Sentenza n. 215/98

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SENTENZA N.215

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, sesto comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), così come modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 857, concernente modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), promossi con ordinanze emesse il 9-16 giugno 1993 ed il 23 ottobre 1996 (n. 2 ordd.) dal Tar del Lazio rispettivamente iscritte ai nn. 22, 358 e 359 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 6 e 26, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visti gli atti di costituzione del CODACONS ed altri, dell'Associazione nazionale imprese assicuratrici e di Giuseppe Lo Mastro, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 marzo 1998 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

uditi gli avv.ti Alessandro Pace per l'Associazione nazionale imprese assicuratrici, Paolo Maria Montaldo per il CODACONS e l'Avvocato dello stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1 - Nel corso del giudizio instaurato da alcune associazioni di utenti e da alcuni titolari di contratti di assicurazione per l’annullamento della deliberazione della Giunta del Comitato interministeriale prezzi n. 14 del 26 aprile 1990, che stabiliva le tariffe dei premi per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile dei veicoli a motore e dei natanti per il periodo 1° maggio 1990-30 aprile 1991, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza del 9-16 giugno 1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, sesto comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), così come modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 857, concernente modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), in relazione all’art. 23 della Costituzione.

Le parti ricorrenti, dolendosi dell’ingiustificato aumento delle tariffe rispetto a quelle precedentemente in vigore, avevano eccepito, tra l’altro, che il parere reso nell’ambito del procedimento dalla Commissione ministeriale, prevista dallo stesso art. 11 della legge n. 990 del 1969, era illegittimo perchè il Ministro dell’industria, commercio ed artigianato non vi aveva inserito, in violazione di tale disposizione di legge, anche i rappresentanti degli utenti dei servizi assicurativi. In subordine, i ricorrenti avevano eccepito l’illegittimità della medesima disposizione di legge, nella parte in cui appunto non prevede la partecipazione alla detta Commissione consultiva dei rappresentanti degli utenti dei servizi.

Il Tar del Lazio, rigettata con sentenza parziale la censura relativa alla difformità rispetto alla legge della composizione della Commissione ministeriale, con separata ordinanza del 17 aprile 1991 ha sollevato, in riferimento all’art. 23 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, sesto comma, della legge n. 990 del 1969, nella parte in cui determina la composizione della Commissione in maniera meno garantistica rispetto alla Commissione centrale prezzi.

Con la sentenza n. 315 del 29 giugno 1992 la Corte ha dichiarato inammissibile tale questione di costituzionalità per difetto di rilevanza, avendo il Tar, con la predetta sentenza parziale, già definito l’oggetto del giudizio.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con l’ordinanza di rimessione del 9-16 giugno 1993, ripropone nel medesimo giudizio la questione di costituzionalità dell’art. 11, sesto comma, della legge n. 990 del 1969, in relazione all’art. 23 della Costituzione, "nella parte in cui, nel prevedere ... l’intervento consultivo di una apposita Commissione ministeriale, sostitutiva della Commissione centrale prezzi, ne determina la composizione in maniera meno garantistica rispetto a quest’ultima".

Secondo i giudici a quibus la sentenza parziale non ha definito il merito della causa, bensì ha deciso solo su alcuni dei motivi dedotti, con la conseguenza che é rimasta impregiudicata la legittimità sia della composizione della Commissione ministeriale, sia, conseguentemente, del parere da essa reso.

