senso peggiorativo il trattamento economico del ricorrente, sono stati resi validi dall'art. 1, comma 2, della legge n. 104 del 1995, che ha fatto salvi gli effetti di una serie di precedenti decreti-legge. In un primo tempo, con il decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 403 (art. 5), era rispettata l'integralità del trattamento economico percepito presso l'Agensud attraverso un assegno personale diretto a colmare la differenza tra le retribuzioni. Ma successivamente, con l'impugnato art. 14-bis, comma 1, lettera b), introdotto nell'anno successivo, era stato stabilito un indifferenziato limite (di L. 1.500.000) all'assegno personale già in godimento, consentendosi all'amministrazione di dimezzare il trattamento economico.

  Chiarisce il giudice a quo che la vicenda trae origine dalla legge di delegazione 19 dicembre 1992, n. 488, in attuazione della quale il decreto legislativo n. 96 del 1993 aveva accordato al personale della soppressa Agensud la facoltà di optare per l'assunzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e le amministrazioni cui erano state attribuite le competenze della stessa Agensud, contestualmente definendo il trattamento economico sulla base dell'anzianità maturata. Tale trattamento, peraltro, a seguito di reiterati decreti-legge, era stato garantito nella sua integrità solo fino al gennaio 1994. Da tale data infatti erano stati disconosciuti tutti gli scatti di anzianità ed accordati soltanto quelli conseguiti nell'ultima qualifica rivestita. Codesta normativa, tuttavia, era successivamente mutata: infatti con l'art. 8 del decreto-legge n. 355 del 1994, riprodotto dal decreto-legge n. 491 del 1994, era stato introdotto l'ora denunciato art. 14-bis, che al comma 1 faculta il personale della cessata Agensud ad optare per la cessazione del rapporto d'impiego con la disciolta agenzia al 12 ottobre 1993 (e la contestuale instaurazione di un nuovo rapporto con le amministrazioni statali), ovvero per il ricongiungimento del servizio con continuità del rapporto ma con il suddetto limite al riconoscimento degli scatti di anzianità e la possibilità di godere di un assegno pensionabile (destinato a colmare le differenze tra le due retribuzioni) nella misura massima di L. 1.500.000. Assetto normativo, codesto, rimasto invariato sino alla legge n. 104 del 1995, che ha convertito l'ultimo decreto-legge dichiarando validi gli atti ed i provvedimenti adottati e facendo salvi i rapporti giuridici sorti sulla base dei suindicati decreti-legge.

  Secondo il giudice a quo, per effetto del decreto-legge n. 355 del 1994 al ricorrente - il quale aveva inizialmente goduto di un assegno ad personam che integralmente colmava la differenza stipendiale - era stato imposto, a decorrere dal 10 giugno 1994, il suddetto limite all'assegno; con conseguente sensibile riduzione del suo trattamento di quiescenza rispetto a quello goduto dai colleghi collocati in pensione anteriormente a detta data. Ed in tal modo sarebbe stato violato il divieto della reformatio in peius del trattamento stipendiale nel caso di accesso ai ruoli statali di personale proveniente da ruoli non statali. Codesta riduzione dello stipendio (e quindi anche della pensione) sarebbe infatti intervenuta sulla retribuzione già goduta come impiegato statale, allorchè era stata garantita, in un primo momento, la conservazione del trattamento, in conformità ad un generale principio che mira a consentire la mobilità del lavoro, nell'interesse sia del dipendente sia dell'amministrazione.

  Osserva il TAR come l'impugnata normativa appaia lesiva anzitutto del principio d'eguaglianza. Infatti, con la fissazione del limite di cui sopra all'assegno integrativo, si sarebbe operata un'indistinta omologazione di personale con qualifiche ed anzianità diverse. Ed inoltre, i dipendenti provenienti dalla disciolta Agensud hanno ricevuto trattamenti pensionistici diversi a seconda che il momento del pensionamento sia stato precedente o successivo al 10 giugno 1994.

  Aggiunge il TAR che l'art. 3 Cost. risulterebbe comunque leso anche se si volesse giustificare l'operazione legislativa con l'intento di omogeneizzare i trattamenti con quelli dei dipendenti delle amministrazioni di nuova destinazione, atteso il carattere "indifferentemente riduttivo" del limite posto all'importo dell'assegno, che urterebbe contro il criterio di ragionevolezza, in quanto il dipendente (e solo quello rimasto in servizio al momento della riduzione stipendiale) é stato fatto oggetto di una misura punitiva, pur avendo svolto sempre le stesse funzioni.