Nel merito, riproponendo gli stessi dubbi di incostituzionalità già dedotti con la precedente ordinanza del 17 aprile 1991, il Tar per il Lazio osserva che le tariffe assicurative in questione ricadono nella riserva di legge dell’art. 23 della Costituzione, in quanto i contratti di assicurazione sono obbligatori per chi voglia far circolare i veicoli su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate. Pertanto, l’alternativa, per il cittadino, "rimane esclusivamente circoscritta tra la rinunzia al soddisfacimento di un bisogno ormai essenziale e l’accettazione di condizioni unilateralmente e autoritativamente prefissate". Ciò é sufficiente, secondo i giudici a quibus, per qualificare le relative prestazioni come "imposte" ai sensi dell’art. 23 della Costituzione, sicchè la loro fissazione deve avvenire con le garanzie "che l’art. 23 ha voluto preordinare attraverso la riserva di legge". La Corte costituzionale, secondo il Tribunale, proprio con riferimento al regime dei prezzi amministrati ha individuato dette garanzie nella partecipazione al procedimento di un organo istruttorio, la Commissione centrale prezzi, composto anche dai rappresentanti delle categorie interessate. Nel caso in esame, invece, é previsto il parere di una Commissione nominata appositamente dal Ministro dell’industria, al cui interno la norma impugnata non prevede la rappresentanza nè dei principali ministeri, nè dell’Istituto centrale di statistica nè, soprattutto, dei "rappresentanti degli interessi delle categorie contrapposte". La conseguenza é, secondo il Tar per il Lazio, che non sono assicurate le garanzie previste dall’art. 23 della Costituzione.

2. - E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

La difesa dello Stato, pur convenendo sulla rilevanza della questione nonostante il sopravvenuto decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175, deduce la conformità del previgente procedimento di fissazione delle tariffe all’art. 23 della Costituzione.

L’approvazione delle tariffe da parte del Comitato interministeriale prezzi avveniva difatti su proposta del Ministro dell’industria, previo parere di una Commissione ministeriale formata da un rappresentante dello stesso Ministro, da cinque esperti di nomina ministeriale nonchè da un rappresentante dell’INA. La Commissione doveva fondare il suo parere su un rapporto statistico di valutazione delle tariffe, elaborato sui dati del conto consortile dell’INA, seguendo "sperimentati e seri criteri statistici al fine di mettere in evidenza, tecnicamente, le risultanze più obbiettive".

Questi elementi procedimentali, secondo la difesa erariale, "riuniti fra loro e collegati alla possibilità di un vasto controllo giurisdizionale, attestavano la più ampia garanzia per i soggetti imposti", risultando di conseguenza irrilevante la mancata partecipazione dei rappresentanti degli utenti.

3. - Si sono costituiti in giudizio fuori termine (21 aprile 1997) il CODACONS (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori), l’Associazione utenti servizi bancari e assicurativi, l’IICA (Istituto internazionale per il consumo e l’ambiente), i signori Lo Mastro, Canestrelli, Mazzetti, ricorrenti nel giudizio principale, chiedendo l’accoglimento della questione di legittimità sollevata dal Tar per il Lazio.

4. - Si é costituita altresì l’ANIA (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici), chiedendo che la questione di costituzionalità sia dichiarata inammissibile ovvero infondata.

Secondo la difesa dell’Associazione, il giudice amministrativo, con la sentenza parziale resa nel suo giudizio, ha già respinto tutte le censure mosse dai ricorrenti, con la conseguenza che, essendo stato definito il giudizio principale, la questione deve dirsi inammissibile.

Nel merito, l’ANIA chiede che la questione sia respinta, anzitutto perchè é erronea la classificazione delle tariffe assicurative fra le "prestazioni imposte" ai sensi dell’art. 23 della Costituzione, difettando, nel caso di specie, il requisito della riserva alla mano pubblica del servizio cui la prestazione si riferisce. In secondo luogo, perchè la riserva di legge in esame non richiede che al procedimento di approvazione delle tariffe partecipino i rappresentanti degli assicurati, bensì richiede soltanto che detto procedimento sia regolato in modo da ancorare a dati tecnici obbiettivi la determinazione degli importi. Secondo la difesa dell’associazione, la partecipazione delle categorie di utenti "può essere di ausilio, ma non é comunque decisiva, nè sostitutiva degli organi tecnici", in quanto "l’esigenza fondamentale imposta dall’art. 23 é che i criteri siano predeterminati o determinabili secondo metri obbiettivi"

Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, l’ANIA rileva che la sopravvenuta liberalizzazione del settore conferma l’infondatezza della questione all’esame della Corte, e che il parametro costituzionale di riferimento non sarebbe costituito, nel caso, dall’art. 23 della Costituzione, ma semmai dall’art. 41, secondo comma, in quanto si tratta non di una prestazione imposta agli assicurati, ma di una limitazione alla libertà d’impresa delle società di assicurazione.

Anche con riferimento all’art. 23, peraltro, la questione deve ritenersi infondata sia perchè, ai sensi della legge n. 241 del 1990, i principi sulla partecipazione al procedimento amministrativo non si applicano nel caso degli atti amministrativi generali; sia perchè, ai fini della osservanza dell’art. 23, l’elemento determinante non é tanto la partecipazione delle categorie interessate, che "ha un valore meramente aggiuntivo e, pertanto, non necessario", quanto piuttosto l’individuazione di elementi tecnici che circoscrivano l’ambito del potere discrezionale dell’autorità procedente.

5. - Nel corso di due successivi giudizi aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti della Giunta del Comitato interministeriale prezzi n. 14 del 24 aprile 1991 e n. 5 del 22 aprile 1992, che hanno stabilito le tariffe assicurative in oggetto per i periodi rispettivamente intercorrenti dal 1° maggio 1991 al 30 aprile 1992 e dal 1° maggio 1992 al 30 aprile 1993, il Tar per il Lazio, con due distinte ordinanze del 23 ottobre 1996, di identico contenuto, ha sollevato la medesima questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, sesto comma, della legge n. 990 del 24 dicembre 1969, in relazione all’art. 23 della Costituzione.

Il Tar, dopo aver premesso che la sopravvenienza del nuovo regime legislativo sull’assicurazione obbligatoria, introdotto dal d. lgs. n. 175 del 1995, non incide sulla rilevanza della questione, osserva che i ricorrenti hanno appuntato le loro doglianze anche sulla fase istruttoria dei due procedimenti rappresentata dall’acquisizione del parere obbligatorio reso dalla Commissione ministeriale. In particolare le censure concernono la composizione di tale Commissione, ove non sono previsti i rappresentanti, oltre che delle imprese assicuratrici, anche delle relative categorie di utenti.

Ad avviso dei giudici rimettenti, il vizio della composizione della Commissione vizia il parere da essa reso, e quindi il provvedimento impugnato. Sulla base di tale rilievo, il Tar del Lazio solleva in ambedue i giudizi la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, sesto comma, della legge n. 990 del 1969 per contrasto con l’art. 23 della Costituzione, "nella parte in cui, nel prevedere ... l’intervento consultivo di una apposita Commissione ministeriale, sostitutiva della Commissione centrale prezzi, ne determina la composizione in maniera meno garantistica rispetto a quest’ultima", svolgendo nel merito considerazioni identiche a quelle, sopra sintetizzate, contenute nella ordinanza del 9-16 giugno 1993.

6. - E’ intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, chiedendo il rigetto della questione di costituzionalità per infondatezza, per gli stessi argomenti dedotti nel giudizio incidentale introdotto dalla sopra menzionata ordinanza del Tar per il Lazio del 9-16 giugno 1993.

7. - Si sono altresì costituiti, in uno dei giudizi incidentali, il CODACONS (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori) ed il signor Lo Mastro, ricorrenti nel giudizio principale, chiedendo che la questione di costituzionalità sia accolta.

Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, il CODACONS ribadisce che le tariffe assicurative in oggetto costituiscono prestazioni imposte e sostiene che l’art. 23 della Costituzione é violato a causa della sostituzione della Commissione centrale prezzi con la predetta Commissione ministeriale, da cui deriva infatti che, nella fase istruttoria, viene ammessa la presenza del solo dicastero dell’Industria.

Relativamente alla rappresentanza dell’INA, il CODACONS rileva che il conto consortile é soltanto un centro di raccolta dati di provenienza delle compagnie di assicurazione. Secondo l’associazione degli utenti, anche a voler riconoscere natura obbiettiva ai criteri normativi per la determinazione delle tariffe assicurative - criteri fissati peraltro in fonti secondarie - il sistema sarebbe dunque sempre incostituzionale per aver eliminato ogni garanzia procedimentale, idonea a salvaguardare la obbiettività dei dati e delle informazioni, su cui applicare i criteri stessi.