  Anche con riguardo alla riduzione del trattamento pensionistico, il TAR qualifica come irragionevole l'impugnata normativa (sia pure alla luce delle affermazioni di questa Corte circa la possibilità, per il legislatore, di emanare disposizioni che modifichino sfavorevolmente i rapporti di durata). Infatti, nella specie, sarebbero state irrimediabilmente vanificate le aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore circa il suo trattamento pensionistico, ridottosi di circa la metà. Nè varrebbero a giustificare tale decurtazione ragioni di contenimento della spesa o la previsione della restituzione dei contributi versati in eccedenza, giacchè comunque risulterebbe violato l'art. 38 Cost.

  2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità ovvero l'infondatezza della questione, in quanto la denunciata modificazione stipendiale sarebbe la conseguenza dell'estensione al personale della disciolta Agensud della disciplina dettata per i dipendenti statali. Tale omogeneizzazione, a sua volta, discenderebbe dal venir meno di un ordinamento con caratteristiche di straordinarietà.

  Proprio tale elemento giustificherebbe il trattamento di privilegio del personale dell'Agensud, poichè alla straordinarietà sarebbe stata connessa la precarietà del rapporto, che non consente di invocare il principio della garanzia della sicurezza sociale e dell'affidamento. Sarebbe quindi da escludere il superamento del limite di ragionevolezza, atteso che il trattamento economico oggetto della riduzione trovava fondamento in una situazione giuridica diversa da quella che il personale ha liberamente scelto in séguito.

  Il legislatore - osserva l'Avvocatura dello Stato - é pienamente libero di sancire la fine di un intervento straordinario; e nella specie si sarebbe spinto anche a garantire la conservazione del posto di lavoro ai dipendenti, assicurando loro la stabilità che il precedente rapporto non garantiva.

  Quanto all'argomento, con cui si censura la riduzione di un trattamento già in godimento, l'Avvocatura rileva che soltanto con la legge n. 104 del 1995 la materia é stata compiutamente definita e che, anteriormente, il succedersi di decreti-legge non convertiti si era reso necessario per far fronte ad una situazione di emergenza. Conclusivamente osserva come la vera disparità di trattamento si sarebbe verificata realmente solo ove, viceversa, il personale statale assunto attraverso normali procedure selettive fosse stato sopravanzato da dipendenti provenienti da un'organizzazione soppressa, assunti con modalità meno rigorose ed ai quali si é consentito l'accesso in ruolo per ragioni di politica sociale.

  3. - Nel presente giudizio si é costituita anche la parte privata, che ha insistito per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'impugnata normativa, sviluppando ulteriormente gli argomenti contenuti nell'ordinanza di rimessione.

  Sulla premessa che si verta in un caso di continuità del rapporto, essa ricostruisce a sua volta la vicenda dei decreti-legge succedutisi nel tempo, ricordando come, ad una piena equiparazione (del trattamento goduto presso le amministrazioni di assegnazione) alla retribuzione già percepita presso l'Agensud, sia seguita una prima decurtazione che aveva limitato l'assegno personale alla differenza tra la retribuzione della qualifica statale di assegnazione e lo stipendio iniziale della qualifica di provenienza, aumentato di un incremento stipendiale relativo alla sola anzianità maturata nella qualifica (anzichè, come prima, nella carriera). Ciò avveniva in un momento in cui gl'interessati erano già transitati alle dipendenze dello Stato. Era poi intervenuta la censurata riduzione, che aveva introdotto il massimo indifferenziato di £ 1.500.000 mensili per l'assegno personale; il conseguente taglio avrebbe operato un'indistinta omologazione sotto lo stesso livello stipendiale di personale con qualifiche diverse. Osserva ancora la parte come, a fronte della previsione della legge delegante circa l'utilizzo del personale dell'Agensud, il decreto legislativo n. 96 del 1993 avesse "inopinatamente" previsto la cessazione del rapporto d'impiego decorsi 180 giorni dal 15 aprile 1993, dando tuttavia facoltà di domandare l'assunzione presso la pubblica amministrazione; assunzione prevista nella posizione iniziale delle qualifiche, con determinazione del trattamento economico computando l'anzianità maturata. Il che "lasciava pensare" ad una continuità e non già ad un'interruzione del rapporto. In tal senso la "fittizia interruzione del rapporto" sarebbe stata tentata allo scopo di aggirare il divieto di reformatio in peius. Inoltre la riduzione del trattamento risulterebbe contraria anche agli accordi di lavoro sottoscritti con le organizzazioni sindacali, secondo cui, nella progressione di carriera, il maturato economico era interamente considerato. Di talchè la penalizzazione derivante dalla prescrizione, per cui la nuova assunzione avviene a livello iniziale della qualifica, avrebbe finito per incidere anche sul buon andamento della pubblica amministrazione, con violazione dell'art. 97 Cost.

  4. - Il medesimo TAR, con tre successive ordinanze d'identico tenore, emesse in analoghi giudizi il 17 luglio 1996 (e pervenute alla Corte tra il 24 giugno e l'8 agosto 1997), ha sollevato - con riferimento agli stessi parametri - questione di legittimità costituzionale della normativa di cui sopra, articolando le censure nel modo seguente.

  Per quanto concerne la riduzione del trattamento economico, e conseguentemente del trattamento pensionistico e di quello di fine rapporto, ha denunciato:

  a) l'art. 1, comma 2, della legge n. 104 del 1995, nella parte in cui sono stati dichiarati validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono stati fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dell'art. 14, comma 5, del decreto-legge n. 96 del 1993, nel testo introdotto dai decreti-legge n. 95 e n. 228 del 1994, e dell'art. 14 bis, comma 1, lettera b), e comma 3 dello stesso decreto legislativo n. 96 del 1993, nel testo introdotto dall'art. 8 dei decreti-legge n. 355 e n. 491 del 1994, nonchè dall'art. 9 dei decreti-legge n. 570 e n. 675 sempre del 1994, poi non convertiti in legge;

  b ) l'art. 14 bis, comma 1, lettera b), e comma 3 del decreto legislativo n. 96 del 1993, nel testo introdotto dall'art. 9 del decreto-legge n. 32 del 1995, convertito con la legge n. 104 del 1995;

  Per quanto invece concerne il solo trattamento di fine rapporto, ha denunciato:

  a) l'art. 1, comma 2, della legge n. 104 del 1995, nella parte in cui sono stati dichiarati validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono stati fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dell'art. 14, comma 8, del decreto legislativo n. 96 del 1993, nel testo introdotto dall'art. 7 dei decreti-legge n. 95 e n. 228 del 1994, e sulla base dello stesso art. 14, comma 4, nel testo introdotto dall'art. 8 dei decreti-legge n. 355 e n. 491 del 1994, nonchè dall'art. 9 dei decreti-legge nn. 570 e 675 del 1994, non convertiti in legge;

  b) l'art. 14, comma 4, del decreto legislativo n. 96 del 1993, nel testo introdotto dall'art. 9 del decreto-legge n. 32 del 1995, convertito con legge n. 104 del 1995.

  Il rimettente insiste ulteriormente sulle anzidette modifiche delle modalità di calcolo dello stipendio tabellare, sulla corresponsione (eventuale) di una sola parte delle indennità in godimento presso le amministrazioni di destinazione, sulla soppressione delle indennità percepite presso l'Agensud e sulla fissazione del limite massimo all'assegno pensionabile, pur nell'invariato svolgimento delle funzioni prima e dopo la riduzione stipendiale, per ribadire l'asserita irragionevolezza di quest'ultima, intervenuta allorchè si era ormai incardinato il rapporto con la pubblica amministrazione.

  Sottolinea ancora come l'Agensud perseguisse interessi propri dello Stato e perciò debba essere considerata quale organo straordinario di questo.

  5. - Anche in tali giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato e difeso, che ha svolto considerazioni identiche a quelle riportate sub 2.

  6. - Si sono pure costituite le parti private chiedendo la declaratoria d'illegittimità costituzionale, senza aggiungere argomenti ulteriori rispetto a quelli già sopra sintetizzati.

  7. - Nell'imminenza dell'udienza, poi, le parti costituite nel giudizio di cui all'ordinanza n. 479 del 1997 hanno depositato un'ampia memoria, nella quale insistono per la declaratoria d'illegittimità costituzionale della denunciata normativa, chiedendo altresì che questa comporti, a beneficio dei ricorrenti stessi, gli effetti originariamente garantiti per i primi quattro mesi di servizio dai decreti-legge n. 403 (art. 5) e n. 506 (art. 7) del 1993.