Il CODACONS considera inoltre che il sistema delle tariffe amministrate, sottraendo il settore "al libero gioco delle leggi del mercato", viola l’art. 41, primo e terzo comma, della Costituzione. Inoltre la mancata rappresentanza degli utenti pone questi ultimi in una posizione deteriore nei confronti dei fruitori di tutti gli altri servizi, pur sottoposti a disciplina vincolistica, per i quali é invece prevista la istituzionale rappresentanza in seno alla Commissione centrale prezzi. Tale diseguaglianza, che si riproduce al livello delle rispettive associazioni di categoria, comporta, secondo il CODACONS, anche la violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione.

L’associazione conclude pertanto chiedendo che sia accolta la questione di costituzionalità, in relazione anche agli artt. 2, 3 e 41 della Costituzione, all’esito della sua autoremissione da parte della Corte.

8. - All'udienza pubblica le parti private costituite e l'Avvocatura dello Stato hanno insistito per l'accoglimento delle rispettive conclusioni.

Considerato in diritto

1.- La questione di legittimità costituzionale sollevata con le ordinanze in epigrafe riguarda la disposizione - vigente prima del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 175- dell'art. 11, sesto comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), come modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39, nella parte in cui, nel prevedere l'intervento consultivo di una apposita Commissione ministeriale, sostitutiva della Commissione centrale prezzi, "ne determina la composizione in maniera meno garantistica rispetto a quest'ultima".

Secondo i giudici a quibus, che configurano le tariffe assicurative in questione come prestazioni patrimoniali "imposte", la predetta norma viola l'art. 23 della Costituzione, in quanto non assicura il rispetto delle relative garanzie incentrate sulla "riserva di legge", prevedendo, nel procedimento di fissazione delle tariffe stesse, un organo istruttorio, in cui mancano i rappresentanti dei principali dicasteri e dell'ISTAT e soprattutto i "rappresentanti degli interessi delle categorie contrapposte".

2. - I giudizi, riguardando la stessa norma e lo stesso parametro costituzionale, possono essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

3. - In via preliminare va dichiarata inammissibile la questione di costituzionalità sollevata con l'ordinanza del 9-16 giugno 1993, poichè il Tar del Lazio ripropone, nel corso dello stesso giudizio e per gli stessi motivi, la medesima questione di legittimità costituzionale già sollevata con ordinanza del 17 aprile 1991 e dichiarata inammissibile da questa Corte con sentenza n. 315 del 1992, in quanto il Tribunale rimettente, con la sentenza parziale resa in pari data, aveva "definito quello che era l'unico oggetto del giudizio, esaurendo di conseguenza la propria cognizione". In proposito va ricordato che é ius receptum che il giudice a quo non possa rimettere una seconda volta alla Corte costituzionale la medesima questione nel corso dello stesso grado del giudizio pendente fra le stesse parti, così da evitare un bis in idem, che si risolverebbe nella impugnazione della precedente decisione della Corte (cfr., da ultimo, sentenza n. 12 del 1998).

4. - Nel merito, la questione prospettata dalle altre due ordinanze del Tar del Lazio é infondata.

Le predette ordinanze di rimessione definiscono prestazioni patrimoniali "imposte", ai sensi dell'art. 23 della Costituzione, le tariffe che vengono inserite di diritto, in base all'art. 11, sesto comma, della legge n. 990 del 1969, nei contratti di assicurazione per la responsabilità civile dei veicoli e dei natanti, la cui stipula é obbligatoria, ai sensi dell'art. 1 della medesima legge, per ogni possessore di veicolo a motore che intenda farlo circolare.

In proposito va ricordato che, nell'individuazione delle prestazioni patrimoniali imposte che postulano la garanzia della riserva di legge prevista dall'art. 23 della Costituzione ed i conseguenziali limiti alla discrezionalità della pubblica amministrazione, la giurisprudenza costituzionale ha subito un'evoluzione. In un primo tempo, infatti, si era fatto riferimento solo alla natura autoritativa dell'atto che impone la prestazione. Successivamente si é fatto invece riferimento a quel tipo di servizio, che, pur dando luogo ad un rapporto negoziale di diritto privato, "in considerazione della sua particolare rilevanza venga riservato alla mano pubblica e l'uso di esso sia da considerare essenziale ai bisogni della vita" (sentenza n. 72 del 1969).

Nel complesso della giurisprudenza costituzionale, ai fini dell'individuazione delle prestazioni patrimoniali imposte, non costituiscono pertanto profili determinanti nè le formali qualificazioni delle prestazioni (sentenza n. 4 del 1957), nè la fonte negoziale o meno dell'atto costitutivo (sentenza n. 72 del 1969), nè l'inserimento di obbligazioni ex lege in contratti privatistici (sentenza n. 55 del 1963). Va invece riconosciuto -secondo questa Corte- "un peso decisivo agli aspetti pubblicistici dell'intervento delle autorità ed in particolare alla disciplina della destinazione e dell'uso di beni o servizi, per i quali si verifica che, in considerazione della loro natura giuridica (sentenze n. 122 del 1957 e n. 2 del 1962), della situazione di monopolio pubblico o della essenzialità di alcuni bisogni di vita soddisfatti da quei beni o servizi (sentenze nn. 36 del 1959, 72 del 1969, 127 del 1988), la determinazione della prestazione sia unilateralmente imposta con atti formali autoritativi, che, incidendo sostanzialmente sulla sfera dell'autonomia privata, giustificano la previsione di una riserva di legge" (sentenza n. 236 del 1994).

Alla stregua di questi criteri identificativi, non pare dubbio che nella fattispecie in esame sia individuabile una prestazione patrimoniale imposta, giacchè la determinazione da parte del CIP delle tariffe in oggetto costituisce un atto formale autoritativo che incide sostanzialmente sull'autonomia privata dell'utente, in riferimento ad un negozio -il contratto di assicurazione- obbligatorio ex lege per il soddisfacimento di un rilevante bisogno di vita, quale é la libertà di circolazione mediante l'utilizzazione di veicoli.

5. - Ciò premesso, la norma censurata non viola l'art. 23 della Costituzione, in quanto il principio della riserva di legge "va inteso in senso relativo, ponendo l'obbligo per il legislatore di determinare preventivamente e sufficientemente criteri direttivi di base e linee generali di disciplina della discrezionalità amministrativa" (sentenza n. 111 del 1997).

Sotto questo profilo va rilevato che l'elaborazione della tariffa di mercato dei premi dell'assicurazione dei rischi di massa, quale appunto si deve considerare l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per danni causati dalla circolazione di veicoli, si basava essenzialmente, alla stregua della previgente disciplina dell'art. 11 della legge n. 990 del 1969 (come modificata dalla legge n. 39 del 1977) e del relativo regolamento di esecuzione (d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973), su dati tecnici derivanti da una complessa attività di rilevazione statistico-attuariale.

Tale attività conoscitiva iniziava con l'osservazione (risalente almeno fino a 5-10 anni precedenti) del tasso di "frequenza dei sinistri" e con la determinazione del "costo medio" di ciascun sinistro, sulla base dei risarcimenti già liquidati, ed anche di quelli "riservati", in quanto accantonati a riserva, perchè non ancora certi ed esigibili a causa di procedure giudiziarie o sanitarie in corso.

Da tali dati si otteneva il cosiddetto "premio di rischio", cioé l'indice probabilistico di avveramento degli eventi dannosi, al quale si aggiungeva un coefficiente di alea per quegli elementi imponderabili ed imprevedibili che potevano verificarsi in futuro durante il tempo di applicazione della tariffa in questione (tasso di inflazione, variazioni dei costi dei ricoveri ospedalieri, delle riparazioni dei veicoli, ecc.). In questo modo si determinava il "premio puro", ossia il costo del rischio per il periodo in cui la tariffa doveva applicarsi. Al "premio puro", così calcolato, andava poi aggiunto il cosiddetto "caricamento", che comprendeva i costi di gestione dell'impresa di assicurazione, ossia le provvigioni di intermediazione, le spese di amministrazione, nonchè gli eventuali utili. Sulla base quindi del "premio puro" e del "caricamento" (più le tasse, indicate separatamente in polizza) si formava la tariffa del premio finale che il contraente doveva pagare.