  La difesa delle parti private sottolinea diffusamente l'incidenza delle progressive decurtazioni (intervenute allorchè si era già incardinato il rapporto d'impiego) sulle aspettative degli interessati e sulla riduzione che ne é conseguita, non soltanto con riguardo alle retribuzioni, ma anche in termini di minori importi nel calcolo della pensione e del trattamento di fine rapporto.

  Pur riconoscendo che al TAR rimettente era inibita l'applicazione dell'art. 202 del T.U. n. 3 del 1957, "ostandovi la censurata disciplina speciale derogatoria degli ordinari criteri di transito da un'amministrazione ad altra", le parti affermano la generale portata del divieto di reformatio in peius del trattamento economico di cui alla norma citata e la sua applicabilità al caso di specie, configurandosi un'ipotesi di continuità delle medesime funzioni presso altri uffici. A fortiori la denunciata riduzione sarebbe illegittima, oltre che per le anzidette violazioni degli artt. 3 e 36 Cost., anche per la lesione dell'art. 38 Cost., in quanto operata in prossimità del pensionamento. Al riguardo esse insistono nel contestare che la restituzione dei contributi versati in eccedenza rappresenti una reintegrazione del sacrificio patrimoniale imposto.

  Esse contestano altresì le tesi dell'Avvocatura dello Stato circa la straordinarietà dell'intervento nel mezzogiorno e la correlata posizione di privilegio dei dipendenti dell'Agensud. Sul punto viene sottolineato l'equivoco, in cui si sarebbe incorsi circa la nozione d'intervento straordinario (ma che sarebbe comunque volto a compensare "il perenne sottosviluppo" del Sud) e le caratteristiche dell'organizzazione preordinata a realizzarlo.

  Pure l'altra tesi dell'Avvocatura circa la libera opzione accordata al personale sarebbe "capziosa" poichè la facoltà di scelta di cui alla norma impugnata sarebbe intervenuta ad otto mesi dall'ormai avvenuto "passaggio" all'Amministrazione ordinaria dello Stato, da alcuni settori della quale proverrebbero le "istanze punitive" sottese alle "inferte penalizzazioni".

  8. - Anche le parti costituite nei giudizi di cui alle ordinanze nn. 217 e 604 del 1997 hanno depositato memorie, nelle quali si sottolinea particolarmente la discriminazione in danno dei dipendenti rimasti in servizio dopo il 10 luglio 1994, e si insiste nella tesi per cui, una volta avvenuta l'assegnazione presso l'amministrazione statale, con la garanzia di conservazione del trattamento già goduto, le decurtazioni avrebbero operato illegittimamente su posizioni di pubblico impiego ormai già garantite.

  Inoltre si ribadisce come l'Agensud fosse inserita funzionalmente nell'apparato statale, in quanto preordinata a rispondere ad un'istanza perequativa e promozionale che dura da secoli. In proposito viene fatto riferimento all'elevata professionalità richiesta per l'accesso all'impiego nell'Agensud e si sottolinea, a confutazione di quanto affermato dall'Avvocatura, come ciò che si vorrebbe mettere in discussione sia l'istituto stesso dell'assegno ad personam, il quale viceversa "costituisce una delle basi essenziali e fondanti del regime del pubblico impiego".

Considerato in diritto

  1. - Il TAR del Lazio, con quattro distinte ordinanze, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge 7 aprile 1995, n. 104, nonchè degli artt. 14, comma 4, e 14-bis, comma 1, lettera b), e commi 3 e 4 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96.

  La denunciata normativa é censurata nella parte in cui fa salvi gli effetti dei decreti-legge, succedutisi nel tempo, attraverso i quali é stata attuata, in tempi diversi, una decurtazione della retribuzione spettante al personale della soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (Agensud), allorchè, secondo la prospettazione, il personale stesso era già transitato nelle amministrazioni statali.