Un apposito modulo procedimentale -che culminava con il provvedimento del CIP su proposta del Ministro per l'industria, sentita una commissione ministeriale, composta da un rappresentante della Direzione generale delle assicurazioni private e di interesse collettivo, da un rappresentante dell'INA, quale ente gestore del "conto consortile" e da cinque esperti nominati dallo stesso Ministro per l'industria- garantiva la corretta elaborazione di questi dati tecnici. Ed infatti il "premio puro", che incideva in maniera preponderante sul premio finale, era il risultato di studi statistici ed attuariali basati sull'esperienza (premio di rischio) e sugli elementi nuovi da proiettare nel futuro (coefficiente di alea), mentre anche il "caricamento" era una quota per buona parte predeterminata e incomprimibile, risultando composta da una data percentuale delle provvigioni di intermediazione e dalle spese fisse del personale, legate a contrattazioni collettive.

Dalla disciplina in esame erano dunque desumibili criteri, limiti e controlli che, delimitando in modo congruo la discrezionalità della pubblica amministrazione, escludevano la violazione dell'art. 23 della Costituzione, tanto più che era previsto un ulteriore elemento garantistico, quale, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'esistenza di "un modulo procedimentale con il quale venga a realizzarsi la collaborazione di una pluralità di organi al fine di escludere eventuali arbitri dell'amministrazione" (sentenze n. 157 del 1996, n. 507 del 1988, n. 67 del 1973).

In questo contesto non appare neppure fondato il profilo della censura relativo all'assenza di un rappresentante dell'ISTAT, sostituito da quello dell'INA, giacchè quest'ultimo aveva una competenza specifica nel settore, considerando che l'INA, all'epoca, amministrava il "conto consortile", che era una gestione speciale, su cui affluiva il 2% sostanzialmente di tutti i premi e di tutti i sinistri pagati e "riservati", cosicchè questa gestione speciale era in grado di rispecchiare, con maggiore precisione di qualsiasi altro strumento conoscitivo, il complessivo andamento del mercato assicurativo per gli esercizi precedenti. Inoltre, la partecipazione, nella commissione in questione, di esperti delle varie discipline implicate nella fase di elaborazione della tariffa medesima era un'ulteriore garanzia di un'adeguata ponderazione degli interessi coinvolti e di un corretto esercizio della discrezionalità amministrativa, anche perchè appariva problematica l'individuazione dei rappresentanti della categoria degli utenti del servizio, trattandosi di una categoria non determinata, nè determinabile.

In definitiva, il carattere tecnico dei dati utilizzati e la completezza delle relative valutazioni, favorita anche dalla pluralità degli organi partecipanti al procedimento, facevano emergere, sia pure implicitamente, quei criteri, limiti e controlli sufficienti ad impedire che il potere di imposizione sconfinasse nell'arbitrio. E proprio la plausibilità e l'adeguatezza del metodo di rilevazione dei dati, la congruità dei presupposti rilevanti per la formazione della tariffa, la qualificazione degli organi tecnici consultivi costituivano indici sufficienti di oggettività nella concreta determinazione dell'onere e di adeguata ponderazione tecnica dei molteplici elementi implicati nella valutazione. Valutazione che comunque presupponeva che fossero motivatamente indicati e comparati i costi reali e le tariffe proposte, restando così soggetta ai controlli, non escluso quello giurisdizionale, generalmente previsti per i provvedimenti determinativi della pubblica amministrazione (sentenza n. 180 del 1996).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, sesto comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), così come modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 857, concernente modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), sollevata, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, dal Tar del Lazio con l'ordinanza del 9-16 giugno 1993 indicata in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 11, sesto comma, della medesima legge 24 dicembre 1969, n. 990, così come modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39, sollevata, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, dal Tar del Lazio con le due distinte ordinanze del 23 ottobre 1996 indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° giugno 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Alberto CAPOTOSTI

Depositata in cancelleria il 19 giugno 1998.