  In particolare le norme citate lederebbero: 1) l’art. 3 Cost., per irragionevolezza, là dove prevedono una cospicua riduzione della retribuzione operata, dapprima limitando i criteri di calcolo dell’assegno ad personam destinato a colmare la differenza tra il trattamento percepito presso l’Agensud e quello erogato dalle amministrazioni di destinazione, e successivamente imponendo un "tetto" all’assegno medesimo (nel limite massimo di L. 1.500.000 mensili). In tal modo, con effetti sul computo del trattamento di fine rapporto e della pensione, si sarebbe ingiustamente penalizzato l'anzidetto personale, vanificandone le legittime aspettative col trascurare di prendere in considerazione il maturato economico e le differenze di qualifica; 2) ancora l’art. 3 Cost., per la disparità di trattamento venutasi a creare tra gli stessi dipendenti, a seconda che siano stati collocati in pensione prima o dopo il 10 giugno 1994, data in cui é intervenuta l’ultima riduzione dell’assegno ad personam; 3) l’art. 36 Cost., per l’asserita violazione del divieto di reformatio in pejus del trattamento economico dei pubblici dipendenti sancito dall’art. 202 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, anche perchè la denunciata riduzione avrebbe operato senza che vi fosse stata alcuna variazione nelle funzioni svolte; 4) l’art. 38 Cost., per gli anzidetti effetti negativi sul calcolo del trattamento di quiescenza.

  2. - Con le quattro ordinanze vengono denunciate le medesime disposizioni, secondo profili sostanzialmente coincidenti e con argomenti analoghi. Pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con un’unica sentenza.

  3. - Le questioni non sono fondate.

  3.1. - Giova premettere una ricostruzione della complessa vicenda normativa, la quale prende le mosse dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, che ha sancito la soppressione del Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e dell’Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (art. 2), contestualmente prevedendo la redazione di "un dettagliato rapporto contenente l'inventario" delle attività che tali organi avevano in corso. Con l'art. 3, nell’ottica di trasferimento delle competenze, da questi ultimi esercitate, alle diverse amministrazioni dello Stato, la legge stessa conferisce delega al Governo per disciplinare tutta l’operazione, definendo una serie di criteri direttivi, tra i quali risulta compresa (v. lettera e)) l’utilizzazione del personale già in servizio presso i detti organismi d’intervento straordinario, "prioritariamente per i compiti previsti dalla presente legge nonchè dal decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, come modificato dalla legge medesima, ed in particolare per le funzioni tecniche e di supporto alle attività di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma", cioé alle attività che vengono in dettaglio devolute alle amministrazioni dello Stato.

  3.1.1. - Il Governo attua la delega con il decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, che nell’art. 14 sancisce la cessazione del rapporto di lavoro del personale dell’Agensud, decorsi centottanta giorni dal 15 aprile 1993; riconoscendo peraltro la facoltà di presentare domanda per l’assunzione presso le amministrazioni pubbliche. In proposito veniva prevista l’assegnazione in qualifiche corrispondenti a quelle già possedute, il collocamento in soprannumero nella posizione iniziale delle nuove qualifiche attribuite, nonchè un trattamento economico determinato computando l’anzianità pregressa già maturata.

  3.1.2. - Inizia a questo punto l’emanazione d’una serie di decreti-legge non convertiti, che si succedono nel disciplinare lo stato giuridico ed il trattamento economico del personale: precisamente i decreti-legge 9 agosto 1993, n. 285; 9 ottobre 1993, n. 403; 7 dicembre 1993, n. 506; 7 febbraio 1994, n. 95; 9 aprile 1994, n. 228; 10 giugno 1994, n. 355; 8 agosto 1994, n. 491; 7 ottobre 1994, n. 570; 9 dicembre 1994, n. 675.

  I primi tre decreti-legge sostituiscono in modo identico il testo del succitato art. 14, introducendo i seguenti punti qualificanti: a) possibilità per il personale di chiedere il trattenimento in servizio; b) istituzione di un ruolo transitorio ad esaurimento; c) inquadramento sulla base dell’anzianità di servizio e di qualifica; d) attribuzione di un assegno personale pari alla differenza tra la retribuzione così spettante e quella da ultimo percepita quale dipendente dell’Agensud.

  Con il decreto-legge n. 95 del 1994, reiterato nel successivo decreto-legge n. 228 del 1994, il secondo fattore sul quale calcolare la differenza presa a base per l’assegno ad personam viene modificato radicalmente: non più l’ultima retribuzione goduta presso l’Agensud bensì quella iniziale prevista per la qualifica di provenienza, incrementata della sola anzianità in essa maturata.

  Gli ultimi quattro decreti-legge, tra loro conformi, ridisegnano nuovamente il trattamento giuridico e normativo del personale. Nell’art. 14 non é più menzionato il trattenimento in servizio, ma viene confermata l’istituzione del ruolo ad esaurimento e ripristinata la posizione soprannumeraria; viene inoltre descritta in dettaglio la procedura di attribuzione delle qualifiche.

  Le novità di maggior rilievo sono tuttavia contenute nel nuovo art. 14-bis. Tale norma prevede che entro il 31 luglio 1994 il personale possa alternativamente optare: a) per la percezione del trattamento di fine rapporto, la definizione della posizione pensionistica già costituita con riferimento al 12 ottobre 1993 e l’instaurazione, dal giorno successivo, di un nuovo rapporto con le amministrazioni di assegnazione; b) per il ricongiungimento del servizio prestato presso l’Agensud con quello prestato successivamente al 12 ottobre 1993 e con quello svolto presso le amministrazioni di assegnazione, nonchè per un trattamento economico calcolato sulla base dei bienni di anzianità nell’ultima qualifica rivestita presso l’Agensud. A detto personale é altresì riconosciuto un assegno mensile ad personam, pensionabile e riassorbibile con qualsiasi successivo miglioramento, non superiore a L. 1.500.000 lorde mensili.

  3.1.3. - Codesto impianto normativo viene mantenuto nell’ultimo decreto-legge, emanato l’8 febbraio 1995, n. 32, e finalmente convertito con legge 7 aprile 1995, n. 104, che fa salvi gli effetti della pregressa decretazione.

  Resta da aggiungere che l'art. 14 del decreto legislativo n. 96 del 1993, come in fine modificato, prevede nel comma 4 la cessazione della particolare posizione previdenziale collettivamente accesa presso l’INA, con ripartizione individuale per ogni singolo dipendente al momento della cessazione del rapporto. A coloro che avessero scelto (fuori dell’alternativa sopra descritta) la definitiva conclusione del rapporto d’impiego viene inoltre consentito dal comma 3 dello stesso articolo l’immediato pensionamento, in deroga alle disposizioni sospensive di cui alla legge 14 novembre 1992, n. 438. Mentre il successivo art. 14-bis prevede, nel comma 2, il versamento integrativo a carico dello Stato fino al raggiungimento dei trentacinque anni per il mantenimento delle iscrizioni INPS o INPDAI, qualora alla data di cessazione del rapporto e del ricongiungimento la posizione pensionistica del dipendente sia di almeno trenta anni di anzianità contributiva. Il personale cessato dal servizio tra il 15 aprile 1993 e il 15 aprile 1995, che non abbia optato per la posizione pensionistica di provenienza, può infine richiedere la restituzione dei contributi versati e non utili ai fini della ricongiunzione.

  3.2. - L’iter sopra descritto si colloca - com’é evidente - nel più ampio quadro di una scelta politico-legislativa, volta alla dismissione del complesso apparato organizzatorio che per decenni aveva caratterizzato l’intervento straordinario nel Mezzogiorno. L’Agensud, in particolare, istituita con la legge 1° marzo 1986, n. 64, aveva rappresentato l’anello di congiunzione con il nuovo disegno legislativo, raccogliendo in parte i compiti già affidati alla Cassa per il Mezzogiorno, segnatamente sul piano del finanziamento di progetti ed attività finalizzati allo sviluppo del Mezzogiorno; di talchè essa era costituita da personale proveniente quasi integralmente dalla soppressa Cassa.

  Non occorre entrare nel merito di codesto radicale mutamento onde coglierne le peculiarità: la rilevanza e le implicazioni del nuovo assetto qui interessano soltanto al fine di escludere che l’intera vicenda, sul versante della gestione del personale, possa essere assimilata ad altri fenomeni organizzatori, come al contrario mostrano di ritenere i giudici a quibus. Anche a voler ammettere che esista una figura astrattamente descrivibile quale "riallocazione di funzioni" allo scopo di poter postulare una continuità delle stesse e, insieme, dei rapporti d’impiego sorti per il loro espletamento, certamente nella specie la cesura operata con la normativa di delegazione é tale da escludere che a simile figura si possa comunque ricorrere. Le rationes sottese alla legge n. 488 del 1992 fanno attestare l’intervento su un piano di programmazione e coordinamento centralizzati, quando non si risolvono in pure e semplici liquidazioni: prospettiva, nella quale l’utilizzazione del personale diviene strumento d'attuazione del correlativo progetto, così restando dissolta ogni continuità col passato.

  3.3. - Il definitivo assetto dato agli ex dipendenti dell’Agensud con la legge n. 104 del 1995 appare immune dall’asserito vizio di irragionevolezza, non solo alla luce delle considerazioni di cui sopra circa la fine degli organismi straordinari d'intervento, ma anche avuto riguardo ai complessivi contenuti della disciplina.

  In vista della garanzia primaria del posto di lavoro, il legislatore ha offerto al personale di cui trattasi una serie di possibilità che vanno - come s'é visto - dalla cessazione del rapporto, con deroga all’allora vigente regime di sospensione dei pensionamenti, sino all'alternativa tra l'avvio, dal 13 ottobre 1993, di un rapporto d’impiego a livello iniziale della qualifica (con pagamento del trattamento di fine rapporto e computo della pregressa posizione assicurativa nella futura determinazione della pensione) e il ricongiungimento dei servizi (pregressi presso l'Agensud e presso l'amministrazione di destinazione) con un nuovo inquadramento (accompagnato dal riconoscimento, sia pure in dati limiti, dell'anzianità maturata). Inoltre sono state previste - come pure già detto - l’assunzione dell’onere della contribuzione integrativa da parte dello Stato nonchè la restituzione dei contributi versati e non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali.

  Ma, soprattutto, non può trascurarsi di considerare che alle amministrazioni riceventi é stato attribuito - con la rideterminazione delle piante organiche - personale che si aggiungeva a quello in servizio, inserendosi con inquadramenti corrispondenti alle qualifiche in precedenza rivestite.

  Pur alla luce dell’incremento di compiti che scaturiva, a carico di dette amministrazioni, dalla legge n. 488 del 1992, non può sfuggire la complessità dell'opera di bilanciamento degli interessi compiuta dal legislatore. Il quadro qui delineato rappresenta infatti un punto d’equilibrio tra quei valori di utilizzazione flessibile del personale in termini di produttività - dei quali questa Corte ha già rilevato il carattere strumentale rispetto al buon andamento della pubblica amministrazione (v. sentenza n. 309 del 1997) - e l’intento di non pregiudicare lo status e la professionalità dei dipendenti.

  In ordine alla censurata riduzione del trattamento - che si allinea o, meglio, si approssima per eccesso a quello degli altri dipendenti statali con pari qualifica - occorre anzitutto sottolineare come nella specie essa consegua ad una delle possibili scelte rimesse al dipendente, accompagnata dai benefici del ricongiungimento dei servizi e dell'assegno ad personam; ed inoltre osservare, più in generale, che la portata politica e la complessità dei problemi posti dal venir meno dell’intervento configurano quell’inderogabile esigenza da questa Corte più volte riconosciuta quale base del potere del legislatore di modificare sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata (cfr. sentenze n. 417 del 1996 e n. 390 del 1995).

  3.4. - Quanto sin qui detto vale anche ad escludere la violazione dell’art. 36 Cost., prospettata dai rimettenti con un insistito ma improprio riferimento al divieto della reformatio in pejus del trattamento economico.

  In proposito é da osservare, anzitutto, che appare discutibile il presupposto stesso da cui muovono le ordinanze di rimessione, poichè non si é in presenza d’un semplice passaggio tra carriere presso diverse amministrazioni, bensì di rapporti che nascono ex novo, ovvero del solo ricongiungimento di servizi a séguito di nuovi inquadramenti. Trattasi, infatti, di posizioni che trovano la loro fonte nell’originario disposto dell’art. 14 del decreto legislativo n. 96 del 1993 ed il loro assetto definitivo, come si é visto, soltanto nella legge di conversione del decreto-legge n. 32 del 1995. Non é dato quindi far derivare dal trattenimento in servizio previsto dai primi tre decreti-legge l’effetto di quell’irreversibile incorporazione nelle Amministrazioni, che, secondo i rimettenti, avrebbe precluso al legislatore ogni ulteriore statuizione in senso peggiorativo del trattamento.

  La tecnica legislativa che procede per aggiustamenti successivi può di certo apparire criticabile sotto diversi profili. Tuttavia non é consentito in questa sede utilizzare l’impugnativa della clausola di salvezza onde selezionare la conservazione di quei soli provvedimenti (e dei loro effetti) che risultano più favorevoli ai ricorrenti nei giudizi a quibus. Salvo infatti quanto si dirà con riferimento agli aspetti temporali, é alla disciplina globale risultante dall'assetto definitivo come realizzato con la legge di conversione n. 104 del 1995, che occorre aver riguardo.

  Prescindendo poi da ogni considerazione sul fondamento della tesi, secondo cui l’art. 202 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e l’art. 12 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 riguarderebbero quel fenomeno di "disponibilità" del personale di cui agli artt. 72 e segg. dello stesso d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (ora descritto nella più ampia casistica della mobilità di cui agli artt. 32 e segg. del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29: cfr., in particolare, il testo dell’art. 33, come sostituito dall’art. 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80), é decisivo rilevare che, giusta quanto già affermato da questa Corte (v. sentenza n. 153 del 1985), il divieto di reformatio in pejus rappresenta solo un’acquisizione giurisprudenziale, utile come criterio ermeneutico ma del tutto inidoneo, atteso il difetto di qualsivoglia copertura costituzionale, a vincolare il legislatore.

  Del resto, proprio con riguardo alla valutazione del cosiddetto "maturato economico" in caso di nuovi inquadramenti, avvenuti addirittura all’interno dell’amministrazione statale, la Corte ha escluso l’incostituzionalità della illimitata applicazione retroattiva del nuovo trattamento (sentenza n. 296 del 1984). In proposito essa ha osservato come il passaggio da un sistema ad un altro, importando la "riduzione a omogeneità", implica "una scelta di coefficienti da operare sulla base di numerose variabili, ivi comprese le disponibilità finanziarie, e quindi con ampia discrezionalità" (sentenze n. 618 del 1987 e n. 624 del 1988). Affermazioni, queste, che a fortiori valgono nel caso in esame, dove la riduzione ad omogeneità appare vistosa solo in ragione del trattamento particolarmente favorevole prima goduto dai dipendenti dell’Agensud, in confronto con quello erogato dalle amministrazioni di nuova destinazione.

  3.5. - Parimenti non fondata é la censura per l’asserita disparità di trattamento che si sarebbe verificata tra gli stessi ex dipendenti dell’Agensud, a seconda che il loro collocamento in pensione fosse avvenuto prima o dopo il 10 giugno 1994, data di emanazione del decreto-legge n. 95 del 1994.

  Anche a tal proposito é da richiamare la possibilità di scelta offerta al predetto personale, il quale in quella data ben avrebbe ancora potuto revocare la domanda di iscrizione nel ruolo transitorio e di collocamento in soprannumero, così cessando definitivamente dal servizio (v. art. 14, comma 3), ovvero chiedere entro il 31 luglio 1994 la revoca della volontaria cessazione optando per una delle alternative di cui sopra detto. La prima delle quali alternative - prevista dall’art. 14-bis, comma 1, lettera a) - consentiva addirittura di definire la posizione pensionistica al 12 ottobre 1993 o, a seconda della convenienza, al 31 luglio 1994, computando cioè anche il servizio già prestato nell’amministrazione ricevente (ovviamente, con rinvio della percezione del trattamento di quiescenza al momento della cessazione del rapporto).

  Altrettanto può dirsi circa il calcolo del trattamento di fine rapporto, immediatamente liquidato sulla base della posizione costituita presso l’INA, non solo nel caso di definitiva cessazione del rapporto, bensì anche in quello di opzione per un rapporto con decorrenza dal 13 ottobre 1993.

  3.6. - Considerazioni del tutto analoghe valgono per escludere l’asserita violazione dell’art. 38 Cost. Al riguardo sono ancora una volta da sottolineare l’operatività del già citato meccanismo di restituzione dei contributi e gli oneri nascenti a carico dello Stato dalla contribuzione integrativa di cui al comma 2 del denunciato art. 14-bis. Nel contempo, oltre che rammentare la pluralità di scelte offerte al dipendente, deve ribadirsi che il legislatore ha il potere d’intervenire anche in senso riduttivo sui trattamenti pensionistici (v., ex plurimis, sentenze n. 240 del 1994 e n. 417 del 1996), nei limiti della compatibilità finanziaria, del bilanciamento d’interessi e della complessiva ragionevolezza, che nella specie - alla luce di tutto quanto sopra osservato - non possono certamente considerarsi travalicati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, della legge 7 aprile 1995, n. 104 (Conversione in legge del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, recante disposizioni urgenti per accelerare la concessione delle agevolazioni alle attività gestite dalla soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, per la sistemazione del relativo personale, nonchè per l'avvio dell'intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale), 14, comma 4, e 14-bis, comma 1, lettera b), e commi 3 e 4 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96 (Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimenti per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della legge 19 dicembre 1992, n. 488), (nel testo introdotto dal decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito in legge 7 aprile 1995, n. 104), sollevate in riferimento, agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° giugno 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Cesare RUPERTO

Depositata in cancelleria il 19 giugno 1998.